Suicidio Pinelli, giallo bis

Suicidio Pinelli, giallo bis Un giornalista svela la sua verità sulla morte in questura: ma nell'80 ne aveva già scritto Montanelli Suicidio Pinelli, giallo bis «Era amico di Calabresi, si sentì tradito» 1 MILANO UELLA sera a Milano era caldo / Ma che caldo che caldo faceva / E' bastato aprir la finestra / Una spinta e Pinelli cascò». I versi della Ballata di Pinelli, «parole e musica del proletariato», disco clandestino di Lotta continua, riaffiorano da un passato ancora oscuro dopo lo scoop del quotidiano L'Indipendente: un cronista dell'epoca, Gianni Moncini, oggi in pensione, racconta in un articolo di due pagine la «verità» sul caso, o la «sua» verità. Il titolo corre interamente sulle pagine due e tre: «Ecco perché Pinelli si uccise. Calabresi l'aveva tradito così». Ritorniamo alla sera del 15 dicembre 1969, lontano non ventitré ma cento anni. Al mattino si sono svolti i funerali delle vittime della bomba esplosa tre giorni prima alla Banca dell'Agricoltura, in piazza Fontana, tragico inizio della strategia della tensione. A mezzanotte arriva nelle redazioni la notizia che l'anarchico Giuseppe Pinelli si è ucciso, buttandosi da una finestra del quarto piano della questura di Milano. Dal giorno 12 si trovava sotto interrogatorio, con un altro anarchico, Pietro Valpreda. Quel suicidio, frettolosamente archiviato, in un primo tempo, dal magistrato competente, divenne l'epicentro di un violento scontro politico e giudiziario, che durò sei anni. Il caso Pinelli era come una cartina di tornasole: chi prestava fede al suicidio era di destra, chi chiedeva un'inchiesta sulla polizia era di sinistra. Per riaprire le indagini, il quotidiano Lotta continua accusò il commissario Calabresi e il,questore. Guida di aver provocato la morte dell'anarchico (al procèsso per diffamazione, il giornale fu condannato), t La tesi della polizia venne respinta in due libri : Pinelli. Una finestra sulla strage di Camilla Cederna e Pinelli: un suicidio di Stato di Marco Sassano. Dario Fo mise in scena una grottesca ricostruzione del Pinelli «suicidato». Nella controinchiesta di sinistra La strage di Stato, si sostenne che Pinelli fosse stato picchiato a morte, avendo intuito «la funzione di provocatore svolta da qualcuno». Nel suo capitolo delle Bombe di Milano, opera collettiva dei «giornalisti democratici», Corrado Stajano riferì l'ipotesi di una disgrazia dovuta allo stress degli interrogatori: avvicinatosi alla finestra, l'anarchico si sarebbe sentito male, cadendo nel vuoto. Questa è la versione fatta propria dal giudice istruttore, nella sentenza del 1975, che ha chiuso con un'assoluzione il processo per omicidio intentato contro il commissario capo Luigi Calabresi, il capitano dei carabinieri Savino Lo Grano e quattro poliziotti, dalla vedova di Pinelli, Licia Rognini. Secondo il magistrato Gerardo D'Ambrosio, esisteva la certezza, in base alle prove di caduta eseguite con un manichino, che non si era trattato né di omicidio né di suicidio. Dunque non restava che l'ipotesi del malore. Ma «rimanevano sconosciute come scrive Paul Ginsborg [Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi) - le cause vere» di quella morte. Qual è la nuova versione dell'ex cronista Gianni Moncini? «Ed eccoci arrivati finalmente alla verità», così inizia il fondo di prima pagina con cui Vittorio Feltri, direttore dell'Indipendente, annuncia lo scoop. Vediamola, questa verità, che arriva soltanto ora, «a oltre ventanni dalla tragedia». Ecco i punti salienti del lunghissimo articolo di Moncini. 1) «L'anarchico-galantuomo Giuseppe Pinelli detto Pino e il poliziotto-galantuomo Luigi Calabresi detto Gigi erano amici». 2) Dopo i primi attentati (alla Fiera e alla Stazione Centrale) si incontrano in un «vicoletto» proprio di fronte alla questura e Pinelli dice: «Non venire à rompere i coglioni a me e ai miei 3(r$oaid ,y>s«t> òifòs; . <ì «a ' compagni del Ponte della Ghisolfa, vai a Roma: sono quei matti del circolo XXIt Marzo e quel matto di Valpreda; hanno la dinamite e hanno promesso che faranno scoppiare qualcosa a Milano per dimostrare chi sono». 