Assolto dai giudici il veggente Baron raduna i suoi fedeli e il sindaco lo sfida

Due Madonne in battaglia Vicenza dei miracoli si divide REPORTAGE UN PRODIGIO IN CRISI Assolto dai giudici il veggente Baron raduna i suoi fedeli e il sindaco lo sfida Due Madonne in battaglia Vicenza dei miracoli si divide VICENZA DAL NOSTRO INVIATO Stasera tutti alla madonna dì Monte Berico, appuntamento alla curva del Cristo, ore 20,15, l'omelia la fa il sindaco. Cosa dirà, signor sindaco? «Non so ancora, parlo a braccio, dirò che la moralità collettiva è la somma delle moralità individuali, che bisogna uscire da questa angoscia del binomio Stato-anti Stato, l'uno debole, l'altro forte...» Ma a scrutare piazza dei Signori, quest'«angoscia» del sindaco non si vede per niente, lunedì sera alla manifestazione contro la mafia assassina c'erano «quattro gatti», testimonia il poeta Fernando Bandini, qui nella ricca Vicenza, polenta e baccalà, acqua santa e braccialetti d'oro, Goffredo Parise e Radio Maria, qui in corso Palladio, dove non si vede una carta per terra, nel Veneto grasso dove i simboli del vecchio potere bianco volano come gli stracci di un corredo troppo a lungo conservato in cassapanca. Le aziende, dicono le statistiche, nascono e muoiono con più frequenza degli uomini, le tradizioni si arrugginiscono, al vecchio Scudo di Francia servono la polenta a bastoncini, i salotti si diradano, il prende ventre democristiano si scompone, com'è accaduto il 5 aprile, giorno storico della prima grande disfatta de sul campo di casa. Ma sottovoce. Arriviamo a Vicenza calamitati dal rilancio delle apparizioni mariane nella casa dell'ex casellante autostradale Renato Baron; scopriamo un sindaco giovane e rotondo che scala la riconquista politica della cattolicità con una processione alla Madonna, al santuario di Monte Berico,-quello più caro e più prossimo alla pietà vicentina. Il pretesto è il «ricordo di Giovanni Falcone e di tutte le vittime della criminalità organizzata»; il tentativo evidente è quello di edificare un nuovo ponte tra municipio e curia, sindaco e vescovo in tandem, com'era una volta: 0 rumoriano Achille Variati strizza l'occhio al wojtyliano Pietro Nonis. Stasera il sindaco «rappresenterà preoccupazioni e aspettative» della gente; poi - per chi vuole - la processione al santuario, dove il vescovo aspetta. Massi, parte dalla Madonna la via vicentina alla riscossa de. Achille Variati ha 38 anni, sa fare i conti, è matematico (funzionario informatico all'Ambroveneto), non ha moglie, non ha figli, vive in una casa popolare a San Bortolo, siede da due anni in questa specie di museo del Risorgimento che è palazzo Trissino, dicono che potrebbe diventare l'erede di Mariano Rumor, del quale possiede la rotondità del viso e la cerimoniosità dei modi. Si vanta di aver capito la lezione elettorale del 5 aprile, dice che le ultime nomine (all'Ipab e all'Immobiliare Fiera) le ha fatte senza tenere conto delle tessere di partito, pura professionalità e «perciò mi spareranno addosso». Lo declama nel vuoto pneumatico del venerdì sera in municipio, mentre si spegne la settimana di lavoro e lungo corso Palladio si fa più fitto lo sciabordio delle chiacchiere. Lui, Variati, dice che la vicentinità è «laboriosità e ciacole». Parise crudo - diceva che è «forme, malafede, inganni dell'animo, torpori della ragione». Il poeta Bandini (ultima raccolta di Uriche «La mantide e la città»), nella sua bellissima casa di contrà Carpagnon da dove si intrawedono i tetti del centro, parla di «passioni ovattate e ipocrisia intensa». Qualche giorno fa il pretore ha assolto Renato Baron e i suoi trentasette seguaci dall'accusa di turbare l'ordine pubblico per aver attratto migliaia di fedeli alle presunte apparizioni della Madonna nella sua casa di San Martino di Poleo. Riparte il business dell'«Opera dell'Amore», riprendono fiato gli sponsor, dall'ex capocannoniere del Vicenza Toto Rondon all'industriale dell'«Alpilatte» Brezzale. Bell'imbarazzo per la Curia vicentina e il colto vescovo Nonis, anche perché il furbo Baron ha subito fatto sapere che mentre il vescovo qui a Vicenza diffidava i fedeli dal frequentarlo, lui riusciva a farsi ricevere dal Papa, in una delle messe private di prima mattina nella cappella vaticana. La fede, da queste parti, dove proliferano gruppi di preghiera, dove Radio Maria registra punte di audience record, dove nelle sere di maggio è facile incontrare nei giardini piccole folle che recitano il rosario, sente il bisogno di sacralità e di magie. Si vedono madonne a San Vito di Leguzzano, a Marola; a Cologna Veneta una statua di Maria lagrimava fino quando non l'hanno messa in sacrestia; a monte Magre, nella taverna di casa, ogni domenica Flora Mancon fa gli esorcismi. Ma intanto, ci spiega don Lucio Mozzo, direttore del settimanale diocesano «La Voce dei Berici», il volontariato e l'associazionismo non conoscono crisi né flessioni. Il prodigio e l'impegno sociale sono la medaglia e il suo rovescio della cattolicità vicentina. Difficili da ricomporre nella rappresentanza politica: