«Un altro giudice doveva saltare in aria»

«Un altro giudice doveva saltare in aria» «Un altro giudice doveva saltare in aria» Lo rivela un pentito, nel mirino anche un ufficiale dei carabinieri PALERMO DAL NOSTRO CORRISPOI La mafia aveva preparato anche un altro attentato per uccidere Anna Canepa, sostituto procuratore a Caltagirone, e il tenente colonnello dei carabinieri Umberto Pinotti, che fino a pochi mesi fa guidava il gruppo dell'Arma a Caltanissetta. Anna Canepa martedì scorso ha coordinato un'operazione tra Sicilia, Lombardia, Germania e Belgio con 48 ordini di custodia cautelare in carcere contro la cosca di Niscemi per mafia, 14 omicidi, tre lupare bianche, 7 tentativi di omicidio, traffico di armi e di stupefacenti. Che l'attentato per uccidere il giudice e l'ufficiale dei carabinieri sia stato realmente progettato per essere realizzato l'ha giurato un pentito. Segreta la sua identità, e anzi sulla sua clamorosa rivelazione, dopo che la notizia era trapelata ieri, subito è piombato il massimo riserbo. Un'autobomba sarebbe stata fatta saltare con un radiocomando, come quello utilizzato sabato per uccidere Falcone, la moglie e i tre agenti della scorta. La vettura con molti chili di esplosivo avrebbe dovuto esser piazzata sul ponte Olivo in un tratto della statale tra Vittoria e Gela. L'esecuzione dell'agguato a quanto pare fu affidata al clan capeggiato a Gela dal boss catenese Giuseppe Madonia, inafferrabile da anni, che non è imparentato con i Madonia palermitani, sospettati dell'omicidio dell'industriale Libero Grassi e di aver controllato per molto tempo una vasta fetta del racket e delle estorsioni in almeno un terzo di Palermo. L'attentato alla Canepa e al colonnello Pinotti fu poi rinviato a «tempi migliori», forse a causa della decisa controffensiva delle forze di polizia e della magistratura che ha scompaginato nell'ultimo anno e mezzo i clan mafiosi di Gela e di altre zone della provincia di Caltanissetta. Ma adesso c'è qualcosa che fa temere un collegamento con l'attentato di sabato scorso sull'autostrada A29 e accertamenti sono stati avviati su alcune cave e sui loro artificieri in attività, particolarmente nel comprensorio di Gela. Anche se può trattarsi soltanto di una coincidenza, si cercherà di stabilire in laboratorio se il tritolo utilizzato dalla mafia per l'attentato di sabato sia dello stesso tipo - il «tu- tagex» - due chilogrammi del quale furono sequestrati a Gela nell'alloggio del presunto «picciotto» della mafia Emanuele Iozzia, quarant'otto ore dopo la strage del 27 novembre 1989. In quattro agguati compiuti simultaneamente in altrettante zone della città vennero uccise 8 persone e 7 rimasero ferite. Il procuratore distrettuale antimafia di Caltanissetta Salvatore Celesti ieri intanto s'è dovuto dividere tra le difficilissime indagini sull'attentato a Falcone e alcuni incontri con la terza commissione del Csm guidata dal presidente Ernesto Staiano, qui con quattro componenti. Le riunioni si sono tenute a Catania in mattinata e a Palermo nel pomeriggio, nei due palazzi di Giustizia con l'intervento di parecchi giudici delle quattro direzioni distrettuali antimafia dell'isola (Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta). La più disastrata, quanto a organico, come ormai ampiamente denunciato, è proprio quella di Caltanissetta, benché investita della responsabilità di scottanti processi antimafia lì rimessi dalla Cassazione quando le vittime o comunque gli interessati sono stati magistrati di altri distretti/ come Palermo e Trapani. Dopodomani la terza commissione avanzerà una sua proposta perché a Caltanissetta arrivino urgentemente, magari anche solo temporaneamente, assegnati altri quattro giudici. E tra mercoledì e giovedì - almeno è quanto ha assicurato Staiano - il plenum del Csm destinerà a Caltanissetta i quattro «applicati». Enrico Staiano ha comunque parlato di «totale disponibilità» di numerosi giudici, una quindicina pare, per il trasferimento nella sede nissena. La terza commissione in linea di massima tende a escludere il ricorso ai «trasferimenti d'ufficio» di giudici che operano in altre zone d'Italia e che sono stati previsti dalla recente «legge Martelli». «Ciò richiederebbe - ha detto Gennaro Marasca, uno dei cinque membri del Csm giunti ieri in Sicilia - una procedura assai più complessa e comunque esporrebbe al rischio di ricorsi al Tar purtroppo rivelatisi deleteri quando a tale strumento il Csm ha finito per rivolgersi». E' un'altra stoccata polemica nei confronti di Martelli e della «sua» legge? Antonio torridi Una immagine della strage di Capaci, dovè" ha perso la vita Giovanni Falcone. I boss siciliani avevano intenzione di assassinare un altro giudice, secondo le rivelazioni fatte da un pentito