USA La sfida è donna

USA la sfida è donna LAmerica cambia e contesta l'uomo: mai tante candidate vittoriose nelle primarie per Camera e Senato USA la sfida è donna ENEW YORK A strepitosa ascesa dì Ross Perot, il miliardario texano che vuole conquistare la Casa Bianca, sta oscurando l'altra grande novità . della stagione elettorale americana: l'avanzata delle candidature femminili sia alla Camera sia al Senato. Mai prima d'ora tante donne erano scese in lizza per contendere ai maschi i seggi del Congresso. Mai prima d'ora tante donne erano riuscite a vincere le «primarie», ossia ad assicurarsi la «nomination» all'interno dei rispettivi partiti. E mai prima d'ora, a loro sostegno, si era mobilitato un così vasto fronte del femminismo politico. Sicché non è azzardato prevedere che nel prossimo Parlamento le donne saranno presenti in misura assai più massiccia che in passato. Questa irruzione appare tanto più vistosa se si considera che nel mondo della politica la partecipazione femminile in America era fino ad oggi piuttosto scarsa. Sono donne soltanto due senatori su 100, 28 deputati su 435 e tre governatori su 50. Nel governo federale le donne hanno avuto un ruolo più che altro simbolico, come «vestali della famiglia e della vita domestica» in incarichi minori per la protezione dell'infanzia o dei senzatetto. Le' eccezioni si contano sulle dita di una mano: Sandra O'Connor alla Corte Suprema, Jeane Kirkpatrick capo-delegazione all'Orni, Geraldine Ferrara candidata alla vice-presidenza degli Stati Uniti con Mondale nel 1984. La femminista Susan Faludi,. in un libro intitolato Backlash (letteralmente «contraccolpo», ,nel senso di riflusso politico), attribuisce la retrocessione delle donne al conservatorismo rea-, ganiano degli Anni 80. Quando Reagan diventa Presidente, il numero delle donne nel perso-' naie direttivo della Casa Bianca; scende da 123 a 62, la quota di donne tra i magistrati di nomina governativa precipita dal 15 all'8 per cento, mentre il programma federale per il reclutamento femminile nelle agenzie di governo viene di fatto accantonato. E' il caso di osservare che, pur essendo un tomo di non facile lettura (e di 552 pagine), il libro della Faludi figura ininterrottamente da 29 settimane nella lista dei «bestseller» del New York Times: significa che tocca un tema rovente ed attrae un pubblico ben più vasto di quello che solitamente segue la letteratura femminista. Ad indicare che il 1992 può essere «l'anno della riscossa» per le donne che aspirano a cariche elettive sono i molti successi che esse hanno conseguito nel prò-' cesso di selezione dei candidati dentro i partiti. Il dato più strabiliante è arrivato dalle elezioni «primarie» in California, che hanno visto trionfare due donne - Dianne Feinstein, ex sindaco di San Francisco, e Barbara Boxer, ex deputato - come candidate del partito democratico al Senato. Non era inai accaduto finora. Se ambedue vincessero in novembre, il più popoloso e ricco degli Stati americani avrebbe in Senato una rappresentanza tutta femminile. I senatori sono due per ciascuno Stato, indipendentemente dal numero degli abitanti; ed il Senato, il ramo più prestigioso del Parlamento, è rimasto finora il baluardo del maschilismo in politica. Quale è la fonte di questo nuovo potere femminile in politica? La risposta deve tener conto di almeno tre fattori: il caso di Anita Hill, le minacce alla legislazione sull'aborto, la recessione economica. Anita Hill è la professoressa universitaria nera che lo scorso anno accusò il suo collega Clarence Thomas, designato da Bush come giudice della Corte Suprema, di averla molestata sessualmente dieci anni prima e di essere quindi indegno di assu-, mere un incarico che presuppone un alto livello di correttezza e di moralità. Come i lettori ricorderanno, la Hill fu interrogata pubblicamente - in udienze trasmesse in diretta dalla tv - da, una commissione senatoriale (tutta maschile) e non fu creduta. Il Senato ratificò la nomina di Thomas. Sulla credibilità di Anita Hill, l'America si divise. E anche le donne si divisero: i sondaggi accertarono che la maggioranza di esse riteneva che l'accusatrice fosse animata da spirito di vendetta, che avesse aspettato troppo a lungo (dieci anni) prima di denunciare il suo presunto molestatore e comunque che non avesse prove per corroborare l'imputazione. Ciò che i sondaggi allora non registrarono fu invece il grado di sdegno e di collera che la vicenda aveva acceso in tutte le altre donne, meno numerose ma assai più decise a scendere in campo per evitare che in futuro una donna onesta e coraggiosa, come esse giudicavano la Hill, venisse maltrattata e vilipesa da una giuria politica «composta soltanto da maschi». La prima avvisaglia degli effetti politici del caso Hill si è manifestata in aprile in Pennsylvania. Qui il partito democratico doveva scegliere il candidato da opporre al senatore repubblicano Alan Specter, un ex magistrato che si era mostrato particolarmente aggressivo durante gli interrogatori della Hill. Il suo atteggiamento inquisitorio, il suo volto corrucciato, le sue do¬ mande sprezzanti avevano irritato milioni di donne, tra le quali la signora Lynn Yeakel di Filadelfia. Costei decise all'istante, dinanzi al televisore, che l'unica reazione costruttiva era quella di sfidare Specter sul terreno politico: «Mi presento alle elezioni e lo faccio fuori». E sta mantenendo la promessa: ignota fino a marzo al 99 per cento degli elettori democratici della Pennsylvania, nel giro di un mese la Yeakel ha scavalcato tutti i candidati dell'apparato e si è assicurata la «nomination». Dicono che il senatore Specter tremi all'idea di trovarsela di fronte nelle elezioni di