Un attentato al tritolo contro Di Pietro?

Un attentato al tritolo contro Di Pietro? Mentre nello scandalo tangenti escono altri verbali degli interrogatori con nuove rivelazioni Un attentato al tritolo contro Di Pietro? Arrestati tre croati a Milano con mine ed esplosivi MILANO DALLA REDAZIONE Volevano uccidere Di Pietro? L'interrogativo inquietante rimbalza negli ambienti giudiziari dopo un'operazione di polizia. Nella notte tra venerdì e sabato, in un appartamento della periferia nord di Milano, un blitz della squadra mobile ha permesso di arrestare tre cittadini croati e, soprattutto, di scovare un vero arsenale: 2 chili di plastico, una ventina di candelotti di esplosivo da cava e addirittura ima mina anticarro. «Allo stato delle indagini - dicono alla polizia - non ci sono collegamenti con il terrorismo nazionale ed internazionale». Ma, dietro il riserbo ufficiale, filtrano almeno due elementi che fanno pensare: 1) nell'appartamento è stata ritrovata ima cartina di Milano con due circolini rossi, uno ad indicare il carcere di San Vittore, l'altro il Palazzo di Giustizia; 2) tra le carte sequestrate dovrebbe esserci anche una «lettera di presentazione» ad alcuni esponenti di una nota famiglia mafiosa siciliana, con stretti legami con la malavita organizzata meneghina. Per ora, non si sa molto di più. L'appartamento era abitualmente occupato da un cittadino croato, da tempo in Italia ma senza permesso di soggiorno, tra l'altro con precedenti penali per piccoli reati contro il patrimonio. L'arresto dei tre indiziati è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari Guido Salvini. L'intervento del magistrato è avvenuto nel pomeriggio di sabato, quando le indagini erano ormai già in piena attività. E' arduo stabilire, allo stato attuale dell'inchiesta, se l'obiettivo dei tre croati dinamitardi fosse proprio il magistrato più impegnato nell'indagine sulle tangenti milanesi. E' certo, però, che alcuni elementi hanno fatto scattare l'attenzione degli inquirenti: 1) le dimensioni dell'arsenale; 2) l'apparato logistico del gruppo ritrovato nel corso della perquisizione; 3) le «raccomandazioni» a gruppi della criminalità organizzata in grado di offri- re protezione per azioni particolarmente esposte e impegnative. Ad accrescere l'allarme ci sono le minacce ricevute negli ultimi tempi dal giudice Antonio Di Pietro e dagli altri magistrati impegnati nell'operazione «Mani pulite». L'inchiesta sullo scandalo delle tangenti, intanto, prosegue. «Attraverso il sistema delle tangenti o dei contributi volontari provenienti dagli imprenditori il sistema dei partiti ha trovato l'unico modo, almeno per quanto riguarda noi di Milano, per sopravvivere». Maurizio Prada, de, ex presidente dell'Atm, ha aperto ai giudici non solo la cassaforte dei conti neri delle maz¬ zette. Il suo racconto a verbale, dal carcere di San Vittore, offre ai magistrati milanesi la fotografia del «sistema». Prada non si ferma alla teoria, entra nei fatti, fa i nomi. Alcuni già noti alle cronache da Tangentopoli, altri nuovissimi. E' il caso dell'architetto Silvano Larini, vicinissimo alla leadership socialista, da sempre abbinato ai pezzi da 90 del garofano. Prada lo indica come uno degli «esattori socialisti per le tangenti» sugli appalti della Metropolitana Milanese. «A Larini - accusa Prada - ho dato qualche miliardo. L'ultimo versamento nel '91.1 Soldi per il psi li ha ricevuti a volte a casa di Carnevale (è Luigi Carnevale, vicepresidente MM, pds, anche lui finito in carcere), a volte a casa sua, in via Morigi. Durante un incontro Larini disse che nel psi c'era un certo nervosismo perché si pensava che la tangente fosse superiore al 4%. Non ricordo se in questa occasione abbia parlato di esponenti politici del psi o più genericamente del partito». I giudice Di Pietro nel Cantori Ticino durante le indagini sulle tangenti

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