A Varsavia è l'ora dei veleni

A Varsavia è l'ora dei veleni Cade Olszewski, per la prima volta premier un uomo non legato a Solidarnosc A Varsavia è l'ora dei veleni Walesa, firmai documenti di polizia per uscire dalle carceri comuniste VARSAVIA. Dalle rive della Vistola il monito scende fino alle sponde del Tevere: mai dire che la politica si assomiglia da uno Stato all'altro. Perché due mesi fa, all'indomani del terremoto elettorale, quando molti sentenziarono a Roma che l'Italia era avviata verso una crisi alla polacca, da Varsavia risposero sì, che purtroppo anche la Polonia rischiava di piombare al pari dell'Italia nel baratro dell'instabilità. Ma adesso dal Nord cala una sottile vendetta sul caos incrociato. Sono bastate appena poche ore per colmare il vuoto istituzionale aperto con le dimissioni del governo di Jan Olszewski uscito di scena all'alba di venerdì dopo un drammatico dibattito parlamentare. A botta calda il presidente Lech Walesa ha designato il successore nella persona di Waldemar Pawlack, 33 anni, leader del partito contadino Psl, e subito è giunta l'approvazione del Sejm con 261 voti contro 149 e sette astensioni. E' una scelta rivoluzionaria, fulminea non soltanto per l'età del primo ministro. Infatti per la prima volta dalla caduta del regime comunista nel 1989 il compito di varare l'esecutivo cade sulle spalle di un esponente privo di qualsiasi militanza all'interno di Solidarnosc. Ingegnere meccanico, sposato, tre figli, Pawlak, che fece parte del partito popolare unificato Zsl considerato un satellite dei comunisti del poup, nel 1990 si staccò dai compagni di strada. Di lui si sa poco: appassionato di computer e filosofia dicono che vada matto per le pizze e le banane. Dietro la clamorosa nomina si cela vistosamente l'annosa ruggine di Walesa nei confronti degli ex compagni di lotta del movimento sindacale. Non intendeva premiarli con la.guida del governo e non voleva m'andare allo sbaràglio i fedelissimi ed ecco allora la soluzione intermedia. Spetterà a Pawlack formare una coalizione dai contorni ancora incerti che il premier ha già delineato con l'impegno di ricercare la più ampia convergenza «per costituire un governo bilanciato in grado di elaborare un programma unitario. Oggi specialmente abbiamo bisogno di fatti e non di parole. Ho accettato questo difficile incarico in considerazione della drammatica situazione in cui versa il Pae- se. Credo che tutti noi polacchi possiamo farcela a stare uniti non soltanto nei momenti del disastro, dei fallimenti e delle umiliazioni, ma anche ad agire per il bene comune nei tempi delle sfide». A provocare l'esonero di Olszewski era stata la mozione di sfiducia presentata dall'opposizione, però a segnare la fine della compagine minoritaria in carica dallo scorso 6 dicembre sono state le ripetute spallate walesiane. Da settimane l'ex elettricista di Danzica ripeteva l'intenzione di licenziarlo, poi il conto alla rovescia si è accelerato con l'infuocato dibattito alla Camera dei Deputati scatenato dalle liste dei presunti collaboratori della disciolta polizia segreta comunista Sb approntate dal ministro degli Interni Antoni Macierewicz. Comprenderebbero circa una sessantina di personalità tra i quali notabili di partiti politici, ex ministri e stando alle rivelazioni dell'Unione democratica filocattolica «nomi che riguardano posti chiave nell'amministrazione statale». Sull'inevitabile caccia alle streghe si sono così abbattuti i fulmini del Presidente secondo il quale gli elenchi sarebbero inaffidabili in quanto manipola¬ ti ad arte se non addirittura inventati di sana pianta. Prova ne sia che nel novero delle vittime illustri Walesa ha incluso se stesso, un'ammissione sensazionale, di certo coraggiosa con un distinguo che tuttavia lo scagionerebbe da ogni sospetto. In una dichiarazione diramata in serata il presidente ha rivelato che all'epoca del suo primo arresto nel 1970 firmò «tre o quattro» documenti dei servizi di sicurezza per uscire di prigione. «Allora avrei firmato qualsiasi cosa però non mi sono mai piegato. Dopo la sconfitta dello sciopero ai cantieri navali ho giurato a Dio ed a me stesso che avrei combattuto fino alla vittoria sul comunismo. Non ho mai tradito né la patria, né i miei ideali, né tantomeno i miei compagni di lotta». Amareggiato il commento di Jacek Kuron, leader storico di Solidarnosc, nove anni trascorsi nelle galere di Jaruzelski. «Qui si vuole distruggere la nazione evocando inesistenti fantasmi del passato. Queste liste sono false. Sono menzogne. Ho lavorato per anni con questa gente e conosco troppo bene quello che hanno fatto». A chi crederà la Polonia? Piero de Garza rolli L'ex premier Olszewski sostituito in poche ore dai leader del partito contadino Pawlack

Luoghi citati: Danzica, Italia, Polonia, Roma, Varsavia