Il nuovo vescovo si chiama Maria

Il nuovo vescovo si chiama Maria Amburgo, parla la prima donna in Europa a capo di una diocesi luterana Il nuovo vescovo si chiama Maria II marito (pastore) a casa, lei sul pulpito AMBURGO DAL NOSTRO INVIATO Appena eletta vescovo le hanno chiesto se non si sentiva imbarazzata, lei così fragile di fronte a un impegno tanto vasto, lei senza esempi al femminile. Se non la turbava essere il primo vescovo donna in Europa nella Chiesa luterana, responsabile a 47 anni della diocesi Evangelica del Nord Elba, trecento pastori, un milione di fedeli, una città di contrasti violenti come Amburgo, un numero record di miliardari e la povertà più aspra. Di fronte ai «sorrisi» che hanno accompagnato l'elezio-: ne, «quelli che noi donne conosciamo bene», davanti agli «sguardi dall'alto in basso», Maria Jepsen confessa di avere avuto «la tentazione di rispondere che Dio è forte con i deboli», ma di non averlo fatto per timore di «sconfinare nella mania di grandezza». Sorride con lievissimo imbarazzo, nel salotto arioso della sua casa alla periferia di Amburgo, due passi dalla Chiesa di San Michele, le pareti colorate da disegni e quadri laici, piante sul davanzale e dappertutto: l'hanno aiutata, forse, la simpatia diffusa della gente e la fiducia di altre donne, le lettere delle religiose anche cattoliche, suore e «persone qualunque della comunità» che le hanno scritto grazie, hai vinto anche per noi, adesso potrà cambiare qualcosa anche per noi. L'ha aiutata essere diventata un simbolo nel mondo, sono state tante voci entusiaste a compensarla delle «poche grida ad alta voce» che le rinfacciavano di essere donna e di «esserlo consapevolmente», di prendere troppo sul serio la questione femminile e la teologia femminista. Di far correre alla Chiesa un doppio rischio. Maria Jepsen potrebbe'essere un preside di scuola, con la sua eleganza sobria, il girocollo d'oro e la croce leggera sulla camicia da lavoro, la cortesia che si riscalda a parlare della gente che «se mi vede con un gelato in mano, per strada, mi ferma e si stupisce che anche ai vescovi piacciono i gelati». «Ha fatto carriera con il pulpito», hanno scritto i giornali poco dopo l'elezione a metà aprile, ed è la verità: per diciotto anni è stata parroco nelle campagne austere e piane dello Schleswig-Holstein, dove mai nessuna donna aveva annunciato la parola del Signore e battezzato o accompagnato i funerali. La sua vita è sempre stata «chiesa e casa», prediche di pastore, impegno nella comunità e lavori domestici come «imponeva il ruolo tradizionale della donna nel quale sono cresciuta». Dal primo agosto però, quando diventerà ufficialmente responsabile della sua diocesi, molto cambierà e sarà Peter, suo marito da vent'anni, a occuparsi della casa su due piani affacciata a un piccolo giardino: anche lui è pastore, ma quando la moglie è diventata il suo diretto superio- re si è dimesso, ha chiesto un congedo per tre anni che potrà naturalmente prolungare. Non per polemica di coniuge, ma per rispetto e per «avere finalmente tempo di scrivere e di leggere». Dal «pulpito», adesso, parlerà soltanto lei, ed è questa sua «carriera» all'interno di una istituzione cauta di fronte all'impegno femminile (le prime donne pastore nella Chiesa Evangelica risalgono al '45) a indignare i difensori della tradizione: fra i «colleghi» cattolici, soltanto il vescovo di Amburgo ha accolto con favore la sua nomina, altri l'hanno deplorata o criticata con durezza «perché avermi scelto è un attentato all'ecumenismo»; qualcuno, come il teologo Peter Beyerhaus di Tubinga, ha parlato addirittura di «catastrofe». La sua reazione è tranquilla, «perché l'elezione dimostra che si vuol cambiare», e poi la benedizione e le lodi del suo predecessore, Peter Krusche, un teologo di 67 anni «che ha lavorato perché si arrivasse a me», l'hanno rincuorata. Ma a ricordarle la Prima Lettera ai Corinti, dove Paolo raccomanda alla donna di tacere nella comunità, si infiamma: «La ricerca più recente ha dimostrato che è una frase aggiunta in seguito, quando la Chiesa aveva paura che le donne diventassero troppo indi¬ pendenti, quando sono state represse attraverso l'ordine militare dell'Impero romano. Paolo non voleva che tacessero, al contrario le accettava nel servizio della Chiesa, con lui le donne pregavano in pubblico. E poi,^CQSBe