STORIA AMARA DI UNA TOGA

«Il processo a Teardo mi è costalo caro» ERVISTA STORIA AMARA DI UNA TOGA «Il processo a Teardo mi è costalo caro» Il giudice: spero che i colleghi lombardi siano meno soli TORRE ANNUNZIATA DAL NOSTRO INVIATO Questa è la storia di un «giudice ragazzino», un magistrato di fresca nomina che a ventotto anni si trovò alle prese con una miscela esplosiva di malcostume politico, tangenti, appalti truccati e P2. In principio neanche lui immaginava che quel fascicolo approdato sulla sua scrivania sarebbe passato alla storia giudiziaria come lo «scandalo Teardo», dal nome dell'ex presidente socialista della giunta regionale ligure. Alberto Teardo e gli altri imputati, finiti sotto processo, furono condannati per associazione a delinquere e altri gravi reati. La corte d'appello di Genova li mandò assolti dall'accusa più pesante: l'associazione mafiosa. Ma la storia di Michele Del Gaudio, ex «giudice ragazzino», non è a lieto fine: isolato, bersagliato da minacce e accuse infamanti, finì per dimettersi dall'ufficio istruzione del tribunale di Savona. Oggi vive a Torre Annunziata, la sua città natale, e ha un posto tranquillo nel Palazzo di Giustizia di Napoli: è un magistrato addetto alla sezione lavoro. Ma i sei anni trascorsi in Liguria lo hanno segnato profondamente, tanto da indurlo a scrivere un libro dal titolo inquietante: La toga strappata, che l'editore Pironti distribuirà in libreria nelle prossime setti¬ mane. Giudice, crede che i sostituti procuratori Di Pietro e Colombo rischino la stessa sua sorte? Parliamo di due realtà completamente diverse. I magistrati milanesi possono contare su un fatto nuovo e rivoluzionario: il sostegno incondizionato della gente comune e dei colleghi del tribunale. Inoltre, a Milano, testimoni e imputati a quanto pare parlano, mentre nel caso Teardo la gente ha tenuto la bocca chiusa. Per tornare a Di Pietro e Colombo, credo che loro siano meno soli di quanto lo sia stato io. Ma chi può dire cosa accadrà fra due o tre anni? Perché, secondo lei/ c'è più collaborazione a Milano? Credo sia dovuto al fatto che le persone coinvolte a vario titolo in quell'inchiesta sono di diversa estrazione politica. Con questo voglio dire che, probabilmente, non esiste un vincolo basato sull'omertà e l'intimidazione attorno ad un gruppo massonico legato ad un solo partito, come accadde a Savona. L'accusano di essere stato un persecutore di socialisti. Mi hanno detto questo ed altro. Per quanto riguarda le presunte persecuzioni, pensi che nell'80, prima dell'inchiesta, avevo votato proprio psi. Lei aveva 28 anni quando si .: imbattè nel caso Teardo. Come andò? Nell'81 ero davvero un ragazzino, laureato da poco alla Normale di Pisa. L'ufficio istruzione di Savona era il mio primo incarico importante. Alla fine di ottobre mi trovai tra le mani una denuncia su un finanziamento di circa cento milioni alla squadra di calcio locale. Dietro c'era Teardo, e i soldi erano frutto di tangenti. Decisi di andare avanti. Nel libro lei parla di intimidazioni, minacce, pressioni... Con il passare del tempo, con¬ tro di me fu scatenata una campagna denigratoria imponente. Cominciarono a darmi dell'antisocialista solo perché chiedevo a quelli che interrogavo se fossero di quel partito. Ma io volevo capire se appartenevano al gruppo di Teardo, loro che erano assistiti tutti dagli stessi avvocati, e che davano le stesse risposte. Fui addirittura accusato di aver comprato un attico con i soldi del pei. Infine, arrivarono le lettere e le telefonate minatorie. Però, debbo dire che nello stesso periodo ricevetti anche messaggi di solidarietà, compreso quello del presidente Pertini, vecchio socialista ligure. Lei sostiene di avere avuto scontri durissimi con alcuni suoi colleghi. Avvertii la diffidenza di molti giudici: venivo accusato di avere giocato sporco durante l'inchiesta, di avere intimorito i testimoni tenendo un paio di manette in bella vista sulla scrivania. Arrivò anche la telefonata di un alto magistrato: diceva che sarebbe stato meglio se Teardo fosse arrivato alle elezioni, che erano imminenti, con la fedina penale pulita, Intanto, nell'ufficio istruzione, ero costretto ad occuparmi di mille piccole indagini invece che dell'inchiesta Teardo-bis, che era appena agli inizi. Allora commisi un grave errore. Quale? Chiesi il trasferimento a Genova. Con quel gesto volevo attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sul rischio che la «Teardo-bis» si arenasse, ma poi mi accorsi di aver fatto solo il gioco dei mascalzoni, di chi aveva interesse a nascondere la verità. Allora chiesi e ottenni di tornare a Savona, ma fui dirottato al tribunale civile. Con Teardo avevo chiuso per sempre. Quell'inchiesta mi è costata tanto: la salute, un lavoro interessante e un matrimonio febee. Fulvio IMilone I giudice Michele Del Gaudio