«Lazio, devi cacciare Winter perché è nero»
«Lazio, devi cacciare Winter perché è nero» FOLLE INTOLLERANZA La frangia più estremista di tifosi, che si firmano Irriducibili, rivendica la paternità delle scritte razziste «Lazio, devi cacciare Winter perché è nero» E minacciano: finché resterà a Roma, non gli daremo pace ROMA. «Sì, siamo stati noi, gli Irriducibili. Quel negro non lo vogliamo. Non ci va di andare a Verona, a Bergamo e in tutti gli altri stadi a farci sfottere. Finché lui resta qui, non avrà pace». Dai microfoni di Radio Dimensione Zero, Gianni Elsner, dee-jay di successo e deputato pannelliano in lite con Pannella, racconta il contenuto di una telefonata che non avrebbe voluto ricevere mai. Una telefonata in cui il gruppo meno ortodosso della tifoseria laziale rivendica le scritte razziste contro Aaron Winter, giocatore olandese acquistato nei giorni scorsi dalla Lazio. Come tutte le rivendicazioni, anche questa va presa con beneficio d'inventario. E gli Irriducibili non hanno certo un ufficio-stampa che confermi o smentisca l'estemporanea uscita di un loro presunto adepto. Ma, in attesa degli accertamenti della polizia, resta l'amara certezza che quella rivendicazione è verosimile: gli Irriducibili appartengono infatti alla frangia più estremista della curva laziale e sono strettamente imparentati con il fenomeno degli skinheads, che a Roma dilaga più che in qualunque altra metropoli italiana, come dimostra la recente aggressione di colle Oppio agli extracomunitari. Le scritte contro Winter sono apparse durante il week-end sui muri della sede della Lazio. Ingannati dal primo nome del calciatore, Aaron, gli ignoti imbianchini hanno scaricato il loro livore contro gli ebrei, ricusando l'ultimo acquisto di Cragnotti in nome della «purezza della razza». Peccato che Winter non sia ebreo, così come non lo sono per forza tutti i «Davide» e i «Gabriele» che circolano per le vie del mondo. Ma i nazisti della domenica non si scoraggiano per così poco. Correggono subito il tiro: Winter non sarà ebreo, ma ha pur sempre la pelle nera, essendo originario del Suriname come Gullit. E gli «skinheads» non vogliono nella Lazio un giocatore di cui si vergognano, perché li espone agli sfottò dei loro degni compari di altre tifoserie. Abituati a insultare i vari Julio Cesar, Cerezo e Aldair, gli ultras della Lazio vivono l'arrivo di Winter come un atroce scherzo del destino. La rivendicazione telefonica non è stata mandata in diretta da Elsner, che si è limitato a riferirne il contenuto. Il condut¬ tore aveva appena cercato di ironizzare sull'episodio: «Sarà stato qualche romanista invidioso... ». Ma il sedicente portavoce degli Irriducibili ha voluto immediatamente smentirlo. Subito dopo è arrivata la chiamata di una certa Rosaria, seguace degli «Eagles», altro gruppo estremistico del tifo la¬ ziale: «No, non stati i romanisti. Quella che ha ideato le scritte è gente della nostra curva». Ma la donna ha smentito che possa essere stato qualcuno degli «Eagles». In questo clima mediocre, disgustoso e anche un po' allucinante, suonano doverose ma inutili le parole del sindaco di Roma, Carrara, che ha mandato messaggi di solidarietà a Winter e al presidente della Lazio, Cragnotti. In entrambi i messaggi, Carrara insiste sulla «radicata tolleranza» dei romani e liquida l'episodio di razzismo come espressione di una estrema minoranza. Una minoranza cui fa cenno anche il presidente della Lazio, Cragnotti, in un comunicato di condanna che è stato emesso in serata: «Faremo quanto è in nostro potere per scoraggiare il ripetersi di tali comportamenti». E spetta proprio alle società di calcio liberarsi da queste frange di tifo politicizzato che ormai stanno scomparendo persino fra i famigerati hooligans inglesi. Una delle scritte comparse sui muri della sede laziale
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