Questa è la nostra Nazionale Se ci cacciano è una vergogna

Questa è la nostra Nazionale Se ci cacciano è una vergogna Milijanic e i serbi non si arrendono: oggi volano a Stoccolma Questa è la nostra Nazionale Se ci cacciano è una vergogna FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Eccoli, i disperati del pallone, sgraditi ovunque, pure nella liberale Svezia che ieri li ha brutalmente dissuasi: «Non venite a giocare gli Europei, la vostra presenza ci creerà solo problemi». I disperati sono i calciatori di ciò che resta della Nazionale jugoslava: disertata a poco a poco dai suoi componenti più fedeli e bravi, questo brandello di squadra che rappresenta un Paese in via d'estinzione è approdata a Firenze per disputare un'amichevole con i viola, osteggiata da sindacati, partiti e associazioni varie. E, qui a Firenze, nella hall dello Sheraton Hotel, la raccogliticcia compagnia serba-montenegrina-macedone ha appreso ieri che gli Europei sono in grossissimo pericolo, che sta verificandosi quanto da mesi era nell'aria. Cioè: fuori gli slavi, che non portano tifosi e dentro la Danimarca che gente, e quindi soldi, ne porterà ad abundantiam. Insomma, gli alberghi sono vuoti, gli stadi saranno mezzi deserti, sono già state versate tutte le la- crime sulla iattura della partecipazione dell'ex Urss al posto dell'Italia. Figurarsi come sono ben visti i resti di una nazione dilaniata dalla guerra civile.. .Ma naturalmente non c'è soltanto questo, nella valutazione. I problemi di ordine pubblico sono pressanti, alla luce di quanto sta accadendo in queste ore. La notizia della manovra di escludere questa Nazionale giunge durante la conferenza stampa di Milan Milijanic, guru del pallone di Belgrado. Mascella alla paron Rocco, sorriso da giramondo, ha testé festeggiato 35 anni di panchina. E sbuffa ai cronisti interroganti sulla tragedia jugoslava: «Basta, parliamo di calcio». Ma la Svezia non vi vuole: imbarazzate il suo governo; lassù vivono migliaia di croati, temono per la vostra si¬ curezza. Il santone del football borbotta qualcosa nel suo idioma internazionale farcito di inglese, spagnolo, francese, italiano e portoghese: «Non sappiamo nulla: ci siamo qualificati sul campo per la fase finale dell'Europeo, la Uefa ci ha dato il benestare. Quindi, partiamo per la Svezia». Il condottiero dei reietti ribadisce: «In Scandinavia andiamo come Jugoslavia. Con la nostra maglia blu, il nostro inno e la nostra bandiera. Sino al 26 giugno questa è la Nazionale forse di una Jugoslavia piccola, ma sempre Jugoslavia. Poi si vedrà. Nel mio Paese la situazione cambia d'ora in ora, questa guerra è una leucemia collettiva. L'unica cosa che funziona è il calcio». Un calcio che dall'87 a oggi ha esportato ben 252 uomini e che aspetta come la manna i 3 miliardi di gettone-Uefa per l'Europeo. Nel pomeriggio un'altra notizia: «il presidente della Uefa, Johansson, ha domandato alla Federazione danese se è in grado di inviare la sua Nazionale. Risposta: sì». Informato, Milijanic sospira: «Non possono farci questo, dopo mesi di tiramoila e as¬ sicurazioni. Se ci cacciano è una vergogna. E' tutto fissato. Aereo, hotel, campi d'allenamento: partiremo come previsto». La prospettiva dell'esclusione turba anche i giocatori. Sono solo 18 dopo che anche Pancev ha disertato («Quest'anno ho giocato troppo, non ci sono con la testa») mutando i bosniaci Hadzibegic e Bazdarevic minacciati di morte se avessero risposto alla convocazione. S'è ritirato, per gli stessi motivi, il et Osim, croato. Con lui Boban, Jarni, Ivkovic, pure croati, e gli sloveni Ka- tanec e Dzoni. Insomma, dei cardini della Nazionale sono rimasti solo Stojkovic e Savicevic (sempre che non si senta di colpo, come Pancev, afflitto da stress). Così, questa Serbia camuffata da Jugoslavia è imbottita di cameadi, quasi tutti del Partizan e della Stella Rossa: parlare della guerra civile con loro è inutile, alla truppa preme solo andare in Svezia: quale occasione migliore per mettersi in luce e conquistare un contratto all'estero? Sogno dei sogni, l'Italia. E come dar loro torto quando hanno sotto gli occhi la fortuna di Savicevic? Col suo guadagno di un anno (1200 milioni) qualunque dei cameadi slavi diventerebbe in patria un superricco vita naturai durante. Definirli cameadi non è riduttivo se persino l'allenatore Cabrinovic, convocato in fretta e furia dal Kuwait, ignora i nomi di alcuni suoi uomini e Milijanic dopo aver elogiato il libero Dubajc, rimediato in extremis nello Stoccarda, s'impappina: «Già, come si chiama, maledizione, non recuerdo, però è muy forte». Claudio Giacchino Milan Milijanic (a destra) guru del calcio Jugoslavo non ha dubbi: «Andremo in Scandinavia con il nostro inno, la nostra bandiera e la solita maglia blu»

Persone citate: Claudio Giacchino Milan, Ivkovic, Jarni, Johansson, Osim, Pancev, Savicevic, Stojkovic