Condannato il racket di Melfi di E. S.
Condannato il racket di Melfi Duro verdetto Condannato il racket di Melfi POTENZA. Mano pesante dei giudici di Melfi, in Basilicata, contro i primi tentativi di infiltrazione della camorra nella zona. Il tribunale ha condannato a pene comprese fra i tre e dieci anni, sei persone accusate di estorsione ai danni di alcuni imprenditori impegnati nei lavori di infrastrutturazione per il mega-stabilimento Fiat di Melfi. Furono arrestati il 9 marzo scorso dai carabinieri dopo che in una villa nella campagna di Lavello, era stato preso Giuliano Petrone, 23 anni, di Calvizzano in provincia di Napoli, con una valigia che conteneva ottanta milioni in contanti, un acconto sulla tangente complessiva di 220 appena ritirato dalle mani dei taglieggiati. Petrone, condannato dal tribunale di Melfi a sette anni di reclusione, è genero di Umberto Venosa, considerato il capo della struttura camorristica che stava mettendo radici in Basilicata. Umberto Venosa, fratello di Luigi, elemento di spicco del clan camorristico Bardellino di Caserta, ha riportato una condanna a 10 anni di reclusione. Le altre quattro persone condannate sono tutte dipendenti di una ditta, la Betoncaserta, che pure stava eseguendo lavori in subappalto per conto della Fiat a Melfi. E' stato invece assolto per non aver commesso il fatto, Rodolfo Statuto, titolare della società di costruzioni Betoncaserta, che secondo gli inquirenti faceva il doppio gioco: appariva come taglieggiatore, ma in verità si presentava come vittima. I giudici hanno invece visto in lui solo una vittima e quindi non hanno ritenuto opportuno condannarlo, [e. s.]
Persone citate: Giuliano Petrone, Petrone, Rodolfo Statuto, Umberto Venosa
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