si è comportato Gesù con le donne? Non le ha mai scartate, non le ha mai ricacciate indietro». L'impegno personale di Maria Jepsen «pastore e vescovo» nasce da questa consapevolezza che ricorda spesso, adesso che la sua vita è così cambiata: «Tutte le decisioni che prenderò terranno conto del significato che avranno per le donne, baderò che le donne siano rappresentate equamente nelle assemblee, che siano stimolate, abbiano posizioni guida, che sia apprezzato meglio il loro lavoro alla base, che il loro volontariato sia riconosciuto com'è giusto». Deve finire soprattutto un grande errore, o una mistificazione forse, quella che «ha messo da parte le donne nella Chiesa, le ha discriminate, le ha fatte considerare persone di seconda classe»: «Mi hanno confessato in tante di aver perso di coraggio, mi hanno detto "non vale più ia pena". Ma una Chiesa che seppellisce la metà dei suoi tesori assomiglia a un campo che non dà frutti. Nella Chiesa, invece, deve essere possibile "essere donna", e non soltanto "essere umano"». La sua scommessa adesso è in un simbolo, la figura di Marta di Betania e quel che rappresenta, un riferimento doppio, «la casalinga attiva e la prima a dire a Gesù "Tu sei il Signore"»: «Era una missionaria attiva nella Chiesa dei primordi'ed è stata lei a lottare contro il Drago, dice la leggenda: l'ha vinto senza ucciderlo, al contrario di quel che ha fatto Michele; non l'ha domato con la spada ma con la fede, l'ha bagnato d'acqua santa e s'è calmato. Come dire, oggi, che bisogna governare il mondo con la fiducia, bisogna cercarsi per sapersi ritrovare». La sua bandiera è la «teologia femminista», nata in Olanda e diffusasi in Germania quindici anni fa, uno strumento di pen¬ siero e di battaglia per rovesciare «una tradizione parziale o ingiusta»: «La teologia e la Chiesa sono sempre state considerate dal punto di vista degli uomini, nella tradizione biblica ed ecclesiastica la donna è sempre stata ai margini. Ci siamo accorte che i testi biblici andavano affrontati in un altro modo: molti vivono Dio soltanto come un padre severo e lontano, per me è importante invece far vedere che Dio è nella vita di ogni giorno ed è misericordioso. Sorridere non è contro la fede». Quello che Maria Jepsen chiama «l'aspetto femminile di Dio» deve riflettersi anche nella liturgia: «Non si deve usare soltanto la lingua maschile. Non voglio più essere fratello fra fratelli, ma sorella fra sorelle e fratelli. Certo, si dice: "è implicito, le donne sono incluse comunque", ma non è vero: in realtà vengono escluse da questioni importanti come la famiglia, la professione e la sessualità, dove a decidere sono gli uomini». Anche sull'aborto il vescovo Jepsen azzarda dunque «tesi teologicamente esplosive», come le rimproverano i suoi critici: «Mi auguro sempre che le donne non debbano abortire: ma se non possono fare altrimenti, se sono all'emergenza, se il marito o il partner non le aiutano e non si prendono le loro responsabilità, non ne possono fare a meno». L'aborto è peccato, «ma le donne non vanno criminalizzate per questo». Se fosse toccato a lei? «Se fosse stato difficile avere un figlio spero che non avrei abortito, ma non so che cosa avrei fatto». Maria Jepsen resterà in carica dieci anni: nella Chiesa evangelica luterana, non vale più la nomina a vita per' i vescovi, com'era un tempo. Da lei dipenderanno ; dirèttamente quaranta parroci, la maggior parte uomini, con i quali cercherà di cancellare «i torti storici alle donne, le discriminazioni contro chi spesso è considerato persona di seconda classe». Alla fine forse ritornerà a una parrocchia, ma quel momento è lontano ancora: «Sarà un nuovo secolo, un altro millennio: quanto, nel frattempo riuscirà a cambiare?». Emanuele Novazio Ha idee esplosive sull'aborto, la sua bandiera è la teologia femminista. Le suore: «Ha vinto anche per noi». Un teologo: è una catastrofe A fianco. Maria Jepsen nuovo vescovo della diocesi Evangelica del Nord Elba. Da lei dipenderanno 40 parroci, in maggioranza uomini. Sotto, Barbara Harris, 61 anni, femminista di colore eletta vescovo in Massachusetts nel 1989 (foto tratte da «Der Spiegel»)

Persone citate: Barbara Harris, Corinti, Emanuele Novazio, Gesù, Holstein, Maria Jepsen, Peter Beyerhaus, Peter Krusche

Luoghi citati: Amburgo, Betania, Europa, Germania, Massachusetts, Olanda