VITE SVOGLIATE di Lorenzo Mondo
VITE SVOGLIATE VITE SVOGLIATE Nella «Carta blu» di Enzo Siciliano pittori, jazz, amori, misteri negli Anni 50 IL destino di un piccolo, impossibile Rimbaud nell'Italia degli Anni Cinquanta. La storia di un giovane artista che arriva a fondere pittura e parola come il ragazzo delle Ardenne prestava ai suoi versi i colori delle vocali. E' il personaggio centrale di un romanzo di Enzo Siciliano, Carta blu. Chi racconta è un suo amico, che ha conosciuto Umberto Magri all'Università di Roma, gli è stato vicino per qualche anno, poi lo ha perso di vista e dimenticato. A quei tempi voleva fare il romanziere ma adesso, arreso, scrive di critica d'arte: ha un figlio che dipinge e proietta su di lui - testimone distaccato - nostalgie e frustrazioni. Tutto comincia quando una donna, che si dice moglie di Umberto, gli porta un pacco foderato di carta blu, ubbidendo alla consegna del marito che un giorno se ne è andato senza lasciare traccia. Da quel pacco, che non sente il bisogno di aprire, si sprigiona l'aroma tonificante e velenoso di anni lontani. E dalla scatola magica si divincola anche il romanzo di Siciliano, procedendo per scarti tra presente e passato, tra la varietà dei punti di vista espressi in prima e terza persona, nella confessione in presa diretta dello stesso Umberto: dove si rivela, mi pare, una strategia narrativa che tende a cercare e scavare, più che allontanarlo a fini di suspense, il proprio oggetto. Voglio dire che il pacchetto blu, che pure alla fine verrà aperto, irradia già per strada il suo contenuto, quasi si consuma e svanisce nella sua virtù evocativa. Si tratta, per chi racconta, di capire il senso di una vita- lità che in Umberto, fin dal suo presentarsi sulla scena, appare come svogliata e stremata. Umberto parla continuamente di donne, si concede sbornie di sesso, non per esuberanza goliardica ma per una ossessione che ha radice nelle vicende famigliari. C'è alle spalle un padre debole e apatico che si lascia morire quando scopre che la moglie lo tradisce con il fratello. C'è la madre che si sposa subito dopo con il cognato satiresco e ostacola la passione del figlio per la pittura perché vorrebbe avviarlo nell'azienda di famiglia a Bologna. Ma lui rifiuta di «vivere in carta copiativa», come uomo e come artista. E' infuriato con Morandi che cerca riparo dietro le sue bottigliette sempre uguali, immobili in una perfezione esangue. Ha scommesso temerariamente sulla pittura affidata a un colore solo. Oh, poter imprigionare il fiotto della vita, il suo vortice doloroso, imprimendo sull'impasto della tela il tremito delle mani e dell'intero corpo. Sul filo a piombo della memoria affiorano i ritrovi canaglieschi negli studi dei pittori, il jazz assorbito intensamente come pulsione vitale, la scoperta annichilente di Pound o di Eliot. E gli autori amati, anche o proprio perché dissimili, ricorrono tra le righe in una citazione diretta o in un river¬ bero involontario («Sulle onde del Tirreno arricciate di bianco sembrava di vedere in lontananza le sirene pettinarsi i capelli di schiuma...»). L'ardore e l'euforia non riescono a nascondere nei giovani amici una punta di afflizione, nei più deboli la disperazione. Sono passati attraverso la guerra «inconsapevoli e innocenti», sono in molti a ritrovarsi senza padri e senza valori, costretti a ripartire da zero. Qualcuno arriva all'autodistruzione, come Umberto quando si accorge di avere chiesto troppo all'arte, in se stessa e in quanto esorcismo, e allora getta via i colori, sparisce come un vagabondo. L'amico superstite è appena sfiorato dalla trasgressione. Povero, ancorato alla politica, rientra presto nei ranghi. Ha un gesto di incerta fierezza quando abbandona il partito comunista durante l'insurrezione di Budapest, poi tutto diventa routine, fino all'arrivo - si direbbe - del pacchetto azzurro. Che lo costringe a specchiarsi nell'ombra dell'amico e a fare i conti con se stesso. Il romantico e forse ridicolo Umberto ha perduto, ma almeno ha giocato in grande. E lui? Con tutta la sua prudenza, ha fallito nella via della mediocrità per una stessa «colpa», il culto della giovinezza. Invece il figlio pittore, con il suo profilo indeciso, ha una cosa chiara in testa, che soltanto la maturità rende davvero liberi. Spicchio di una generazione che fa i conti con se stessa con tortuosa sincerità, Carta blu ha il suo epicentro poetico nella figura di Umberto, nel suo occhio inclinato da un leggero strabismo che accenna - oltre le servitù dell'orgoglio e del sesso - a sublimi avventure e incolmabili paure. Con felice intuizione. Siciliano rende quell'occhio onnipresente. Come rivelano, in un romanzo che si avvita intorno alle vicende di un artista maledetto, per di più materico e informale, le colature pittoriche che versano tenerezza e strazio nella memoria, nei sogni, nei cieli di Roma fra Trinità dei Monti e il Pincio. Lorenzo Mondo Enzo Siciliano Carta blu Mondadori pp. 270, L 30.000 Knzo Siciliano racconta in «Carta blu» le vicende di un artista maledetto
Persone citate: Enzo Siciliano, Pincio, Pound, Povero, Rimbaud, Siciliano, Umberto Magri, Vite
Luoghi citati: Ardenne, Bologna, Budapest, Italia, Roma, Trinità
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