Che disgrazia essere genio

Che disgrazia essere genio PRIME CINEMA » Film d'esordio della Foster regista Che disgrazia essere genio BRAVA Jodie Foster. Culetto d'oro della pubblicità Coppertone a 3 anni, «nomination» precoce per «Taxi Driver» a 14, due Oscar («Sotto accusa» e «Il silenzio degli innocenti») conquistati prima del traguardo dei 30 (il compleanno è il 19 novembre prossimo). E quest'opera d'esordio, «Il mio piccolo genio», che ha beneficiato della simpatia della critica e pareggiato i costi al botteghino. Un risultato non così ovvio: soprattutto perché l'identificazione fra il bambino superdotato e la neoregista e interprete, nel ruolo della madre, rischiava di produrre un'esplosione di narcisismo. Questo non è avvenuto e non è il solo merito del film. Quando entra alla scuola elementare, Fred già scrive poesie cosmiche in sintonia con l'Eliot di «Terra desolata», dipinge come un postimpressionista (sogna spesso di risvegliarsi nei quadri di Van Gogh) e suona il piano come Pogorelich. La maestra prima lo scambia per un ritardato, poi gli vorrebbe far saltare tutte le classi: in realtà quel mostro mette in imbarazzo lei e gli altri allievi. E Fred, troppo diverso per essere accettato, sarebbe condannato a un destino di solitudine non fosse per la presenza di due partecipi personaggi femminili: la mamma, una cameriera incolta ma piena di amore e fantasia che sa confortare il figlio problematico; e la psicologa Grierson che, per esperienza personale di ex ragazzina prodigio, conosce l'arte di placare l'immenso appetito intellettuale del genietto. Nel contrasto fra le due madri, la naturale e la putativa, la sceneggiatura di Scott Frank configura un po' schematica- mente il dramma schizofrenico di un essere che ha le paure e le necessità affettive di un bambino e la mente superiore di un uomo in naturale armonia con le leggi dell'universo. Per fortuna in una struttura narrativa conformista, con tanto di lieto fine fasullo, l'autrice riesce a ricavare degli spazi di pura sensibilità. Non sarà facile dimenticare il visetto di Adam Hann-Byrd: un piccolo protagonista lunare e corrucciato che ruba lo schermo a due attrici del calibro della Foster e di Dianne Wiest. Né quei momenti di sospensione dal flusso della vita in cui Fred, solo con la sua cartella sulle spalle, esprime il dolore per il mondo di chi sa. Alessandra Levantesi IL MIO PICCOLO GENIO (Little Man Tate) di Jodie Foster con Jodie Foster, Adam Hann-Byrd, Dianne Wiest, Harry Connick Produzione americana 1991 Genere drammatico Cinema Romano di Torino Mignon di Milano Jodie Foster ex bambina prodigio regista e interprete di «Il mio piccolo genio» ha saputo affrontare il tema del genio precoce senza cadere nel narcisismo

Luoghi citati: Milano, Torino