«Carcere più duro ai boss della mafia»

«Carcere più duro ai boss della mafia» Nuovi provvedimenti del governo. Un pentito: l'ordine di uccidere Falcone partì da una cella «Carcere più duro ai boss della mafia» L'indagine conferma la pista toscana ROMA. Carcere più duro per i mafiosi. E' quello che vuole fare il governo in aggiunta alle nuove norme antimafia messe a punto venerdì e che ora i tecnici dei ministeri stanno cercando di tradurre in leggi da inserire nel codice di procedura penale. La riunione del Consiglio dei ministri che dovrà ratificare l'offensiva anti-cosche del governo è slittata alla fine della settimana - giovedì o venerdì - per dare tempo agli uffici legislativi di concludere il loro lavoro. Per quanto riguarda la riapertura dei termini del concorso per la carica di Superprocuratore antimafia, il governo sembra comunque intenzionato a ricorrere al decreto-legge per permettere a nuovi giudici, primo fra tutti Paolo Borsellino, di presentare la propria candidatura. Sono ancora da mettere a punto le norme legislative e amministrative tenute segrete da Martelli e Scotti ma ugualmente annunciate, e che dovranno servire a rendere meno facile la vita dei mafiosi, quelli ancora liberi e quelli già in carcere. «Parleremo solo a cose fatte», si limita a dire il ministro dell'Interno Scotti. Si sta pensando di rispolverare vecchi provvedimenti adottati ai tempi del terrorismo, si sta studiando un regime penitenziario più duro per gli «uomini d'onore» e i loro «soldati», per i condannati in base all'articolo 416 bis del codice penale che punisce 1'«associazione per delinquere di stampo mafioso». L'obiettivo non è solo quello di introdurre un nuovo deterrente, ma anche di evitare o quantomeno ostacolare al massimo i contatti esterni dei capi mafia rinchiusi in cella. All'indomani della strage di Palermo che ha ucciso il giudice Falcone, sua moglie e i tre agenti di scorta, il «pentito» Antonino Calderone ha detto che quel delitto è stato certamente deciso da gente che sta in prigione, e che tuttora «dal carcere si possono mandare gli ordini fuori». Le nuove norme dovrebbero servire ad interrompere questa catena, con la speranza di decapitare effettivamente il vertice di Cosa Nostra. Il pacchetto di misure antimafia del governo non è stato quindi ancora definitivamente chiuso, ma già si registrano reazioni alle norme annunciate venerdì dai ministri Martelli e Scotti. Il segretario del psdi Carlo Vizzini ha scritto una lettera aperta al Guardasigilli per spronarlo sulla strada delle riforme del codice di procedura penale e dell'ordina- mento penitenziario perché scrive - «è tempo che in Italia si ritorni a far sentire ai delinquenti che lo Stato esiste ed è in grado di irrogare le sanzioni minacciate». Una modifica da fare, secondo il leader socialdemocratico, è di non considerare più «carcerazione preventiva» quella di chi è stato condannato con una sentenza di primo grado. Il capogruppo socialista alla Camera Salvo Andò saluta con favore il «giro di vite» deciso dal governo, anche se - afferma «c'è da registrare che ancora una volta misure che apparivano da tempo doverose vengono prese all'indomani di un delitto mafioso che ha sconvolto l'opinione pubblica». Il democristiano Vincenzo Binetti, responsabile del dipartimento Giustizia del suo partito, sostiene che oltre a modificare il codice di procedura penale occorre «bonificare l'habitat mafioso smantellando in anticipo la rete di omertà e complicità, come è tempo di una seria riorganizzazione dei servizi di sicurezza». Critico invece il deputato della Rete Nando Dalla Chiesa, per il quale «contro la mafia non servono leggi straordinarie, ma un impegno straordinario dello Stato per far funzionare le leggi vigenti, mentre finora lo Stato non ha neanche applicato un impegno ordinario». Dagli avvocati presenti al congresso dell'Unione delle camere penali in corso in Sicilia le nuove norme sono state accolte con scetticismo, mentre il Consiglio nazionale forense sollecita la «copertura di tutti gli organici della magistratura, primo fra tutti quello del superprocuratore antimafia, e la tempestiva attuazione della legge istitutiva del giudice di pace». [gio. bia.] Fiori, cartelli, cittadini e forze dell'ordine davanti alla casa di Giovanni Falcone

Persone citate: Antonino Calderone, Carlo Vizzini, Falcone, Giovanni Falcone, Nando Dalla Chiesa, Paolo Borsellino, Salvo Andò, Vincenzo Binetti

Luoghi citati: Italia, Palermo, Roma