Quayle crociata contro il «culturame»

Quayle, crociata contro il «culturame» Appello alla triade Dio-Patria-Famiglia: il disprezzo degli intellettuali mi onora Quayle, crociata contro il «culturame» E da Los Angeles arriva una sentenza-schiaffo «Illegale lo statuto della decenza per gli artisti» new york NOSTRO SERVIZIO Dan Quayle insiste. Per nulla scalfito dall'ondata di sghignazzate sollevata il mese scorso dalla sua uscita contro Murphy Brown, il personaggio televisivo interpretato da Candice Bergen, il vice presidente americano è ritornato sul tema Dio-PatriaFamiglia, scagliandosi contro quello che in Italia una volta veniva chiamato «il culturame». Per questo «seguito della saga Murphy Brown», come subito lo ha definito il «New York Times», Quayle ha scelto un pulpito particolarmente ricettivo: quello della «Southern Baptist Convention» che si sta tenendo a Indianapolis, cioè nello Stato in cui la famiglia Quayle possiede quasi tutto. «Del loro scherno mi sento onorato», ha detto Quayle riferendosi agli esponenti della «élite culturale» che lo beccarono senza pietà quando se ne uscì dicendo che la scelta di Murphy, di avere un figlio anche senza la presenza del padre, era un esempio della perdita dei valori fondamentali che «costituisce la radice dei problemi dell'America di oggi». E si sente onorato, di quello scherno, perché i membri della «élite culturale» sono persone estremamente deprecabili. Pensate, ha detto ai 15 mila devoti della Chiesa Battista del Sud impegnatissimi ad applaudirlo, si tratta di gente che «crede che le verità morali siano relative e che tutti gli stili di vita siano validi», di gente che «sembra credere che la famiglia non sia altro che un arbitrario accordo fra persone che decidono di vivere sotto lo stesso tetto, che i padri non siano indispensabili e che i genitori non è necessario che siano sposati o addirittura che siano di due sessi diversi». Ebbene, ha concluso Quayle fra le ovazioni, «costoro si sbagliano». Naturalmente, ha proseguito Quayle, «l'elite culturale a Hollywood e altrove ha molti soldi e molta influenza; ma noi abbiamo il potere delle nostre idee, delle nostre convinzioni e del nostro credo». Gli strateghi della campagna elettorale repubblicana sostengono che Qua- yle ha avuto il merito di agitare un problema capace di riportare all'ovile molti di quei conservatori che durante tutto il corso delle primarie hanno perseguitato George Bush negandogli una media del 30% dei voti. In sostanza, quindi, si tratterebbe di una sorta di divisione dei compiti fra Bush e il suo vice: mentre il Presidente si ingegna a mantenere un'immagine di uomo «al di sopra delle parti», Quayle si incarica di coprirgli il fianco destro, lavorando sugli elementari sentimenti della morale corrente e del senso del pudore. Ma proprio ieri su questo terreno è accaduto qualcosa di notevole: un giudice federale di Los Angeles ha dichiarato illegale lo «statuto della decenza» che a suo tempo, sull'onda della polemica per la mostra fotografica di Robert Mapplethorpe, fu fissato per stabilire quale artista merita il contributo federale e quale no. Quella norma è contro il Primo Emendamento, ha stabilito il giudice, perché «il diritto degli artisti di sfidare la morale corrente è fondamentale, non meno di quello degli scienziati». Quanto all'efficacia del ruolo di Quayle, il problema del vice presidente è di non riescire a liberarsi del marchio di personaggio buffo. Ieri è stata messa in vendita una bambolina che lo raffigura elegante e sorridente, nonché provvisto di enormi attributi sessuali. Due anni fa, lui comprò una bambolina simile durante un viaggio in Cile. A metterla in vendita è stato «Quayle Quarterly», una specie di «Cuore» dedicato alle gaffe del vice presidente. Franco Pania redi Il vicepresidente Quayle: onorato dal disprezzo degli intellettuali

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