In Texas dove osa l'Aquila Ross Perot

In Texas, dove osa l'Aquila Ross Perot A Texarcana ha voluto ricostruire la casa di quand'era ragazzo e dava ordini ai coetanei In Texas, dove osa l'Aquila Ross Perot «Il mio programma? Il giuramento dei boy-scout» RIPORTA*! VIAGGIO ALLE RABICI DALLAS DAL NOSTRO INVIATO «La giornata più bella» nella vita di Claude Pinkerton, che ha 84 anni, è arrivata l'altra settimana. Il vecchio professore di inglese non ha avuto dubbi nel battezzarla subito così. E' stato quando il suo studente di quasi mezzo secolo fa, Ross Perai, è tornato a Texarcana per ambientarvi un'intervista televisiva. «Andiamo da Bryce's a mangiare una cosa insieme». Claude si è seduto vicino a Barbara Walters, la celebre giornalista, e Ross ha voluto la sua vecchia accanto a sé. E Claude, che ha ancora un'ottima memoria, ha potuto tirare fuori una storia che stava rimuginando dalla sera del clamoroso annunciò di Ross al «Larry King Live»: «Ti ricordi quando ti dicevo: "Tu diventerai presidente" e tu rispondevi "Chissà"? Ti ricordi?». «Eccome che si ricordava», racconta il professore nella sua casa di Lehman Place, da cui non esce quasi più. Così, da quel giorno, anche la «Bryce's Cafeteria», buon cibo «tex-mex» e niente alcolici lungo l'Interstatale 30, è diventata una sala del «Museo Perot» e vicino alla cassa sono comparse le «T-Shirt» con la scritta «Ross for President», con la doverosa aggiunta «Texarcana's son», figlio di Texarcana. Ma, se la «Sala Bryce's» è nata così, quasi per caso, tutte le altre sale del «Museo Perot» sono state diligentemente allestite dal suo intestatario lungo un'intera vita. Ross Perot ha cominciato giovanissimo, quando non era ancora né ricco né famoso, a raccogliere e classificare le testimonianze della sua decisa «marcia verso l'eccellenza». Come rivela il nome, Texarcana è a cavallo tra il Texas e l'Arkansas. La strada principale si chiama «State Line», confine, e la divide -esattamente-a metà: Le prime sale del «Museo Perot», forse le-più importanti, sono qui. Si può cominciare dalla vecchia casa all'angolo tra la 29ma e Olive Street, comprata negli Anni 30, grazie a un mutuo di 4000 dollari, da Gabriel Ross Perot, padre di Henry Ross, che 'in realtà venne battezzato Henry Ray. Nel '59, dopo la morte del marito, Lulu May Ray, madre di Henry Ross, decise di venderla e di trasferirsi a Dallas. Dieci anni dopo, diventato precocemente miliardario, Henry Ross decise di ricomprarla. E poiché, nel frattempo, il proprietario aveva fatto dipingere di bianco i rossi mattoni di quella strana, quadrata pagoda, Henry Ross volle restaurarla nella sua forma originaria. «E' un lavoro impossibile, non c'è modo di grattare via tutta quella vernice», disse il capomastro Mason. «Allora smontate tutti i mattoni uno per uno e rivoltateli», ordinò Ross. Costava una tombola, era un lavoro pazzo, ma era anche necessario. La casa dove Ross era nato e cresciuto «doveva» tornare a essere quella che era. E lì sta, a sonnecchiare all'ombra di una quercia, ma con le siepi sempre ben rasate, tenuta come Mount Vernon, la casa di George Washington in Virginia. Hayes McClerkin è un sessantenne in ottima forma con il farfallino e la battuta svelta. E' avvocato e, nel suo ufficio ai sesto piano dell'edificio della State First National Bank, conserva una collezione di pallottole della guerra civile e una vecchia foto di sei bambini di sette anni, ciascuno con un'enorme fisarmonica in braccio. Uno dei sei è McClerkin, un altro è Ross Perot. Diventarono amici alla scuola elementare «Patty Hill», che, essendo privata, poteva accettare iscrizioni da tutti e due gli Stati. Ross Perot, infatti, veniva dalla parte texana della cittadina, McClerkin viveva a Est della State Line. I due si ritrovarono poi anche a Norfolk, quando erano nella Navy, e uscivano assieme con le rispettive ragazze. Anni fa McClerkin si dette da fare con la politica e si candidò senza successo alla carica di governatore