La caduta dell'on» Pillitteri

La caduta dell'on» Pillitteri La caduta dell'on» Pillitteri «Ma dalla famiglia io non mi dimetto» MILANO. Pillitteri se ne va. Era entrato la prima volta a Palazzo Marino 22 anni fa. Ne è uscito l'altra sera, con lettera di dimissioni da consigliere comunale, firmata per esteso: onorevole Paolo Pillitteri, nato 51 anni fa in quel di Sesto Calende, cresciuto in Valtellina, all'ombra del monte Disgrazia. Addio al palazzo dentro cui ha passato quasi metà della sua vita da consigliere comunale, assessore alla Cultura, sindaco. Addio alle giunte multicolori e smandrappate che ha guidato per cinque anni tra il 1986 e il novembre 1991, tra crisi, litigi, emergenze-mquinamento, emergenze-immigrati, domeniche in bicicletta e sfuriate contro i «tranvieri razzisti». Oggi Paolo Pillitteri, detto Pilli, detto «il cognato» per aver sposato Rosilde Craxi, sorella di Bettino, ha problemi più seri di cui occuparsi. Ci sono gli ex amici finiti in manette che lo tirano in ballo per storie di tangenti miliardarie. C'è il giudice Antonio Di Pietro che lo scorso 2 maggio gli ha fatto recapitare l'avviso di garanzia per ricettazione e concussione. C'è una ri¬ chiesta di autorizzazione a procedere che parte oggi dal tribunale di Milano, destinazione Montecitorio. L'altra sera le sue dimissioni da consigliere comunale sono arrivate nelle mani di Giuliano Amato, commissario spedito da Bettino a rimettere ordine nelle stanze del garofano terremotate dall'inchiesta tangenti. Ufficialmente Pillitteri le ha firmate perché esiste «incompatibilità» tra la carica di consigliere comunale e quella di deputato. Ma la giustificazione ha il valore di un eufemismo. Ora Amato punta all'effetto valanga. Convinto Pilli, si aspetta quelle di Attilio Schemmari (condannato a un anno e otto mesi nel processo Duomo Connection) e di Walter Armanini, il pittoresco ex assessore allo Stato civile, attualmente domiciliato nel carcere di San Vittore per mazzette cimiteriali. Sembra proprio a una svolta in discesa la storia di Pillitteri. Dopo tanta fatica, una laurea in Lettere antiche, i suoi sorrisi smaglianti. Per tanti anni ha dovuto subire i sarcasmi per quel suo benedetto matrimonio datato 1967. «Ho conosciuto Rosilde sui banchi del liceo Berchet - ha raccontato cento volte -. Ci siamo sposati quando Bettino era solo un brillante politico milanese». «La sua firma ha un qualche valore da quando è comparsa in un atto di matrimonio», ha scritto Enzo Biagi. E Sergio Saviane: «Era un vitellone che girava per casa Craxi in ciabatte e canottiera e suo cognato l'ha immesso d'urgenza nel partito più che altro per toglierselo dai piedi». Pilli non ha mai replicato con durezza alle malignità. Si limitava a ripetere: «Sono un uomo di cultura prestato alla politica». E in qualità di «uomo di cultura», Pillitteri ha scritto. Su quasi tutto. Saggi sull'Anna Kuliscioff, il Risorgimento, De Amicis. Ma è il cinema il suo pallino. Ha fatto il critico sull'Avanti! (sciopero della redazione quando fu assunto), insegna Storia del cinema all'Istituto universitario di Lingue moderne, ha firmato saggi su Fellini e la commedia all'italiana. Le arti sono la sua debolezza. Negli Anni Sessanta si è dedicato alla macchina da presa. Nei Settanta al design, presidente della Triennale. Negli Ottanta all'editoria, presidente della SugarCo. Da sempre suona la fisarmonica e agli intimi confida: «Mi piacciono le mazurchette». Le arti, ha saputo coniugarle con i granai progetti e le grandi spe- se. E' sua l'idea di fare acquistare dal Comune di Milano gli stabilimenti dell'ex Ansaldo per trasformarli in «città multimediale», in «Beaubourg alla milanese». Un affare da 40 miliardi. Nella sua carriera, tante amicizie vissute pericolosamente. Soprattutto quella con Salvatore Ligresti che già in anni sospetti (gennaio 87) definiva: «Il più grosso imprenditore di Milano». Per tutti, Pilli era il viceré ambrosiano di Bettino, il «goliardo impenitente», l'uomo designato a sostituire Enrico Manca alla presidenza della Rai. Oggi, le carte dei giudici lo indicano come l'amico del «mariuolo» Mario Chiesa, quello del Pio Albergo Trivulzio, l'mtimissimo di Sergio Radaelh, quello che l'altro giorno ha ammesso l'esistenza di conti in Svizzera, frutto di tangenti. La sua vita è cambiata. Non si fa più vedere in giro. Non è più al tavolo del Biffi o del Savini, all'ora di pranzo. Ha dato addio ai corridoi di Palazzo Marino ben prima di firmare il suo congedo definitivo. Frequenta poco persino il suo ufficio di piazza Duomo (un piano sotto a quello di Craxi), sede dell'Associazione Italia-Somalia, eredità dei bei tempi andati, quando era console onorario per volontà dell'amico Siad Barre. Oggi, mentre scivola lentamente verso l'incriminazione, gli tocca pure ascoltare le cattive voci sulla fine del suo matrimonio. Ed è la moglie che si occupa di troncarle: «E' una falsità enorme. Un'opera di sciacalli e delinquenti che rnirano a distruggere una famiglia bella e unita. Sono pronta a querelare chiunque e chiedere risarcimenti dal mezzo miliardo in su. Che si vergognino». Pino Corrias Rosilde Craxi: «Io divorziare? Voci di sciacalli e delinquenti» 1 i« Paolo Pillitteri, socialista, ex sindaco di Milano, mentre scivola verso l'incriminazione, deve pure ascoltare le cattive voci sulla presunta (e smentita) fine del suo matrimonio con Rosilde Craxi

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