«Il braccio della morte? Un vivaio di organi»

«Il braccio della morte? Un vivaio di organi» USA Noto chirurgo plaude all'iniziativa. Un problema: i metodi d'esecuzione «sciupano» i corpi «Il braccio della morte? Un vivaio di organi» E un ergastolano ha chiesto: giustiziatemi perfare trapianti NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Dopo tanto dibattere sull'opportunità di trasformare in ergastoli le condanne a morte negli Stati Uniti, ecco uno che chiede esattamente il contrario. Daniel Faries, condannato a passare il resto dei suoi giorni in prigione per avere ucciso un uomo nel 1986 a Miami, ha chiesto che la sua pena venga cambiata: vuole essere giustiziato per poter donare i suoi organi a chi ne ha bisogno. La richiesta «provocatoria» ha suscitato non poche perplessità, ma ha anche ricevuto l'immediato plauso del dottor Jesse Meredith, che già in passato ha trapiantato organi provenienti da una donna giustiziata. «Noi abbiamo bisogno di tutti i donatori che troviamo, perché i malati in attesa di organi sono migliaia. E' innegabile che il braccio della morte sia un'ottima fonte». A portare avanti la richiesta di Daniel Faries è l'avvocato di Miami Ellis Rubin, che non è nuovo a tesi ardite, ma che certo non è tipo da lanciare provocazioni solo per rendere «testimonianza». Il suo successo più recente e noto è quello del riconoscimento della «sindrome della donna picchiata». Nel difendere una donna che aveva ucciso il marito, l'avvocato Rubin riuscì a farla assolvere sostenendo che le botte cui il marito l'aveva sottoposta sistematicamente avevano creato nella sua cliente una «sindrome», appunto, che aveva fatto di lei un'assassina pressoché «obbligata». L'assoluzione fece molto scalpore e sul momento sembrò una stravaganza giudiziaria. Ma dopo qualche tempo la tesi fu adottata da i gruppi femministi che cominciarono a premere sui governatori perché rivedessero delle condanne emesse prima della sentenza di Miami. E in qualche Stato trovarono udienza. Sono almeno una decina le donne condannate per l'uccisione del proprio marito che hanno ottenuto la libertà in seguito al riconoscimento della «sindrome della donna picchiata», ed oggi quel concetto ha pieno diritto di cittadinanza in molti tribunali. Ora, Rubin ha fatto propria la causa della «morte invece dell'ergastolo», in nome della carenza di organi da trapiantare. «E' la richiesta più insolita che abbia mai presentato», ha detto, ma non per questo l'impegno con cui la sosterrà sarà minore. Gli esperti di pena di morte non sono meno sconcertati di lui. «Mai sentita una cosa del genere», dice per esempio Michael Kroll, uno dei «sacerdoti» di quella minoranza di americani contraria alla pena di morte. Nessuno sa se Rubin riuscirà a convincere il tribunale della Florida a discutere la sua richiesta, ma tutti speculano su un problema che, nel caso, sorgerà immediatamente: quello del «metodo». In Florida, infatti, le esecuzioni capitali avvengono attraverso la sedia elettrica, i cui effetti sono devastanti per tutto l'organismo del condannato. Brutalmente parlando, il corpo di un giustiziato sulla sedia elettrica non è «utilizzabile», perché tutto ciò che esso possiede viene danneggiato. Il problema immediatamente successivo, dunque, sarebbe quello di cambiare il sistema con cui eseguire le condanne a morte. A convincere Faries a presentare la sua richiesta, a quanto pare, è il fatto che ultimamente è stato posto in condizioni di totale isolamento per mancato rispetto dei regolamenti carcerari. «Vive in una condizione d'inferno - ha detto l'avvocato - e preferisce porvi fine, in un modo che possa essere d'aiuto alle persone bisognose». [f.p.]

Persone citate: Daniel Faries, Ellis Rubin, Jesse Meredith, Michael Kroll

Luoghi citati: Florida, Miami, New York, Stati Uniti, Usa