Il prof. Berlusconi fa lezione agli scrittori

Il prof. Berlusconi fa lezione agli scrittori UNA NOTTE ALLA CORTE DELL'EDITORE Serata d'onore sul laghetto di Segrate fra autor spaesati, librai silenziosi e menù d'alta classe Il prof. Berlusconi fa lezione agli scrittori 7/ Cavaliere ha una parola per tutti L'imperativo: produrre e vendere di più SEGRATE DAL NOSTRO INVIATO Non c'è niente da fare: almeno quanto a rapporti col Padreterno, Berlusconi batte il piissimo e raccomandatissimo presidente Scalfaro, sei-zero e cappotto. Il cappotto, verso l'una di notte avrebbe ancbe fatto comodo, quando la festa nella cittadella mondadoriana è finita tra fiaccolate, una brezza umidina e strizzaossa, riverberi nel laghetto e un irresistibile monologo post-comunista romagnolo di Maurizio Ferrini, che ha anche venduto sulla pubblica piazza (la piazzetta di Segrate, naturalmente, non esageriamo) alcuni esseri umani scelti fra il gentile pubblico qui convenuto. Ma dicevamo del Padreterno. Il Quirinale ha avuto domenica il suo Presidente-bagnato, Presidente-fortunato, ma a spese e scapito del fasto, della comodità, del contorno e del contesto, che sono il sale di questi eventi di per sé non memorabili. Stare al Quirinale era come una messa di mezzanotte quando fuori nevica. Invece la notte fra lunedì e martedì Segrate, questo discutibile frammento di Brasilia (così immaginavano il futuro tanti anni fa, che Dio li perdoni) che è la Mondadori, sembrava una stazione stellare in festa. Ed è stata una festa riuscitissima. Che genere? Ecco, qui sta il curioso. Difficile definirla: berlusconiana, senz'altro; ma anche Old Mondadori Style. L'occasione: prendere trecento librai di tutta Italia e portarli a un gigantesco briefing alla giapponese, sottoporli a una lezione di marketing, a un'iniezione di spaventò e di fiducia, e poi mettere in rapporto diretto i librai, venditori dell'oggetto, con gli autori, produttori delle parole che formano il valore aggiunto dell ' oggetto-I ibro. Mondanità. Sì, milanese, affettuosa, organizzatissima (tutta opera Mondadori), provinciale nel senso nobile, con tutto che è carino, che funziona, buono, fresco, divertente, puntuale e pulito. E poi questo incredibile Berlusconi cavalier Silvio, che non cessa di stupirci. Non so se sia l'uomo più ricco d'Italia, ma certo è che rappresenta il capitalismo attivo in maniera lombarda, calvinista e giapponese. Di lombardo ha tutto, compresa quella apparenza da venditore porta a porta, che è tipica di chi si è fatto da sé. Di calvinista ha l'atteggiamento di servizio: si è piazzato alla porta e ha salutato uno per uno i trecento librai che arrivavano su quattro grossi pullman. ' Li ha portati in una sala e ha fatto loro un discorso alla brutta: è stata un'annataccia, lo so, ma sono deciso a cambiare le sorti non soltanto della nostra produzione, ma del mercato. Ho un'idea, ed è quella di moltiplicare gli effetti delle mie forze, televisioni e libri, cultura e produzione. Mi accuseranno di monopolismo, come hanno fatto con la pubbli- cita, e invece, come è accaduto proprio con la pubblicità, io dilaterò un mercato che non c'è, lo porterò oltre le sue dimensioni e ci sarà - lo vedrete - da mangiare per tutti, compresi quelli che ora sputano nel nostro piatto. Le parole esatte non erano queste, ma i concetti sì. E poi il cavalier Berlusca, come lo chiamano, dopo aver ricevuto nella piazzetta tutti gli autori Mondadori parlando con tutti e con ciascuno, dimostrando ad ognuno di conoscere i suoi libri, averne un'opinione e una stima, ha fatto il giapponese. Ha fatto il giapponese perché era