Milosevic, da Stalin dei Balcani a nemico mondiale numero uno

Milosevic, da Stalin dei Balcani a nemico mondiale numero uno PROTAGONISTI IL SADDAM JUGOSLAVO Milosevic, da Stalin dei Balcani a nemico mondiale numero uno IL nuovo nemico del mondo! ha la faccia squadrata e ili sorriso tirato di un cinquan-! tenne serbo: «Sloba-Saddam» hanno urlato ieri per le vie della | capitale decine di migliaia di oppositori di Milosevic, il duce di Belgrado, appena messo in castigo dal Consiglio di sicurezza, braccio armato del nuovo ordine mondiale. Strano destino per un manager, sincero discepolo del sistema economico americano. I Perché Milosevic, adesso affian-j cato a Saddam e Gheddafi pellai poco gradevole posizione di ne-: mico pubblico numero uno della! Casa Bianca, ha studiato proprio! in America i rimedi per corregge-i re il tarlato sistema dell'autoge,'stione jugoslava. E negli Usa que-i sto ambizioso apparatchik è di-1 •ventato amico di Larry Eaglerburger, uno dei cervelli del Dipartimento di Stato. ; Per coalizzare contro di sé la riprovazione del mondo e l'odio sincero dei suoi ex confratelli sloveni, croati e bosniaci, Milosevic ha impiegato soltanto cinque an- ni. Il tempo per dismettere gli abiti grigi del banchiere di Stato per indossare quelle del restauratore della patria serba e prendere in mano, con spregiudicata mancanza di scrupoli, la miccia della polveriera jugoslava. Il suo disegno, perseguitato con i machiavellismi del burocrate e non con gli istrionismi del tribuno, è sempre stato ben preciso. Se la vecchia casa comune degli slavi del Sud deve dichiarare bancarotta, allora spetta alla Serbia, in qualità di padre storico della ex nazione, assicurarsi la parte più grossa dell'eredità. Con accortezza Milosevic si è nascosto a lungo dietro la maschera del riformatore, del Gorbaciov balcanico in grado di salvare il Paese dal caos. E intanto costruiva la carriera sulla decomposizione della nazione, cogliendo al volo tutti gli innumerevoli spunti offerti da un paese dove tutto è divisione. Ha mosso i primi passi in politica fomentando la rabbia serba per i fratelli martirizzati dagli albanesi del Kosovo. Gridando al genocidio, ha riunito nelle piazze meeting dove le bandiere rosse sono state rapidamente sostituite dalle croci ortodosse e dalle Bustine dei cetnici. Figlio di un professore di teologia, ha conquistato il favore delle gerarchie ortodosse ordinando di ricostruire la monumentale cattedrale di San Sava a Belgrado. Poi «Sloba il liberatore» ha iniziato a disegnare a cannonate i confini della grande Serbia, in base al principio che la bandiera di Belgrado deve sventolare ovunque vivano popolazioni serbe. Si è preso una parte della Croazia, la seconda battaglia la combatte per la spartizione della Bosnia. Ma diventare uomo della provvidenza di una Serbia umiliata dal federalismo egualitario e titoista è stato prima di tutto una scelta di politica interna: nel tracollo del comunismo l'unico modo per salvarsi, infatti, è il ricorso al nazionalismo. La vecchia malattia della prigione dei popoli balcanica serve ancora ad assicurare una tenda ad ossigeno al sistema. Sventolando il santo graal del serbismo si tengono lontane imbarazzanti domande su un sistema politico ancora autoritario, a dispetto delle libere elezioni. I manifestanti di ieri a Belgrado non devono trarre in inganno: per milioni di serbi, soprattutto quelli che mitra in pugno si battono contro croati e bosniaci, Milosevic è l'uomo del destino. Pas¬ sare in rassegna l'opposizione a Milosevic fa venire i brividi: a parte i pacifisti e piccole formazioni di dissidenti illuminati che contestano con coraggio la guerra sporca contro gli ex fratelli jugoslavi, resta solo la maschera barbuta di Vuce Draskovic, reincarnazione un po' demodée di una Serbia monarchica, ortodossa e ultranazionalista. Con il motto «Dio patria e famiglia», propone è un ritorno al passato al cui confronto il nazionaicomuni- smo di Milosevic rischia di sembrare perfino audacemente progressista. Oltre alla restaurazione dei Karageorgevic, questo romanziere, cantore del genocidio serbo, è un profeta accanito della grande nazione. Forse più pericoloso del grigio Milosevic, giocatore spericolato ma che, di fronte alla minaccia dell'Orni, sa che in politica la prudenza è la parte migliore del coraggio. Domenico Onirico