Ma la gita non si tocca: parola di professore e studente

Ma la gita non si tocca: parola di professore e studente LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI O.d.B. Ma la gita non si tocca: parola di professore e studente Ragazzi in viaggio (i buoni e i cattivi) Gentile sig. Del Buono, sono un professore di scuola media superiore veramente esterrefatto e avvilito dal tono e dal contenuto della lettera del sig. Chiarini di Meina comparsa nella sua rubrica su La Stampa di lunedì 18 maggio, ma soprattutto dalla risposta che lei ha dato a tale signore. Faccio parte di una categoria già abbastanza vituperata e scarsamente considerata a livello pubblico e politico e la mia frustrazione, come penso quella di tutti i colleghi che come me si dedicano totalmente a questo lavoro-missione, viene ulteriormente accentuata ogni qual volta compaiono sui giornali articoli superficiali, qualunquistici e anche in malafede come la lettera del sig. Chiarini. Sulle gite scolastiche, in particolare, se ne sono già dette di tutti i colori! Vorrei solo ricordare che la gita di istruzione, su cui consiglierei di non fare del sarcasmo inutile e fuori luogo, viene considerata parte intei grante del programma annuale del docente, viene proposta e vagliata attentamente dal Consiglio di Classe e deve infine essere sottoposta all'approvazione del Consiglio di Istituto, il quale ne valuta la valenza didattica ed anche l'onere finanziario. Detto ciò vorrei far rilevare al sig. Chiarini che a Meina non penso abbiano soggiornato tutte le scolaresche d'Italia e quindi i casi da lui riportati sono senz'altro un'eccezione e non certo la regola... Riporto come esempio di gita di istruzione seria e didatticamente valida la mia esperienza di quest'anno che è stata sia per me che per i miei allievi molto formativa, importante per una reciproca e profonda conoscenza extra scolastica ed assolutamente priva di qualsiasi danno o atto vandalico a carico del bene pubblico. Come gita di più giorni la mia classe ha scelto per quest'anno il progetto didattico proposto dalla Provincia di Torino e dal Ce.Se.Di, di «educazione all'ambiente», svolto a Pra Catinat nel Parco Orsiera-Rocciavrè. Sono stati 5 giorni meravigliosi e divertenti a contatto con la natura... Concludo questa lunga e polemica lettera (di cui mi assumo per altro tutta la responsabilità), ma mi sembrava giusto ribattere in qualche modo alle accuse del sig. Chiarini il quale pare abbia anche uno strano e restrittivo concetto dell'educazione se ritiene che tutti i ragazzi abbiano bisogno durante le gite di «fare tutto ciò che a casa loro non gli è permesso fare». Anche per gli studenti, come per i professori ed ogni altra categoria non si faccia di ogni erba un fascio!... Prof. Enzo Pasquero Moncalieri (To) Gentile Professore, d'accordo, lei si assume la responsabilità di giudicare in malafede il signor Chiarini che, comunque, non ha scritto un articolo ma una lettera. Complimenti per la perfetta riuscita della sua gita, ma non pensa che anche per la sua esperienza possa valere il discorso che l'eccezione conferma la regola? Di lettere di protesta come quella del signor Chiarini ce ne sono pervenute tante, e non solo da Meina. [o.d.b.] E lo studente sale in cattedra Gentile sig. Del Buono, le scrivo per intervenire nel dibattito che da tempo trova spazio sui quotidiani. La lettera del sig. Chiarini mi ha stimolato ad esprimere il mio punto di vista, comune a moltissimi altri studenti, soprattutto perché ancora una volta mi sembra ci si trovi davanti a una di quelle discussioni sull'ambiente scolastico condotta dal «di fuori», senza tener conto del parere di chi la scuola la vive ogni giorno dal «di dentro» e che sarà costretto a pagare le conseguenze di decisioni avventate prese da presidi arrendevoli, pressati da genitori saccenti. Innanzitutto ritengo fuori luogo il termine «gite di distruzione» in quanto in 13 anni di carriera scolastica (e quasi altrettanti di gite) non è mai capitato che il comportamento della nostra scolaresca degenerasse in atti di teppismo gratuito (a detta nostra e degli operatori turistici che ci hanno ospitato). Buona parte del merito va certamente attribuita ai nostri capaci in¬ segnanti che hanno saputo educarci durante tutto l'anno, affrontando fino in fondo e con coscienza il loro compito di formazione, senza trasformare la gita in un momento di vacanza personale o peggio rivelarsi perfidi aguzzini insensibili ad ogni richiesta di libertà personale e sicuri di accompagnare un gruppo di delinquenti da dover controllare a vista in ogni momento. Per quanto riguarda il «tour de force» massacrante, ritengo sia ugualmente un prodotto della mancanza di dialogo tra alunni e professori che, a volte, è effettivamente possibile ricerchino un proprio tornaconto. Ma non generalizziamo: molti sono gli insegnanti validi e preparati, ma purtroppo risaltano sempre i più svogliati, che un sistema organizzativo inefficiente bloccato dalle pastoie del pubblico impiego impedisce di allontanare dalle aule (non soltanto dalle gite scolastiche). Se poi vogliamo vietare agli studenti italiani l'accesso a quell'esiguo numero di musei ancora aperti, non faremo che precludere loro le enormi possibilità culturali che l'immenso e pessimamente conservato patrimonio artistico italiano può offrire... Anche lei, signor Oreste Del Buono, che dimostra solitamente tanto buon senso, Invita I genitori a «vietare ai loro ragazzi gite di più giorni». Non si rende conto che cosi si precludono agli studenti momenti unici di socializzazione e di contatto con i docenti al di fuori dell'ambiente scolastico? Spero vivamente che anche lei non censuri le nostre rimostranze come hanno già fatto molti presidi. Forse dovreste insieme richiamare alla mente il ricordo degli attimi di gioia trascorsi con i compagni durante le gite... Federico Ferrerò, III Liceo Classico, Torino Gentile studente, complimenti, lei ha già una testa da professore. Intendiamoci, non essendo portato a tacciare di malafede chi non conosco, non è che io sospetti che lei non sia uno studente, ritengo che lei ragioni già con la mente di un professore. Come potrebbe altrimenti parla¬ re di «nostra scolaresca» e di «genitori saccenti» e soprattutto di una sua «carriera scolastica» per il tempo trascorso a scuola? Come vede, non censuro, comunque, le sue richieste, sono solo costretto a tagliare la sua lettera perché troppo lunga come, del resto, la precedente lettera del professor Pasquero. Ma a scuola non s'insegna mai a scrivere succinto e concentrato? Dunque, tutto ok con le gite di istruzione? Vorrei sapere se posso pubblicare o se debbo cestinare tutte le lettere ricevute da insegnanti che raccontano le loro odissee sulle rotte scolastiche. Almeno un esempio non avrebbe stonato in questa puntata di rubrica, ma lei e il già citato professore vi siete mangiati tutto lo spazio a disposizione. Quanto agli «attimi di gioia», eccetera eccetera, mi dispiace sinceramente, ricordo solo l'incubo di una gita d'istruzione comandata in divisa da balilla sul Carso a visitare i campi di battaglia. [o.d.b.]

Luoghi citati: Italia, Meina, Torino