Segni meglio di Craxi La scelta dei direttori

Segni meglio di Craxi La scelta dei direttori INCHIESTA MA SCALFARO CHI SCEGLIERÀ'? uy ut >■) iDi) o u<uu ... ... -j. Segni meglio di Craxi La scelta dei direttori .l'i •.. ■ i i. ». lq inu tmuisuilruui tyju MARIO Segni o Bettino Craxi: la svolta o la tradizione alla guida del governo. Secondo i direttori di alcuni dei maggiori giornali e télegiornali italiani sono questi gli uomini che hanno le carte in regola per succedere a Giulio Andreotti sulla poltrona di Palazzo Chigi. La vicenda di Milano, che ieri ha tirato in ballo direttamente il nome del leader socialista, provoca reazioni contrastanti: alcuni dicono che Craxi è ormai bruciato. Altri sostengono che l'«assoluzione» di Di Pietro «non ci sono reati penali» - lo abbia addirittura rafforzato, togliendo la sua figura dal dubbio. Poi non mancano gli outsider: Spadolini, Ciampi, Amato, Martinazzoli. Ma su una cosa i direttori sono tutti d'accordo: il prossimo sarà il governo dell'emergenza. E Segni alla fine, raccoglie il maggior numero di preferenze. «Non mi dispiacerebbe se l'incarico andasse a lui - dice Gianni Rocca, condirettore di Repubblica -. La questione Craxi? Dicendo che non mi dispiacerebbe Segni mi sembra di aver già detto tut- to». Il direttore del Giorno, Francesco Damato, è accusato dai suoi stessi redattori di essere troppo vicino a via del Corso. «A Palazzo Chigi ci deve andare Craxi - ribadisce -. A maggior ragione adesso: bisogna dimostrare che i presidenti del Consiglio sono nominati dal Quirinale e non dai giornali». Della stessa opinione Emulo Fede: «Se vogliamo un governo stabile l'uomo giusto è Craxi - dice il direttore di Studio Aperto -. Soprattutto se pensiamo al passato e a quello che ha fatto quan- do era a Palazzo Chigi. Le accuse di Milano si sono rivelate un boomerang per chi le ha messe in giro. Di Pietro è stato chiaro, ha detto esplicitamente che Craxi non c'entra nulla. E questo fa piazza pulita di tutte le voci. Chi le ha tirate fuori ha fatto la figura del furfantello colto con le mani nella marmellata». Anche Alessandro Curzi, direttore del Tg3, sente puzza di bruciato sulle accuse a Craxi, ma alla guida del governo vorrebbe Segni. «Questo Paese ha bisogno di qualcosa di diverso - spiega - e finora l'unico fatto veramente nuovo è stato il referendum. L'attacco a Craxi proprio alla vigilia delle consultazioni mi lascia molto perplesso: certo che il Paese ha bisogno di qualcosa di diverso e ho paura che Craxi in questo momento possa dividere l'opinione pubblica». Lapidario Piero Sansonetti, vicedirettore vicario dell'Unità: «Il mio candidato è Segni - annuncia -. L'ipotesi Craxi mi sembra fuori dal senso comune. Mi stupisco che qualcuno continui a pensarci. Così come mi sorpren- de che ci sia qualcuno che si ostini a parlare di montatura. I giornali si sono limitati a riportare i fatti». Anche Vittorio Feltri, direttore dell'Indipendente, punta su Segni: «La de non ha un altro volto presentabile - dice - e Segni rappresenta almeno in parte il bisogno di cambiare espresso dal Paese». E Bettino Craxi? «Non mi sembrerebbe una scelta saggia nei confronti della gente, che è indignata - risponde Feltri -. Dovrebbe tirarsi da parte, almeno per una ragione di opportunità». Lino Rizzi, direttore dell'Avvenire, giudica «obiettivamente infame l'episodio della fuga di notizie su Craxi». Il psi, comunque, è troppo coinvolto nello scandalo perché il suo leader possa salire al vertice dell'esecutivo: «Ci vuole Segni - dice Rizzi -, per un governo del presidente con un forte programma e un numero di ministri ridotti scelti solo con il criterio della competenza». Ma c'è chi preferisce una candidatura «istituzionale». Giulio Anselmi, vicedirettore vicario del Carriere détta Sera, punta su Spadolini: «Nominare uno dei soliti personaggi politici - dice - significa non rispondere alle esigenze di rinnovamento. Ma d'altra parte un outsider rischia di non avere sufficiente esperienza. Spadolini è l'uomo giusto per mediare tra i due estremi. Craxi? Indebolito, ma non compromesso». Bruno Vespa direttore del Tg 1 ammette: «Il nome non ce l'ho. Scalfaro deve trovare la quadratura del cerchio: deve nominare una persona forse nuova ma con esperienza. Una persona psicologicamente svincolata dai partiti, ma con le spaile coperte dai partiti, altrimenti non riesce ad approvare nulla. Sono ottimista: io credo che nei partiti ci siano molte persone di questo tipo» E Craxi? «Non rispondo». Anche Giovanni Motto la vicedirettore del Messaggero non fa nomi: «Non ci sono candidati particolari, serve un uomo che possa rappresentare le esigenze del Paese e la volontà del presidente». Mario Sconcerti, direttore del Secolo XIX fa quattro nomi: «Ciampi, perché è un tecnico che dà il segno dell'emergenza. Segni, perché da il segno della speranza. Martinazzoli, perché sarebbe comunque un elemento di novità. Amato, perché sembra proprio che debba toccare a un socialista e lui è il meno compromesso di tutti. Bettino Craxi? E' fuori dal gioco: non si può distinguere tra reati morali e reati penali. E poi il segretario è il simbolo del partito a Milano: lui ha voluto esserlo. Non può sottrarsi alla vergogna». Guido Tiberga Maurizio Tropea no I responsabili dei quotidiani divisi sulla vicenda tangenti «Il leader psi è "bruciato"» «No adesso è ancora più forte» Alessandro Curzi (sopra) direttore del Tg3 Vittorio Feltri (sotto) direttore dell'Indipendente Damato (a sin.) «Il Giorno» a destra Fede «Studio Aperto»

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