dell'Arkansas per il partito democratico. Quando Ross annunciò la sua disponibilità a correre per la presidenza al «Larry King Live», McClerkin faceva parte del comitato elettorale di Bill Clinton. Spedì subito a Ross un biglietto e una banconota da 5 dollari, la somma che Perot chiede a tutti i sostenitori spontanei. Adesso, naturalmente, McClerkin è un «volontario per Ross Perot» e dice: «Se l'umore degli elettori resta questo, Ross può davvero arrivare alla Casa Bianca». Quali sono le idee politiche di Perot? «Un conservatore contraddittorio, un tradizionalista a favore dell'aborto. Per lui non contano le idee politiche, ma i principi e l'azione». McClerkin conferma quanto altri testimoni del tempo hanno già raccontato: a scuola Perot non eccelleva, era normale in tutto. Non eccelleva neppure nello sport. Non trovò mai il «suo» sport. Quand'è che la personalità di Ross Perot esplose? «Fu nei boy-scout, dopo i 12 anni. LI capi che con l'impegno si poteva sali- re». In 16 mesi, Ross bruciò le tappe e riuscì a diventare «Aquila», il grado più alto, nella «Truppa 18» comandata da Sam Schuman. Donald Rochelle ricorda ancora con stupore quel giorno in cui, durante un gioco al campo, Ross, sempre timido e riservato, cominciò all'improvviso a impartire ordini a tutti. Ross Perot aveva trovato il suo posto nel mondo, tra i boy-scout d'America, dopo che per anni aveva contemplato, in fondo senza capire, la riproduzione di un quadro di Norman Rockwell che Lulu May, la madre, teneva in cucina: un boy-scout in preghiera ai piedi del monte Rushmore, sotto le facce scolpite dei grandi presidenti. Pinkerton ricorda Perot come «studente eccellente», ma lo ebbe con sé tra i 18 e 20, quando la «svolta» era già avvenuta. E, nel parlare di Ross, anche il vecchio Claude dice: «Era un bravo ragazzo americano, un Aquila negli scout. Fece un grande lavoro negli scout». Perot stesso ha dichiarato: «Il mio credo è il giuramento degli scout. Se volete attaccarmi questa etichetta, per me va benissimo». La seconda sala del «Museo Perot» a Texarcana è tra i pini di Lynnwcod Drive e si chiama «Perot Scout Service Center», comando degli scout dell'area di Caddo. E' una palazzina di mattoni beige e legno lucido, costruita nel '70, dono munifico del boyscout diventato miliardario, ma anche «auto-monumento». Le icone sono lì, subito all'entrata, ordinate con cura e esposte con enfasi. C'è un grande ritratto di Ross, con il solito vestito scuro, la solita camicia bianca a punte rotonde e il solito fermapunte d'oro sotto il nodo della cravatta. Sotto, una targa in bronzo: «Possa questa struttura ricordare ai genitori come amore, pazienza e fede possono far diventare veri i sogni dei ragazzi. Dedicato a mamma e papà, Bette e Ross Perot». Bette è l'unica sorella di Ross, ma la sua immagine non c'è. C'è, invece, una bacheca in vetro, sotto la targa. Dentro, i cimeli della Aquila Ross Perot. Innanzitutto il suo personale «Manuale dei boy-scout», quasi distrutto dalle consultazioni compulsive del proprietario. Poi l'accetta, la camicia cachi con i distintivi, altri innumerevoli distintivi, lo zainetto, il cappello, il portafoglio in pelle, il coltellino da campo. E tutte le tessere, tante tessere, in doppia copia, perché, già adulto, Perot, temen¬ do di perderle, le fece duplicare. Poi la cintura intrecciata. Ancora oggi Perot sostiene i pantaloni dei suoi abiti di classe con una cintura intrecciata. Alla fine degli Anni 60, un membro del governo cinese arrivò a Dallas e visitò l'Electronic Data Systems, fondata nel '61 da Perot con un assegno da mille dollari, che oggi è incorniciato nell'ufficio di Ross presso la nuova società, la Perot Systems. Il dignitario maoista si vide consegnare uno strano regalo, un «Manuale dei boy-scout». Scorse le pagine con il «Codice dei cavalieri» di Baden-Powell, con le istruzioni su come arrostire le patate e fare fasciature. Si fermò su un paragrafo, che spiegava la regola fondamentale