Non c'è tregua al Pentagono si prepara Haiti-Storm di Foto Epa

Non c'è tregua al Pentagono si prepara Haiti-StormI boat people provenienti dall'isola e ricacciati indietro stanno diventando una mina elettorale per 1 Amministrazione Non c'è tregua al Pentagono si prepara Haiti-Storm Verso un intervento armato per restaurare il Presidente cacciato da un golpe NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Un nuovo intervento all'estero si prospetta per le forze armate americane. Destinazione, questa volta, Haiti, per restaurare al potere il legittimo presidente Jean Baptiste Aristide, rovesciato nel settembre scorso da un golpe. L'idea, dicono a Washington, non è ancora entrata nella sua fase «operativa», ma la discussione che gli uomini deU'anmiinistrazione Bush stanno facendo con alcuni governi dei Caraibi e dell'America Latina è in una fase abbastanza avanzata. Il piano è quello di imporre il ritorno di Aristide (popolarissimo: a suo tempo fu eletto con quasi il 75 per cento dei voti), promettendo tuttavia alle forze armate che saranno «consultate» prima di compiere la scelta della persona che Aristide nominerà come proprio primo ministro. E per garantire tutto ciò gli Stati Uniti sono pronti a inviare le proprie truppe, purché qualche altro Paese aggiunga qualche suo contingente, in modo che siano formalmente poste sotto l'autorità delle Nazioni Unite o dell'Organizzazione degli Stati Americani. La scelta fra queste due organizzazioni non è ancora stata fatta, dicono quelli coinvolti nella messa a punto del piano, perché anche qui influiscono i grandi cambiamenti avvenuti su scala mondiale. In altri tempi, infatti, l'Osa sarebbe stata la sede ovvia perché lì gli Stati Uniti sono sempre riusciti a imporre il proprio punto di vista con una certa facilità (a suo tempo l'Osa fu definita da Fidel Castro il «ministero delle colonie» di Washington); ma ora si potrebbe arrivare a preferire il Consiglio di Sicurezza dell'Orni, data la sua maggiore autorevolezza. La voglia di accelerare le cose ad Haiti, dicono sempre gli uomini dell'amministrazione che ci stanno lavorando, ha almeno due spiegazioni. Una è che la situazione in quel Paese sembra cambiata in questi otto mesi di potere militare: gli atti di resistenza si sono fatti sempre più numerosi e «sfacciati», e ai servizi segreti americani risulta che il generale Raoul Cedras, autore del golpe, controlla sempre meno le sue stesse forze. L'altra è che al Congresso sta per essere messa a punto una legge che rovescia l'ordine di George Bush di non concedere ai profughi haitiani l'asilo politico. Quei «boat people» ricacciati indietro a migliaia dalle pattuglie della Marina o internati nella base militare di Guantanamo senza sapere cosa farne, hanno scosso e indignato molta gente, qui, per il fatto che costituiscono una sorta di negazione, estremamente brutale, di quello che è sempre stato il vanto degli Usa: l'accoglienza agli «oppressi del mondo», come dicono i versi scolpiti sul piedistallo della Statua della Libertà. Bush, interpellato in quei giorni da un impertinente giornalista che aveva approfittato di una conferenza stampa da lui tenuta in compagnia del primo ministro canadese Mulroney, se n'era uscito con la giustificazione che quei profughi non potevano essere considerati «fisicamente oppressi», e l'imbarazzo era stato enorme. Ora, di fronte alla prospettiva di dover porre il proprio veto alla legge che il Congresso sta preparando, cosa che lo caratterizzerebbe senza scampo come il presidente autore del seppellimento definitivo di quel vanto americano, ha deciso di spingere per creare le condizioni del ritorno ad Haiti di Aristide, in modo da poter dire che aveva ragione lui, che l'asilo politico agli haitiani in fuga non era necessario perché la loro situazione era del tutto «provvisoria». Franco Parità rolli Il presidente haitiano deposto Jean-Baptiste Aristide [FOTO EPA]

Persone citate: Baptiste Aristide, Bush, Fidel Castro, Franco Parità, George Bush, Jean Baptiste Aristide, Mulroney, Raoul Cedras, Storm