Mancini è lì che aspetta

Mancini è lì che aspetta Mancini è lì che aspetta «Spero sempre di poter giocare» «Baggio-Vialli, coppia numero 1» PROVIDENCE DAL NOSTRO INVIATO L'aria è sempre un po' annoiata, il morale non è alle stelle. Passano gli anni, cambiano gli allenatori, ma per Mancini i conti continuano à non tornare. La convocazione puntualmente lo illude, poi, dopo il primo allenamento, le speranze svaniscono: non gli resta che la panchina e il suo rapporto con la Nazionale si fa sempre più complicato. Le prime grosse delusioni in chiave azzurra gli sono arrivate da Vicini, il tecnico che l'ha lanciato prima con la Under 21, poi con la Nazionale maggiore, ma che proprio alla vigilia del Mondiale gli ha voltato le spalle. Così Mancini non ha giocato neppure un minuto, scacciando giorno dopo giorno, nel ritiro di Marino, la tentazione di ribellarsi. M Ora, a distanza Manclnl'eterna di due anni, la stessa situazione si ripete con Sacchi. E Mancini allontana di nuovo la voglia di mandare tutti a quel paese. Accetta di far del turismo forzato, sperando che il desiderio di rinnovamento che anima il et finisca per premiare anche la sua attesa. Ora a dar corpo alle speranze sono la squalifica di Donadoni e l'infortunio di Di Chiara. Due giocatori che Mancini non può sostituire tatticamente, ma che almeno lasciano spazi vuoti nella squadra anti-Eire. Il et ha spiegato che Mancini non può essere neppure un surrogato di Donadoni, ma la sensazione è che questa volta il suo momento stia per arrivare. E se scenderà in campo giovedì a Fosboro, forse solo nel secondo tempo, dovrà giocar bene le sue carte, perché non sarà facile ottenere una prova d'appello. Mancini, scottato da altre vigilie difficili, preferisce coltivare la grama pianta del pessimismo: «Non so se giocherò. Aspetto, spero. Di più non posso dire finché Sacchi non si pronuncerà. Qui non è come alla Samp dove ho fatto anche l'allenatore. In Nazionale gli ordini devo prenderli, non darli. Scherzi a parte, vorrei giocare con Baggio e Vialli: non è mai successo». Alle delusioni ha fatto il callo: «Io vorrei giocare sempre, invece non gioco mai. Le esperienze passate mi hanno insegnato che le proteste non servono, quindi accetto ogni decisione senza drammi. Con Sacchi non ho giocato neppure un minuto. Ma gli sono grato di avermi portato a visitare l'America, anche se vorrei scegliere io i luoghi di vacanza. Non è piacevole fare il turista di mestiere e il calciatore nei ritagli di tempo». Con un paradosso si potrebbe dire che Mancini è il giocatore più allenato a non giocare, il primatista assoluto delle occasioni perdute. Per ora si accontenta di non essere uscito dal giro azzurro, ma nonostante tutto deve fare uso di pazienza in dosi industriali visto che neppure i problemi offensivi della Nazionale gli aprono le porte. Il mal di gol non lo favorisce e tantomeno lo preoccupa: «Si segna poco, ma si subisce pochissimo. Dopo cinque partite, Sacchi non poteva far miracoli. Per me fa bene ad insistere su Baggio e Vialli. Quei due formano la miglior coppia del calcio italiano. Dalla panchina li vedo molto bene». Per fortuna non perde il gusto dell'ironia, dote così rara nel calcio. Ma proprio la crescita globale della squadra acuisce il suo rammarico per il tempo perduto. E intanto si fa strada la speranza: «Mi piacerebbe essere utile e giocare con continuità. L'arrivo di Eriksson alla Samp potrebbe giovarmi. Lui e Sacchi parlano lo stesso linguaggio calcistico». Fabio Vet-gna no panchina M Manclnl'eterna panchina

Luoghi citati: America, Providence