3) Dopo la strage, Calabresi ordisce «un maledetto inganno», mostrando a Pinelli un registratore tascabile e dicendo che l'aveva usato durante il loro incontro: così Valpreda era inchiodato. 4) A questo punto, Pinelli si butta dalla finestra. «Non gridò "è la fine dell'anarchia", gridò "è la fine dell'amicizia"». Il tutto Moncini avrebbe ap- Jireso dallo sfogo di un polizioto'di cui,' però, non ricòrda l'identità, anche se ricorda benis- - otti. ■ astro èia > i : simo le parole. Allora lavorava per il Corriere della Sera. Perché non ne scrisse? Perché sarebbe servito soltanto - scrive oggi - «a rendere ancora più complicata la vita di Calabresi: a guadagnargli, oltre a quelle di "boia", di "seviziatore" e di "assassino", anche l'accusa di "istigatore al suicidio" o di "ricattatore"» (Calabresi, com'è noto, fu assassinato il 17 maggio 1972). Ma a Catanzaro il 3 novembre dell'80, al processo per la strage di piazza Fontana, è chiamato a deporre Indro Montanelli. Su quali circostanze deve testimoniare il direttore del Giornale! Sulla morte di Pineltì! Infatti' in un articolo del 24 ottóbre aveva sostenuto la tesi del suicidio. Ecco i punti salienti delle rivelazioni di Indro Montanelli: 1) «Il commissario Calabresi e l'anarchico Pinelli erano amici...» 2) «Qualche giorno prima dell'attentato di piazza Fontana Pinelli andò da Calabresi e lo avvertì che si stava preparando qualcosa di grosso». 3) Dopo la strage, Calabresi chiamò Pinelli «e gli ingiùnse di vuotare il sacco». Poiché si rifiutava «gli fece sentire, registrate su nastro, le confidenze che lui gli aveva fatto pochi giorni prima, ma tagliate in modo da sembrare una vera e propria delazione». 4) «Pinelli ne rimase annientato. Capì che se i compagni avessero udito quelle sue parole lo avrebbero considerato una spia. E a questa prospettiva preferì il suicidio». Secondo Montanelli, il registratore era stato effettivamente usato da Calabresi per documentare le confidenze di Pinelli, secondo Moncini il commissario aveva solo fìnto di usarlo: questa è l'unica differenza sostanziale fra le due versioni. Ma al processo Montanelli ammise che l'articolo era sbagliato: «Dopo l'articolo, un mio cronista mi ha precisato: "Guarda che nel '75 ti avevo avvertito che non c'era traccia delle bobine". Me n'ero scordato. Insomma, Calabresi aveva puntato al petto di Pinelli un fucile senza cartucce. Ho pensato di rettificare, ma poi ho detto: "Lo'farò al processo"». Davanti ai giudici, Montanelli ridusse la portata delle cose che aveva scritto sul giornale: «Le mie non furono rivelazioni ma semplici opinioni». Negò di avere una fonte qualificata. Disse di essersi basato su voci, raccolte dai suoi cronisti in questura: «Ho raccontato ciò che mi era venuto all'orecchio». Aggiunse che di quelle voci aveva parlato con un magistrato, Vittorio 0ccorsio, poi ucciso dai terroristi neri. Affermò che Occorsio gli aveva detto: «Non so se sono fondate, ma le ritengo credibili». Non aveva riportato questa indiretta conferma sul giornale proprio perché Occorsi o era morto: «Mi sembrava di fare una specie di oltraggio». Ma chi ha lavorato, dopo il Corriere, al Giornale di Montanelli? Gianni Moncini. Il quale nelle sue due pagine dedica a Montanelli otto righe: «Montanelli che disse e scrisse con notevole anticipo su Bocca le stesse cose che adesso scriveva e diceva Bocca - e che per poterle scrivere dovette venir via dal Corriere della Sera e farsi un giornale nuovo - venne "punito" con una scarica di pallottole brigati ste alle gambe». Non è chiarissimo, ma è evidente che non si fa alcun riferimento all'articolo di Montanelli del 24 ottobre '80 né alla sua deposizione del 3 novembre stesso anno. Altrimenti lo scoop non sarebbe stato uno scoop. Alberto Papuzzi Una ricostruzione sulV«Indipendente» L'anarchico pensò d'essere in trappola «incastrato» come delatore e si gettò in cortile dalla finestra I! commissario Calabresi, assassinato nel 72, e sotto il giudice D'Ambrosio Giuseppe Pinelli con la moglie Licia. L'immagine è del 1952, prima del matrimonio Nelle foto grande, gli inquirenti nel punto dove morì l'anarchico, sotto la finestra della questura

Luoghi citati: Catanzaro, Italia, Milano, Roma