da una parte le tentazioni della Lega, dall'altra la suggestione di Rete e verdi. Il risultato è una de ai minimi storici e il nervosismo del senatore Zoso, per esempio, doroteo, sottosegretario di Andreotti, accusatore del giornale di don Lucio per omesso collateralismo. «Ma noi - risponde il sacerdote - sono sette anni che non facciamo propaganda alla de. In queste elezioni abbiamo dato a tutti lo stesso spazio». E va bene, ma qui la questione politica è la questione democristiana. E don Lucio non ha esitazioni nel dire che la classe politica del dopo Rumor appare scadente: «Il metodo rumoriano consisteva in una trasmissione del messaggio a tu per tu. Nell'ultima campagna elettorale la de non ha organizzato nemmeno un incontro pubblico». Come in Sicilia, dove la raccolta dei voti avviene per scambi, non per opinioni. Un ex come Francesco Giuliari, che dopo essere stato nel '76 il più giovane parlamentare de a soli 27 anni, poi il braccio destro di Zamberletti tra le macerie del terremoto irpino, ha mollato il partito e sposato la causa verde, dice che non c'è speranza: «La de a Vicenza è solo più un partito moderato, borghese, gestore del potere». E attacca i nuovi ricchi che con le seconde case hanno devastato l'altipiano di Asiago, a Gallio, Roana, dove le ruspe «lavorano giorno e notte con il beneplacido delle giunte de fatte da geometri e da lattonieri». Proviamo a cercare la sopravvivenza della vicentinità a palazzo Arrigoni, contrà Cantarane, in casa dell'avvocato Pellizzarì dove la signora Carolina si scusa per l'odore di fritto, ma per cena aspetta trenta ospiti ed è senza cameriera. Soffitti affrescati e foto di famiglia dentro le cornici d'argento, profumo di tradizione e di benessere. «Sì dice la signora - ho un buon ricordo della classe politica di una volta, Rumor, Oliva, Breganze... Erano colti e avevano una professione che li rendeva indipendenti». Quelli di oggi? «Portaborse». La signora dice che i nuovi mostri non sanno di cultura, ignorano il teatro Olimpico, parlano solo di circonvallazioni e fognature. Non osa confessarlo, ma forse nemmeno lei ha votato più per la de, visto che proprio i de, dopo averla nominata, sono stati i suoi grandi avversari all'Ipai (Istituto assistenza infanzia) dove lei, d'accordo con una socialista e una verde, ri¬ sparmiava denaro pubblico e migliorava il servizio. E a dispetto dei politici vanta di aver creato con amici e volontari un centro che calamita, occupa e rincuora centotrenta anziani. E le stesse cose si raccontano negli altri salotti di questa città che vive sotterranea per ceti e per case private: dai Segato (lui medico, lei pittrice) sui colli, dai Sala (ex sindaco), dai Bettanin, a Noventa, il nuovo presidente degli industriali, a casa del conte Paolo Marzotto, accusatore della de dei portaborse. Dal bancone della libreria Due Ruote, dietro piazza dei Signori, sotto le bretellone bianche e blu, sputa sarcasmo Virgilio Scapin, capofila degli eretici vicentini, grande amico di Parise, del quale accarezza un'introvabile edizione Einaudi delle «guerre politiche» e sentenzia: «La vicentinità è morta. Era Parise, Piovene, Neri Pozza, Mariano Rumor, il vescovo Zinato che attraversava la città sulla Mercedes nera con le tendine abbassate emanando mistero, sacralità». E lei come sta? «Benone. Mi sono scavato il rifugio anti - atomico e per mia fortuna i vicentini leggono, tanto, bene, e se si facesse una statistica si scoprirebbe che città e provincia hanno record di librerie». Anche per questo sa un po' di stonato la processione con il sindaco. La signora Carolina dice che non si deve confondere «sacro con profano». Don Mozzo, addirittura, non ricorda un precedente; Bandini non si scandalizza («E' una bizzarria»), ma profetizza che non ci andrà nessuno; Giuliari, tornato a Montecitorio con i verdi, si proclama Scalfari ano: libere Chiesa in libero Stato. Il sindaco smussa, arrotonda, ci fa sopra una bella risata democristiana, scivola via: «Ma l'ha guardata questa città? Si vive bene, i servizi funzionano, c'è un centralino a cui risponde un medico rianimatore 24 ore su 24 per le emergenze, le strade sono spazzate, non c'è una carta per terra, abbiamo un sistema d'avanguardia per la raccolta rifiuti, pulisce e disinfetta tutto». Proprio tutto. Cesare Martinetti Il Comune de cerca aiuti in Curia Ma la «città bianca» ora vive nascosta o tifa Lega e Verdi JtKaP A destra l'Interno del Teatro Olimpico di Vicenza. Sopra l'ex casellante Renato Baron che si è riscoperto veggente e ha fondato l'«Opera dell'Amore». Pochi giorni fa Il pretore ha stabilito che lui e I suoi seguaci non turbano l'ordine pubblico, cosi è ripartito II business A sinistra il sindaco Achille Variati. Sopra Carolina Pellizzarì (FOTO ROSSI] A sinistra il sindaco Achille Variati. Sopra Carolina Pellizzarì (FOTO ROSSI] Il poeta Fernando Bandini non crede nella riscossa sociale della città: «L'altra sera alla manifestazione contro la mafia assassina in piazza c'erano quattro gatti e quasi nessuno parteciperà alla processione organizzata dal sindaco»