novembre. L'altro fattore di spinta della mobilitazione femminile è il timore che la Corte Suprema possa a tal punto limitare il diritto all'aborto da provocare un nuovo intervento del Congresso. In che direzione? I sondaggi dicono che la maggioranza degli americani (uomini e donne) è favorevole all'aborto. Ma è un dato che non garantisce nulla. Nel pro¬ cesso legislativo più che l'opinione della maggioranza dei cittadini conta l'impegno attivo delle minoranze che si organizzano per condizionare le scelte parlamentari. Per evitare che una maggioranza abortista inerte possa essere sconfitta da una risoluta minoranza antiabortista, molte donne hanno deciso di candidarsi al Congresso o comunque di impegnarsi nella campagna elettorale. Al punto che anche nel partito repubblicano, nonostante il presidente Bush sia antiabortista, è nato un movimento - detto Wish (Women in the Senate and House) che si propone di finanziare le candidate favorevoli al diritto di aborto. La recessione economica infine ha colpito più le donne che gli uomini, perché esse sono più numerose nel mercato marginale del lavoro, il più esposto ai licenziamenti. La recessione ha inoltre riportato in primo piano tutti quei temi sociali - la mediocrità delle scuole pubbliche, la debolezza della famiglia, le lacune del sistema sanitario - ai quali tradizionalmente l'elettorato femminile risulta più sensibile. Così che oggi la domanda di cambiamento viene soprattutto dalle donne, perché esse avvertono con maggiore immediatezza che il potere politico «ha perduto il contatto con la realtà». Si è diffuso un convincimento che la signora Ann Stone, una candidata repubblicana, riassume in un'immagine domestica. «E' come in cucina: gli uomini pasticciano e noi dobbiamo rimettere le cose in ordine». Dietro il movimento pragmatico c'è un femminismo ideologico che ha rialzato la testa dopo l'eclisse degli Anni 80. E un versante che tende a valorizzare non le candidature femminili in quanto tali, ma solo le candidature che offrono una piattaforma specificamente femminista. Le donne dovrebbero far valere la «prodigiosa forza» - come dice la Faludi - che ormai vantano nella società: esse costituiscono la maggioranza degli abitanti, dell'elettorato, della popolazione universitaria, degli acquirenti di libri e giornali. Negli uffici, la metà degli impiegati è fatta di donne. Sono le donne a spendere l'80 per cento dei dollari consumati dalle famiglie. Perché un simile predominio demografico e sociale non si traduce in egemonia politica? La spiegazione c'è, ed è che le donne sono politicamente divise, non meno degli uomini. La solidarietà di sesso trova i suoi limiti nel dissenso su tante altre cose: idee, programmi, strategie. Le donne sono discordi perfino sul tema dell'aborto, che molte di esse, per ragioni religiose, avversano. Il richiamo all'ideologia femniinista, proprio perché presuppone un monolitismo che non esiste, porta alla divisione e dunque alla sconfitta. A vincere, in politica, sono invece le donne che mostrano di possedere una sensibilità ed un realismo che in questo momento trova consensi anche nell'elettorato maschile. I sondaggi indicano che, nel confronto con i loro colleghi maschi, le donne attive in politica vengono giudicate «più oneste, più diligenti, più coraggiose». A premiare le carriere femminili è l'impegno concreto a favore delle donne. La giornalista Celia Morris, che ha seguito nel 1988 le campagne elettorali di Ann Richards e di Dianne Feinstein - candidate rispettivamente nelle elezioni governatoriali in Texas e in California - sostiene che la prima ha vinto perché nel suo precedente incarico di «tesoriere» del Texas aveva assunto molte donne (in particolare nere e messicane), creandosi così una potente leva elettorale, mentre la seconda ha perduto perché si era mostrata troppo neutrale nelle sue scelte, privandosi così del sostegno multante dei gruppi e delle associazioni femminili. Conviene ricordare che ambedue le candidate si dissero favorevoli alla pena di morte. Non potevano fare diversamente. Benché l'animo femminile sia, come si dice, più incline all'indulgenza ed abbia un senso più umano della giustizia, una donna che vuol diventare governatore del Texas - dove oltre l'80 per cento degli abitanti approva la pena capitale - deve necessariamente tener conto di quel che pensano e vogliono i suoi potenziali elettori. Anche perché pesa sulle donne il sospetto che siano troppo miti nella repressione del crimine: e quindi devono dar prova di «durezza» se vogliono essere elette. Da quando è governatore del Texas, la signora Richards ha perciò rifiutato la grazia a decine di condannati a morte. Alla giornalista Morris piace pensare che, dopo ogni esecuzione, nel segreto della sua casa, la Richards «si isoli in raccoglimento ricordando a se stessa tutto il bene che ha fatto nel suo ruolo di governatore». Nessuno sa se la signora celebri in segreto, come suggerisce la sua biografa, simili riti di auto-assoluzione. Certo, non basta essere donna per raddrizzare le gambe del mondo. Ci vuole anche, come minimo, la giusta dose di consensi. Sapremo solò a novembre se le neocandidate al Congresso sapranno conciliare le loro ambizioni con le vecchie e dure leggi del potere politico. Gaetano Scardocchla Per la prima volta nomination femminili in California fra i democratici II caso di Anita Hill e del giudice Thomas, l'aborto e la recessione all'origine della scelta Anita Hill denunciò di essere stata vittima delle molestie sessuali del giudice Thomas Geraldine Ferraro è stata candidata alia vice presidenza degli Stati Uniti nel 1984 con Mondale Sandra O'Connor La Corte Suprema sarà la chiave di volta del problema aborto