UN TORNEO CHE E' GIA' STORIA di Ro. Be.

UN TORNEO CHE E' GIA' STORIA UN TORNEO CHE E' GIA' STORIA CSTOCCOLMA OMUNQUE vada a finire, e chiunque sia il vincitore, la fase conclusiva della nona edizione del campionato d'Europa è già passata alla storia. Una squadra, la Jugoslavia, è stata addirittura rimossa da una sentenza esterna al mondo del calcio, e un'altra, l'ex Unione Sovietica, vi partecipa in maniera del tutto insolita, anche se sportivamente ineccepibile: senza bandiera, con un inno di fortuna (scippato alla nona sinfonia di Beethoven) e al riparo di una sigla, quella della Csi, presa in affìtto dalla storia soltanto per sei mesi. Gli Europei non lasciano i margini di recupero che i Mondiali consentono in maniera sin troppo disinvolta, soprattutto da quando la Fifa ha portato a 24 il numero delle finaliste. E anche sul piano tecnico, riteniamo che non sia giusto piangere per l'assenza di chi, come 1 Italia, ha trovato sulla strada avversari più meritevoli. Soltanto la Jugoslavia - ma quella «vera», con Savicevic, Pancev, Hadzibegic e Prosinecki - giustifica schietti e accorati rimpianti. Nomi sulle maghe, tutti gli esclusi in panchina e disponibili: la speranza è che il «bello» della rassegna non si fermi qui. L'Olanda, campione uscente, si colloca sin d'ora in testa al gruppo. Non tanto per il gioco, quanto per i giocatori - da Van Basten a Rijkaard, da Gullit a Ronald Koeman - che il vecchio Michels può permettersi di schierare. Per tacere di Bergkamp, il più talentuoso fra i giovani sulla rampa di lancio. Poi c'è la Germania, mutilata dall'assenza di Matthaeus, leader impareggiabile, e distratta dalle voci che, quasi ogni giorno, investono i suoi prodi: Voeller, Reuter, Klinsmann. I tedeschi, però, sono campioni del mondo: e come tali di scorza dura, sensibili al fascino della grande impresa. Le ambizioni della Francia sono scoperte, anche se non suffragate da una condizione fisica all'altezza, come testimonia la caviglia sinistra di Papin. L'Inghilterra deve far fronte alle assenze, congiunte e pesanti, di Gascoigne, Barnes, Stevens e, buon ultimo, Wright. Ma su Lineker e Platt accettiamo scommesse. La Svezia avanza nell'ombra, sponsorizzata dagli slanci naif di Brolin e dalla concretezza latina di Thern. Si tende, inconsapevolmente, a sottovalutarla. E invece gioca in casa, ed è affamata. La Csi è una sfinge: e proprio per questo, insidiosa. Fuori concorso, almeno sulla carta, scozzesi e danesi. In chiave tattica, prepariamoci a un'abbuffata di zone spurie, con il libero arretrato (Germania, Francia, Csi, Inghilterra, Danimarca), e di centrocampi congestionati. L'Europeo va a cominciare nel segno di una lodevole crociata prò fair-play (ma Matarrese, presidente delle speciale commissione Uefa, non è che ultimamente ne abbia dimostrato molto, specie nei confronti di Maldini). Palla ai giocatori, dunque: e non soltanto in senso letterale. [ro. be.]