Milosevic pronto a dimettersi

Milosevic pronto a dimettersi Mentre il regime di Belgrado vanta un trionfo nelle elezioni contestate Milosevic pronto a dimettersi Chiede però la revoca delle sanzioni Onu ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Il presidente serbo Slobodan Milosevic si è detto disposto a rassegnare le dimissioni se «questo sarà il prezzo da pagare per la revoca delle sanzioni, per una giusta soluzione della crisi jugoslava». In un'intervista alla rete televisiva britannica Channel 4, Milosevic ha tenuto a sottolineare che tale prezzo «sarebbe il più economico» e che rinunciare alla presidenza non gli creerebbe «alcun problema». Ma subito dopo ha insistito sul fatto che Serbia e Montenegro, le repubbliche che costituiscono la nuova Jugoslavia, hanno il diritto di decidere autonomamente del loro futuro «senza condizionamenti dall'esterno». Il leader di Belgrado ha poi ribadito che le due repubbliche vogliono cooperare con le Nazioni Unite: «Non riteniamo di doverci scontrare con l'Onu. Penso che soltanto sulla base della comprensione di quanto sta veramente accadendo si può arrivare a una soluzione giusta. Le sanzioni avranno un pesante effetto sull'economia, dovrebbero essere revocate dopo un chiarimento sulla situazione». Dal punto di vista militare, però, le sanzioni sembrano non aver avuto nessun effetto. Nella capitale bosniaca i bombardamenti continuano. Ieri altre tre persone sono state uccise. Nel pomeriggio i miliziani serbi hanno riaperto il fuoco sul quartiere di Velesici abitato dai musulmani. I miliziani serbi ieri hanno sparato su tre autobus dell'ospedale, uccidendo un tecnico medico e ferendone altri due. Secondo gli ultimi dati, più di 6000 persone hanno perso la vita nella guerra in Bosnia, mentre 100 mila persone sono state deportate in Serbia. Parlando delle ultime trattative per lo sgombero della caserma Maresciallo Tito, il colonnello John Wilson, comandante dei caschi blu rimasti a Sarajevo, ha annunciato che i militari lasceranno stamane la capitale bosniaca. Intanto però l'esercito non si ferma. Ieri, l'Armata jugoslava ha riattaccato Dubrovnik. Una persona ò stata uccisa da una granata esplosa in una delle vie centrali dulia città. In mattinata decine di proiettili hanno colpito le vecchie mura e i palazzi, causando nuovi danni al pa¬ trimonio architettonico di Dubrovnik. Le forze croate hanno risposto all'attacco, distruggendo alcune postazioni serbe sul monte Ivanjica. «Sono soddisfatto dei risultati finora ottenuti dai nostri soldati», ha dichiarato il ministro della Difesa croato Susak. «Faremo di tutto per liberare Dubrovnik in modo pacifico, secondo il piano di Vance. Ma se saremo costretti riconquisteremo i territori occupati con la forza». Come se si trattasse di terre serbe, sia per Sarajevo che per Dubrovnik la tv di Belgrado continua a parlare di nuovi attacchi dei berretti verdi musulmani, nonché degli ustascia croati, a cui i federali sono costretti a rispondere per autodifesa. Da ieri le autorità serbe sventolano anche la «grande vittoria popolare» alle elezioni domenicali. Secondo i dati ufficiali, il partito socialista serbo del presidente Milosevic avrebbe ottenuto 73 dei 108 seggi del nuovo Parlamento federale jugoslavo. Trenta sarebbero andati al partito radicale di Vojislav Seselj, il più oltranzista dei capi cetnici della Serbia. Benché abbia votato solo il 56% degli elettori, il Comitato esecutivo degli ex comunisti ora sotto spoglie socialiste, applaude il «popolo che ha espresso in massa la volontà di mantenere la Jugoslavia». Belgrado ha respinto inoltre l'accusa di aver venduto le riserve d'oro jugoslave per finanziare la guerra. Secondo la «Reuter», si tratterebbe di un valore pari a 650 milioni di dollari. Ingrid Badur ina

Persone citate: John Wilson, Milosevic, Slobodan Milosevic, Vojislav Seselj