per ottenere il distintivo di «bravo venditore». C'era scritto: «La fiducia in un articolo è il requisito fondamentale per una buona vendita». Il ministro pensò al «Libretto Rosso» e concluse che il Manuale doveva essere la base per l'indottrinamento del giovane capitalista. Aveva colto il punto. Le altre sale del «Museo Perot» sono a Dallas. La più importante è il suo ufficio dalla forma oblunga al 17° piano del grattacielo a vetri della Perot Systems nella parte Nord della città. Perot racconta di avere avuto l'illuminazione di lasciare l'Ibm e mettersi in proprio un sabato pomeriggio, dal barbiere, leggendo il numero del dicembre '61 del «Reader's Digest». C'era una citazione di Henry David Thoreau : «La massa degli uomini vive una vita di quieta disperazione». Sì, certo, una copia di quel «Reader's Digest» è conservata nell'ufficio di Perot, assieme a altre reliquie. Le più importanti sono quattro quadri di Norman Rockwell e sette delle copertine da lui disegnate per il «Saturday Evening Post». Perot non ama Norman Rockwell, Perot «è» Norman Rockwell, o meglio sente di essere l'America dei buoni sentimenti che' Rockwell disegnava, i suoi personaggi: il marinaio in licenza, che riposa sull'amaca con il cane che gli dorme accanto; il «Locai Hero», 0 «marine» tornato a casa, che mostra agli ammirati vicini la bandiera giapponese catturata in guerra. E quello che Perot chiama «il mio favorito», che mostra un padre deluso dalla Depressione mentre accompagna alla leva il figlio con il vestito della festa. In questa sala del «Museo Perot» ci sono anche i bronzi di Frederic Remington, uno dei quali raffigura «Cowboys con la Colt», poi il «George Washington» di Gilbert Stuart, reso famoso dalle banconote da un dollaro a cui ha fornito l'effigie. E anche «Lo spirito del '76» di Archibald Willard, il quadro emblema della Rivoluzione Americana. E' la roba che piace alla «grass-roots» America, l'America popolare e periferica. Perot non comprerebbe mai un quadro astratto, un Jackson Pollock. Ma quello che conta è Rockwell, che vegliava sulla cucina di Lulu May, mentre Ross andava a raccogliere sottoscrizioni per il «Saturday Evening Post». C'è anche una sala moderna nel «Museo Perot». E' quella del Perot Petition Committee, in una palazzina vetro e mattoni al 6606 di LBJ Freeway. Lì 1500 volontari di «Ross for Boss» si alternano alle centinaia di telefoni che squillano e registrano nomi e versamenti. Sono quasi tutti distinti pensionati. Spesso arrivano in coppia, firmano un libro presenze e si mettono al lavoro entusiasti. Su tutti veglia Sharon Holman, da 23 anni con Perot, figlia - le cose ritornano - dei vecchi proprietari di «Bryce's» a Texarcana. E' una signora dolce che spalanca spesso gli occhi come una ragazzina, anche se non lo è più. Ma si capisce benissimo che, se Perot glielo chiedesse, ti taglierebbe tranquillamente la gola mentre dormi. «Sa, solo il giorno dopo l'intervista con Larry King alla Cnn abbiamo ricevuto 3 milioni di telefonate». Quella famosa sera del 20 febbraio sembrò quasi che Perot, dicendosi pronto a correre per la presidenza, avesse fatto una battuta improvvisata, incalzato dall'intervistatore. Ma, se anche l'idea gli fosse venuta lì per lì, Perot realizzò immediatamente che quello era lo sbocco necessario della sua vita pianificata con cura verso la salita e documentata con amore nel suo Museo. Il coerente compiersi del sogno di un boy-scout genialmente megalomane. Paolo Passarmi Era uno studente mediocre ma un giorno l'insegnante di inglese gli disse «Tu da grande farai il Presidente» In alto il Presidente George Bush a fianco il democratico Bill Clinton Nei sondaggi per la Casa Bianca il candidato a sorpresa Ross Perot li sopravanza di tredici punti: 37% contro 24 Neila foto grande Ross Perot «Quando ho ammesso l'intenzione di provarci ho ricevuto tre milioni di telefonate» In basso Mario Cuomo che ha paragonato Perot a Fletcher Christian l'ammutinato del Bounty