GARCÍA LORCA Cara mamma amica e musa

GARCÍA LORCA Cara mamma amica e musa In anteprima, le lettere inedite del grande poeta che stanno per essere pubblicate in Spagna GARC L LORCA Cara mamma amica e musa Bunuel e Dali amici traditori. Visita a Jimenez in vestaglia nera 0MADRID RA che a Madrid sono considerato come una delle cose più interessan—Iti della letteratura moderna, devo fare il ritroso come una donna con il suo onore», scrive Federico Garcia Lorca ai suoi genitori nella primavera del 1923. Lorca ha 25 anni, da due è arrivato a Madrid da Granada, e il successo comincia finalmente a sorridergli. Ma ha dovuto molto lottare in famiglia: «Ieri ricordavo con pena - continua - le incomprensioni di papà che non si è reso ancora conto delle mie attitudini e della mia posizione di fronte al successo. Ma credo che a poco a poco si convincerà che ho fatto molte cose, e ben fatte». E' questa una delle 130 lettere inedite, ritrovate due anni fa a Granada, che stanno per essere pubblicate in Spagna. Christopher Maurer, dellimiversità di Nashville, Tennessee, ne sta curando l'edizione per «Catedra» di Madrid insieme al collega Andrew A. Anderson. Le nuove lettere, ci anticipa, gettano una nuova luce sui rapporti del poeta con la famiglia. La documentazione, per le prima volta, è completa: «Federico scrive moltissimo, anche due o tre volte alla settimana - ci spiega Maurer ma quasi sempre alla madre». Dona Vicenta Lorca, la maestra di modeste condizioni che ha sposato don Federico Garcia Rodriguez, il più ricco signore di Fuente Vaqueros, paese della campagna granadina, ha un ruolo chiave nella carriera letteraria. dèl.figliq. Lo segue, ló" sostiene, lo sprona. Lorca manda le sue composizioni ai genitori ben sapendo che sarà la madre a leggerle con attenzione; parla delle sue difficoltà. «Non potete immaginare la quantità di sofferenza artistica che si patisce, perché si affronta la propria opera e ciascun verso si trasforma in un'onda immensa che avvolge», scrive nella primavera del '21. Ma, rassicura: «Ciascun verso vecchio, oltre a diventare onda si muta in forbice d'argento che pota i rami inutili dall'albero lirico». E' ancora la madre ad appoggiarlo contro il padre che lo vuole avvocato, e lo desidererebbe armato, nella carriera e nella vita, «di qualche cosa di più che dell'emozione di fronte alle cose». Ma a volte, con perspicacia e senza alcuna indulgenza, Dona Vicenta sgrida il figlio poeta: dubita che «sia diventato studente (in apparenza) perché non lo disturbiamo». Scalpita, è impaziente di leggere le poesie in caratteri di stampa, perché quando sono vergati di suo pugno «non si può leggere bene un verso senza che lo sguardo stoni a ogni momento, e francamente non se ne trae sapore alcuno». Lo studente «in apparenza», andando e tornando dalla capi¬ tale, pensando a tutt'altro, concluderà una carriera universitaria non proprio brillante nel gennaio del 1923, laureandosi in giurisprudenza alla Facoltà di Granada. Quella laurea è «dovuta» alla madre, ma anche al padre che, nonostante pressioni e sfiducia, non ha esitato a finanziare la pubblicazione del suo primo volume di versi, il Libro depoemas del 1921. Vi fa cenno la lettera inedita che pubblichiamo a fianco, e che come l'altra all'amico Benjamin Palencia (comparirà in giugno sulla rivista spagnola Poesia) ci è stata gentilmente anticipata dalla Fondazione Federico Garcia Lorca di Madrid. Appena ottenuta la laurea Lorca riparte per Madrid, dov'era giunto per la prima volta nel '19. Il 21 giugno di quell'anno in una lettera a casa descriveva l'incontro con il celebre poeta Juan Ramon Jiménez. «Mi ha ricevuto in una vestaglia nera con i cordoni d'argento su una poltrona stupenda. Mi ha invitato con molta insistenza perché lo vada a trovare e suoniamo insieme il piano. Abbiamo simpatizzato. Mi ha parlato malissimo dei giovani poetini di Madrid». Lorca vivrà nella capitale fino al 1928, abitando nella «Residencia de Estudiantes», dove i suoi più intimi compagni e amici saranno Salvador Dali e Luis Bunuel. Bunuel è «residente» dal '17, Dali arriva proprio nel '23. Ma se l'amicizia tra «il brusco aragonese» Bunuel e «l'andaluso raffinato» Lorca non supererà mai una profonda differenza, non così avverrà per il fulminante incontro tra Federico e Salvador, nella primavera del '23. Il viso di Lorca si ritroverà moltiplicato nei bellissimi quadri di quegli anni. L'estate del '27 che i due trascorrono a Cadaqués sarà ricordata da Lorca come una delle più felici. Ma quell'amicizia tra affini, venata di toni omosessuali dissimulati dal pudore innato del poeta, naufragherà presto in una delusione. Sarà proprio Bunuel, con un piede già a Parigi dove anche Dali sogna di trasferirsi, a introdurre la discordia, con gli attacchi al teatro di Lorca, e poi anche alla sua poesia che accusa di essere convenzionali e borghesi. Sono gli anni del film Un chien andalou: il titolo era stato ideato tra le risate da Bunuel e Dali, e a Lorca non può non ricordare l'epiteto «cani andalusi» che alla «Residencia» bollava abitualmente i romantici poeti andalusi come lui. Così la venuta di «Salvadorito Dali» a Granada, di cui Lorca scrive nella lettera a Benjamin Palencia, sfocerà nel nulla. Un chien andalou esce nel '28. Circa un anno dopo, il 25 giugno 1929, Lorca scende sui moli di New York dallo «S.S. Olimpie», gemello del «Titanic». E' deciso a lasciarsi alle spalle romanticismi e radici granadine: si sente a disagio ed infelice a «Jankilandia», ma sa di doversi misurare con la modernità. Lo spingono forse il ricordo fresco delle critiche di Bunuel, del silenzio di Dali. Scriverà ai genitori nel novembre dello stesso anno, dalla sua stanza all'Università di Columbia: «Sto facendo, credo, le cose migliori che siano uscite dalla mia penna. E sono sicuro che i sonetti che sto scrivendo sono di una novità e di una fattura notevoli». Si trattava, come sapremo poi, di Poefa a New York, forse la sua opera più riuscita. Anna Rabino GNGaCaBunamVisin v Nell'immagine grande, Federico Garcia Lorca in una foto ritoccata con disegni di Salvador Dali min M^m m WK Salvador Dal! e, sotto, il regista Luis Bunuel: amici negli anni di Madrid del poeta, che senti però come una provocazione «Un chien andalou»