Condannati primario e 3 medici

Condannati primario e 3 medici Paziente ricoverato col femore rotto morì per una polmonite non diagnosticata Condannati primario e 3 medici // caso alMauriziano, nell'autunno di tre anni fa Inflitti 6 mesi, altri quattro sanitari assolti Un paziente con il femore rotto entra al Mauriziano il 10 ottobre del 1989. Ha dei gravi problemi di diabete, schizofrenia, è un fumatore accanito. Viene visitato da più specialisti delle diverse branche. L'operazione al femore riesce, ma il 5 novembre il paziente muore di affezione polmonare. Un caso di disorganizzazione ospedaliera? Il processo in Pretura si è concluso ieri con quattro condanne per omicidio colposo e quattro assoluzioni. Per la morte di Leonardo Angilletta, 30 anni, torinese, il pretore Semeraro, dopo diciotto udienze che si sono protratte per quasi due anni, ha inflitto 6 mesi di reclusione (con doppi benefici e attenuanti generiche) al primario di ortopedia dell'ospedale, professor Giovanni Rocco Viscontini (difeso dagli avvocati Volante e Rossomando). Stessa pena per il suo assistente Luisangelo Sordo (avvocato Tardy), per l'ortopedico Fiorenzo Colombo (Obert e Capelletto), e per l'endocrinologo Sergio Sapelli (Accatino). Per questi imputati il pubblico ministero Ivana Pane aveva chiesto un anno di reclusione. Ha assolto per non aver commesso il fatto i due anestesisti Anna Maria Stara (avvocati Rossomando e Vigliami e Diego Paneghel (Balosso) e i medici di guardia Riccardo Pellerito (Tosi) e il medico di origine finlandese Marketta Sirkka, pneumologo (difesa dall'avvocato Santoni). Il pm aveva chiesto l'assoluzione per Stara e Paneghel, e una condanna a 7 mesi per i medici di guardia. Angilletta era stato investito da un'automobile mentre attraversava piazza Castello. Ricoverato al Mauriziano, venne operato al femore il 27 ottobre. Dopo l'intervento chirurgico iniziò a soffrire di una persistente febbre, che i medici attribuirono a un'infezione passeggera della ferita. Il 5 novembre il paziente peggiorò improvvisamente. Quattro ore di agonia, poi il decesso. Una morte quasi inspiegabile. L'autopsia eseguita dal professor Baima Bellone accertò la presenza di due litri e mezzo d'acqua nei polmoni. Quel referto accusava i medici: «Ci sono state carenze diagnostiche e terapeutiche». La famiglia di Angilletta si costituì parte civile, in seguito si ritirò, dopo il risarcimento dei danni. Le indagini del pubblico ministero accertarono che l'uomo soffriva da tempo di diabete mellito e di schizofrenia tendente all'autismo. Un paziente a rischio, si è detto durante il dibattimento, tutto combattuto a colpi di perizie, presentate dai consulenti del pm e dalla difesa. Secondo i magistrati la responsabilità dei medici è stata di non essersi accorti in tempo della complicazione ai polmoni e di averne sottovalutato i sintomi iniziali. [b. gio.] Gli specialisti di ortopedia e l'endocrinologo attribuirono la febbre ai postumi dell'intervento Leonardo Angilletta, 30 anni, morto di polmonite al Mauriziano