La nuova Nato braccio armato contro le crisi di F. Gal.

La nuova Nato, braccio armato contro le crisi Il vertice dei Sedici a Oslo rivoluziona i compiti dell'Alleanza: apertura ai Paesi dell'Est e ai neutrali La nuova Nato, braccio armato contro le crisi L'occasione per il debutto potrebbe essere un blitz nei Balcani OSLO DAL NOSTRO INVIATO Per la Nato è un capitolo nuovo. Da 43 anni impegnata e limitata alla difesa del territorio alleato, assume una nuova missione che le consente di uscire da quegli stretti confini. I ministri degli Esteri dei Sedici, riuniti ieri a Oslo nel quadro del Consiglio Atlantico di primavera, hanno infatti approvato l'ambizioso ptagetio'qi offrile i mezzi dell'Alleanza come braccio armato della iCsce in missioni di pace. «Una decisione di vitale interesse per il mondo», l'ha definita il segretario generale Manfred Woerner. Vengono subito alla mente i conflitti della Jugoslavia e del Nagorno-Karabakh, e sulla crisi balcanica l'Alleanza ha approvato una dichiarazione di estrema durezza, che arriva a un passo dalla minaccia d'intervento. Ma la svolta veramente storica, nell'ambito del nuovo ruolo della Nato, è forse un'altra: la decisione che anche altri Paesi della Csce possano associarsi all'Alleanza atlantica nel ruolo di peacekeeping: a cominciare dalle Repubbliche ex-sovietiche e dagli altri P>esi che fanno parte" del Nacc, il Consiglio di cooperazione nord-atlantico che ai Paesi della Nato affianca quelli dell'ex Patto di Varsavia, per finire con «gli altri Paesi della Csce», compresi quindi i neutrali (la Svizzera, per fare un nome). Non ci saranno automatismi, nell'azione Nato per conto della Csce, e ogni caso verrà deciso dall'Alleanza in base alle procedure atlantiche, con ogni Paese libero di agire soltanto se vuole. Dalla Csce, cioè dalla comunità europea che comprende anche gli ex Paesi del socialismo reale e gli Stati Uniti, verrà l'ombrello politico sotto il quale - precisa il comunicato diramato ieri - «saranno messi a disposizione esperienza e risorse» della Nato. Decisiva è stata la spinta del vice segretario di Stato americano,* Eagleburger, che sostituiva l'assente Baker (mancavano anche De Michelis e lo spagnolo Ordonez). Dopo avere insistito sulla disponibilità americana a fornire logistica e contingenti militari, egli ha precisato che «la Nato non è il solo organismo a cui la Csce dev'essere in grado di rivolgersi». Ha citato anche Nazioni Unite e Ueo, chiamando poi in causa i Paesi dell'Est europeo e quelli votati alla neutralità. Ha affrontato il problema jugoslavo affermando che «la Nato dev'essere pronta a sostenere l'applicazione della risoluzione 757». Non ha precisato con quali mezzi ciò dovrà avvenire, tuttavia non è un mistero che gli Usa - ma anche l'Italia - avrebbero potuto appoggiare un'azione di forza dell'Alleanza per creare corridoi umanitari in Bosnia. La dichiarazione dei Sedici, invece, rivela maggiore cautela: «Quel ponte - ha osservato Eagleburgèr - non possiamo ancora attraversarlo». Il documento esprime «il più forte sostegno» per la risoluzione 757, ma per l'opposizione di Parigi è stato eliminato un riferimento al sostegno dell'Alleanza «con tutti i mezzi necessari», cioè anche con la forza multare. Ciò non toglie che il documento appaia estremamente minaccioso nei confronti di Belgrado: «Siamo determinati ad assicurare l'efficacia delle sanzioni e continueremo a operare affinché quell'obiettivo sia raggiunto. In tale quadro ribadiamo l'esigenza che si elimini ogni ostacolo all'avvio di aiuti umanitari». Si tenga conto, aggiunge la Nato, della richiesta di «sicuro accesso sotto supervisione internazionale agli aeroporti della Bosnia». [f. gal.]

Persone citate: Baker, De Michelis, Eagleburger, Manfred Woerner, Ordonez

Luoghi citati: Belgrado, Italia, Jugoslavia, Oslo, Parigi, Stati Uniti, Svizzera, Usa