un po' in kimono effieientista, ma è il suo genere e il suo fascino. Ha piantato una siringa ricostituente nel sederone collettivo degli scrittori, ai quali ha dato una sorridente lavata di testa, come se fosse il capufficio di un ministero squinternato, o il preside di un liceo di alunni un po' viziati e un po' pelandroni. E' apparso, il Berlusca (espressione che ci sembra più giusta di quella odiosa e cheap di «sua emittenza»), come un Padreterno in una miriade di televisori che circondavano l'enorme salone, con più di cinquanta tavolate tonde, ciascuna con sei, otto ospiti. Non era la parodia di una cena aziendale, non c'era nulla di fantozziano: né bicchieri di carta, né self service, ma tutto che filava come in un buon ristorante, buon menù (crèpes, arrosti, stracotti, verdurine rifinite e arredate), vini di primissima qualità. E lui, che ha prèso la parola onnipresente e onniloquente, per ringraziare, salutare, auspicare, ma tutto sommato per dire: cari signori autori di libri, mi sembra che anche voi stiate un po' a battere la fiacca e a fare i capricciosi con i vostri vezzi da intellettualini stirici. Io i libri li vendo, mica ci faccio le costruzioni al mare. Dunque, occhio alla penna, darsi una mossa, produrre, divertirsi, vendere, guadagnare. Lo diceva con quel suo bon ton (c'era Lina Sotis e figlia, a proposito) da amico del piano bar, ma anche da capo dei servizi di sicurezza, di quelli che dicono non è nulla, è soltanto un piccolo incendio, avviarsi all'uscita senza panico. E gli autori stavano tutti lì, impettiti con il tovagliolo in grembo e la forchetta levata, e adesso, chiedendo venia per chi dimenticheremo dando la colpa al tipografo, cerchiamo di passare al c'era questo e c'e- ra quello, che è sempre il pezzo forte. C'era Giorgio Bocca, con il suo straordinario «Provinciale», che quelli del Campiello trovano che sia troppo poco un romanzo. ' E Folco Quilici che ripartiva per acque sarde e profonde. C'era Corrado Augias, coccolatissimo autore di «Babele» e Giorgio Saviane penna-feroce, il mite e svagato Italo A. Chiusano e Franco Cardini. Luciano De Crescenzo era tale e quale l'avevamo visto il giorno prima al Quirinale, e ci ringrazia per averlo incluso fra gli scrittori, perché Luciano, che è un divulgatore imbronciato di alta cultura, si sente sminuito se lo trattano da comico, sicché ogni tanto gli viene meno lo spirito. E fra i comico-colti Roberto D'Agostino che adesso è felice dopo le mutande pazze, e il grande Maurizio Ferrini che ha raccontato in russo il dramma del comunismo romagnolo dopo la caduta dell'Est. C'era un carretto con i gelati, ce n'era un altro con lo zuc chero filato, e mentre Leonardo Mondadori si faceva fuori un cono fragola e limone, Pontiggia spargeva il suo triste buonumore di scrittore tenero e acuminato. E Frutterò e Lucentini circolavano in preda a una autentica crisi di identità, tanto che Lucentini (ma forse era Frutterò) confessava di essersi presentato come Frutterò e/o viceversa. Erano tutti molto allegri, benché l'architettura da cattedrale dell'idroscalo che ha Segrate incombesse con quel suo eccesso di artificialità, e i colori dorati della pelle grinzosa del cemento si riflettessero nello specchio del laghetto in cui navigano trote dal volto umano, peggio del socialismo del tempo che fu. E a proposito di socialismo, c'era Gianna Schelotto, senatrice pidiessina, in soave forma, giallisti che hanno guardato ad Est come Piero Soria in cerca di spunti criminali (anche Augias cercava un detective nuovo, e Frutterò - o Lucentini - gli hanno rifilato un rottame della Digos). Abbiamo