Kalashnikov di B. Gio.

Kalashnikov Kalashnikov Il mitra della mafia Tre settembre 1982: il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emmanuela muoiono a Palermo in un agguato di cui è protagonista un'arma da guerra, il mitragliatore Kalashnikov. Di fabbricazione sovietica, con caratteristiche tecniche non modernissime ma senza dubbio funzionali (600 colpi al minuto), il mitragliatore «A K 47» esordì nella guerra tra le famiglie palermitane nel 1981 con due morti eccellenti, i boss Stefano Bontade e Salvatore In zerillo. Da allora, la malavita organizzata Sicilian4,e calabrese ha a&dVmòlto dello sue azioni al mitragliatore Sovietico; che salì in fretta al primo posto nel traffico di armi a livello internazionale, insieme con la Skorpion, che firmò la gran parte dei delitti delle Brigate rosse. «Arma tipica del terrorista», la si definiva negli Anni Settanta. Ma la sua era una fama destinata a durare anche oltre. I brigatisti che attaccarono in via Fani Aldo Moro e la sua scorta utilizzarono quella mitraglietta leggera (compreso il caricatore, non più di un chilo e mezzo), lunga sì e no una trentina di centimetri, così da poter essere tranquillamente portata in una fondina, appesa alla cintura dei pantaloni o sotto il braccio. Dieci colpi di Skorpion per uccidere Aldo Moro. Stessa arma, un'arma da guerra, per gli omicidi di Landò Conti, Ezio Tarantelli, del giudice Tartaglione, Vittorio Bachelet, di Roberto Ruffilli. Gli esperti la definirono «una delle realizzazioni migliori dell'industria bellica cecoslovacca», dalla sua meccanica derivarono armi famose, come l'Uzi israeliano, il vero vincitore della «guerra dei sei giorni». [b. gio.]

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