Le prigioni di Thoreau

Le prigioni di Thoreau Torna un padre dell'ecologia Le prigioni di Thoreau L migliore dei governi è l quello che governa meJJ no». Ecco un'affermazio\\ ne che non ci meraviglie—liJrebbe di trovare in un ipotetico programma di Ross Perot. «Capii che lo Stato era stupido, che era insicuro come una donna nubile in mezzo alle sue argenterie». Qui la denuncia si carica di risentita ironia. E ancora: «Lo Stato dunque non si confronta mai di proposito con il sentimento, intellettuale o morale, di un uomo, ma solo con il suo corpo, con i suoi sensi». Ora il discorso acquista uno spessore metaforico, e la riflessione sconfina nell'immaginario, senza nulla perdere del suo rigore. Non stiamo citando né un politico né un teorico dei nostri giorni. Le frasi perentorie compaiono in un libretto che si colloca tra i grandi classici della cultura americana, Disobbedienza civile di Henry David Thoreau, nato come conferenza nel 1854 e riproposto opportunamente, insieme a In difesa del capitano John Brown, in una limpida traduzione italiana di Laura Gentili, a cura di Franco Meli (ed. SE). Il testo di Thoreau ha taglio autobiografico, parte dalla brevissima esperienza carceraria dell'autore, arrestato nel 1849 per essersi rifiutato di pagare le tasse. La detenzione durò soltanto ventiquattr'ore, perché gli amici versarono il dovuto, ma per Thoreau contava il ge^to,7Nacqóoe così quello che l'autóre definiste; con riferimento a Pellico, Le mie prigioni. Come appare dal titolo, Disobbedienza civile rivendica il diritto di ricusare in termini non violenti le leggi ritenute ingiuste, e sappiamo che dal libro di Thoreau presero le mosse sia il Mahatma Gandhi sia Martin Luther King, ma si muove su un fronte ampio e dilemmatico, al punto da comportare una sorprendente ricaduta sull'attualità, e non limitatamente agli Stati Uniti. Thoreau rifiuta di pagare le tasse non soltanto in segno di protesta nei confronti della politica aggressiva del suo Paese, che nel '46-48, dopo la «giusta» guerra contro il Messico, aveva condotto all'annessione di Texas, California e Nuovo Messico, ma anche in segno di aspra protesta nei confronti delle istituzioni civili e religiose (le chiese ridotte a strumenti secolari). La sua è una vera e propria, anche se disarmata, rivolta nei confronti di ciò che definiamo oggi il Palazzo, e sta alle radici di una tradizione di obiezione e scelta individuale appropriata ai nostri giorni, spesso neppure troppo disinteressatamente, da forze politiche e gruppi di pressione tutt'altro che omogenei. I dilemmi di Thoreau si ripropongono nei termini di un'assoluta pietra di paragone. Di fronte a uno Stato prevaricatore, corrotto, che stravolge nella sostanza i principi democratici, quale dovrà essere la risposta? Thoreau pensa che soltanto l'individuo, grazie alla sua coscienza e al suo spirito critico, sia in grado di opporsi, e in questo senso egli oscilla tra una professione di fede libertaria, non priva di una venatura elitaria, per cui le minoranze critiche possono lecitamente opporsi alla volontà oppressiva della maggioranza, e la delegazione del potere a un governo che sappia tutelare le leggi e farle Henry David Th oreau applicare secondo giustizia. Incontriamo qui le diverse anime della democrazia americana o della democrazia pura e semplice; osserviamo la disseminazione di categorie speculari, onde a Thoreau può attingere un ambiguo populismo o il più intransigente radicalismo, la nuova sinistra degli Anni Sessanta e la svolta moderata, Pannella e il dottor Romiti. Non basta. In un momento in cui il dibattito ecologico divampa e coinvolge le istituzioni o addirittura la politica planetaria - si pensi alla conferenza di Rio - il capolavoro di Thoreau, uno dei libri assoluti della letteratura americana, Walden, apparso nello stesso 1854, acquista una singolare risonanza, nella sua vigorosa, immaginativa e in certo senso utopistica messa in stato di accusa della civiltà industriale che tende ad asservire per i propri fini la natura, a sfruttarla, a cingerla d'assedio, a sradicarla fisicamente mentre essa vale quale principio e norma di vita. La natura viene costantemente «addomesticata», imbavagliata, e in definitiva violentata. Si annida qui un nuovo dilemma: l'ardua conciliazione tra un supposto progresso tecnologico e la difesa della natura. Thoreau parla con disprezzo della stazione ferroviaria di Boston, monumento alla civiltà tecnologica («ci vado soltanto per usarne i gabinetti»), ma non - /resiste al fascino del passaggio fdel J^mj» sulle dis'tè-i se un tempo incontaminate sfiorando il lago di Walden. La contraddizione estrema e feconda si trova nel discorso celebrativo di John Brown, il puritano che, alla vigilia della guerra civile, con un colpo di mano in Virginia aveva tentato di liberare e di far insorgere gli schiavi e, Pisacane americano, era fallito nell'impresa, catturato, processato, condannato all'impiccagione. Sarebbe diventato l'emblema degli abolizionisti e avrebbe dato il nome al più popolare inno nordista (John Brown's Body), ma Brown, esaltato in Europa tra gli altri da Victor Hugo, era nella sostanza un avventuriero con un dubbio passato. Thoreau lo ignora deliberatamente ma soprattutto, scrivendo il discorso post mortem alcuni anni dopo Disobbedienza civile, legittima un'opzione violenta e ribellistica, che ai suoi occhi si giustifica nella forma di una nobile crociata. Curiosamente, per il mite Thoreau il capitano Brown acquista il profilo di un Che Guevara dei suoi tempi, l'eroe individualistico, ancora una volta, del rifiuto delle istituzioni ingiuste e inaccettabili. La rivolta nera del ghetto di Los Angeles riconduce con sinistra immediatezza alle pagine di chiusa dell'eloquente appello di Thoreau: «Allora, e solo allora, ci prenderemo la no stra rivincita». Bush ha probabilmente letto Thoreau a scuola, ma dubito che si sia recato a Rio con Walden in valigia. Ma almeno un passo lapidario di Disobbedienza civile ri mane quale paradigma esempla re, sotto forma di una domanda retorica a proposito dello Stato che si perpetua e non sa «provvedere alle riforme»: «Perché sempre crocifigge Cristo, scomunica Copernico e Lutero?». Claudio Gorlier Henry David Thoreau

Luoghi citati: Boston, California, Europa, Los Angeles, Messico, Nuovo Messico, Rio, Stati Uniti, Texas