assistito e partecipato alla caduta di due o tre Plot narrativi, diventati subito dei flop, ma nessuno ha potuto estorcere nulla a giallisti blindati come Renato Olivieri, o a Luca Rossi, scoopista della vita e della morte del povero Falcone, di cui molto si parlava. I mondadoriani erano portatori, ci sembrava, di un certo patriottismo: Leonardo Mondadori, Luca Formenton, Tato, Gianni Letta, Gianni Ferrari con Gabriella Ungarelli erano direttamente a caccia e placcavano autori come a un safari addomesticato. Impossibile scappare, bere, leccare il gelato, brindare, accettare. Pacche sulle spalle e sestetto d'archi che Dio sa che cosa suonasse, ma non era rap. Nel buio tremulo e festaiolo vedevamo Giorgio Forattini e la sua Ilaria che vagavano da un capannello all'altro, Francesco Salvi il comico che ieri ha fatto un numero trucibaldo e un po' ginecologico su Moana Pozzi; Giordano Bruno Guerri che più è allegro e più sembra triste, scocciato per le minacce ricevute per aver dato della «bambacciona» alla Alessandra Mussolini. Donne, bisogna di gre, poche: molte mogli e fidanzate, qualche figlia, ma le autrici, se non sbagliamo, erano queste: la citata Lina Sotis, Maria Antonietta Macciocchi, Lara Cardella, Bianca Pitzorno, la psicoanalista Maria Rita Parsi e Silvia Vegetti Finzi, Barbara Alberti. Chi altro? Demetrio Volcic con il suo «Mosca» e Antonio Spinosa, Gianfranco Vene e Fabrizio Del Noce, Vincenzo Consolo, Nantas Salvataggio, il nobel Tullio Regge. Arrigo Petacco naturalmente c'era (un'altra faccia appena vista al Quirinale come quella di un Gaspare Barbiellini Amidei insolitamente giocoso e simpaticone). Massimo Piattelli Palmarini è riuscito ad esserci anche se si trova contemporaneamente negli Stati Uniti, ormai diviso in due; e - sempre scusandoci per chi avremo certamente dimenticato e anche con chi avrebbe preferito non essère ricordato - Fabio Fazio, portentosa clonazione di Ugo Intini, Franco Cardini, Alessandro Bergonzoni, Stanislao Nievo, Pier Giorgio Jaeger, Antonio D'Orrico e il maestro io-speriamo-che-me-la-cavo D'Orta, Alcide Paolini, Alfredo Todisco, e Dio sa quanti altri. Si potrebbe chiedere, come fa qualche volta Andreotti di fronte ai più gravi interrogativi: embè? Cioè: qual è il significato di una tale kermesse, di una tale torpedonata, di una gita domenicale in stadio avanzato? Vedremo se quello che prevede Silvio Berlusconi corrisponderà o no alla realtà. Certo è che un evento, un fatto industrial-culturale di questa forma non si era mai visto: la riunione in chiave industriale di una porzione ghiotta della cultura, messa in conviviale e umana relazione con l'imprenditore e il venditore. I librai erano come grilli parlanti: parlavano poco, ascoltavano tutto, notavano in silenzio e soppesavano quegli uomini e quelle donne un po' buffi e un po' fatui, ovvero tediosamente seri, o accigliati, tenebrosi, scostanti, stravaccati, compostissimi, sboccati e levigati, ovvero ruvidi che sono gli autori. Oltre le fiaccolate sul lago, una mezza luna bianca come se fosse ancora in garanzia. Paolo frizzanti Gli scherzi di Ferrini e Salvi la crisi d'identità di F & L Pontiggia soavemente triste Fiumi di vino e musica d'archi per l'incontro cultura-industria II viso di re Silvio sulla miriade di tv che circondavano la sala della cena A sinistra Silvio Berlusconi, sotto Lina Sotis e il comico-scrittore Francesco Salvi 1 giornalista e scrittore Giorgio Bocca, autore del «Provinciale» Lara Cardella che ha raggiunto la notorietà con il romanzo «Volevo i pantaloni»

Luoghi citati: Brasilia, Italia, Mosca, Segrate, Stati Uniti