Romiti, amarcord sul banco di scuola
Romiti, amarcord sul banco di scuola Roma, invitato d'onore alla festa d'anniversario dell'istituto in cui si è diplomato Romiti, amarcord sul banco di scuola Incontro con gli studenti, poi l'abbraccio agli ex compagni «Ero un bravo alunno, avevo bei voti in tutte le materie» ROMA. «Dottor Romiti, ma lei non pensa che la cultura dell'industria, del capitalismo, porti all'inaridimento dei valori morali»? Giovanna, 18 anni, ha di fronte a sé l'amministratore delegato della Fiat. Siamo nell'aula magna dell'istituto tecnico Leonardo da Vinci di Roma. Si festeggia il centoventesimo anniversario della scuola e ospite d'eccezione è proprio lui, Cesare Romiti, che negli Anni Quaranta sedeva tra quei banchi e che ora del capitalismo in Italia è un simbolo. Di fronte a lui un centinaio di diciottenni degli Anni Novanta, indecisi tra i capelli lunghi e scomposti alla Rono Vox, il cantante degli U2, e una più timorosa giacca blu. Ma, comunque, con tutti gli interrogativi irrisolti degli adolescenti. Questo Romiti lo sa ed è con la complicità dell'ex compagno di scuola e la sicurezza del capitano d'industria che risponde alla domanda. «Questo è un residuo di quella cultura sessantottesca che ha ostacolato negli Anni Settanta il corretto sviluppo del sistema industriale in Italia, al contrario di quanto accadeva in altri Paesi come la Germania o la Francia. La logica capitalista non va vista nel senso deteriore del termine, ma come la condizione necessaria per perseguire il miglioramento delle condizioni economiche di un Paese. Sarebbe, quindi, un grave errore impedire alle industrie di esercitare il loro ruolo, e, cioè, di creare ricchezza. Spetta poi alla società civile, ai politici distribuire questa ricchezza, eliminando le sacche di povertà». E' la prima volta che Romiti rimette piede nella sua vec- chia scuola. Appena può scende dall'alto della cattedra e raggiunge gli ex-compagni di scuola. La «Compagnia dei Quaranta», così si chiama l'associazione che tiene uniti il gruppo di studenti che in quegli anni frequentava l'istituto, lo accoglie come se si fossero lasciati solo ieri. «Ti ricordi la professoressa di fisica»? «E quella di matematica»? «Facciamo una foto tutti insieme». E' una vera rimpatriata e Romiti ha intenzione di godersela fino in fondo. Percorre i corridoi della scuola, alla ricerca della famigerata terza F, l'aula del suo ultimo anno. Non è facilissimo ritrovarla. Ma Romiti va a colpo sicuro. «Ecco, mi sembra proprio questa». E a colpo sicuro si siede nel suo banco in prima fila. Poco o nulla è cambiato. «Una volta c'erano le stufe a legna ed ora ci sono i termosifoni. Questo è tutto», racconta Carlo Palleschi, ora generale in pensione. Romiti si affaccia alla finestra. E' il momento dei ricordi. Ne viene fuori uno spaccato di vita romana. Altri tempi. C'era il fascismo, il Sessantotto non era nemmeno immaginabile e Romiti era un ragazzo magro, alto con una grande passione per lo sport. Abitava nel quartiere San Giovanni, insieme con altri due compagni di classe, Luciano Alessandrini, poi diventato direttore amministrativo della Ericsson, e Giorgio Caira, dirigente del Credito Fondiario. Cesare, Luciano e Giorgio erano per tutti «I tre moschet- tieri»: sempre insieme. Insieme andavano a scuola: ogni mattina a piedi per risparmiare i sei soldi del biglietto del tram. Insieme organizzavano in primavera le passeggiate in bicicletta per andare a mangiare le ciliegie a Ronciglione, un paese medievale a ottanta chilometri da Roma dove un loro amico metteva a loro disposizione gli alberi. Insieme andavano in Abruzzo, il Gran Sasso era la loro montagna preferita. E a scuola? Com'era l'alunno Romiti? Un alunno modello, dicono tutti. «Non ci credete che ero bravo», insiste lui, «andate a controllare i registri: vedrete che avevo tutti bei voti». Ma, anche un alunno che preferiva evitare le lezioni che considerava inutili, come quella di religione: «Sono riuscito a farmi esonerare in un'epoca in cui era difficilissimo ottenerlo». Suona la campanella delle undici e mezzo che riporta tutti al presente. Per gli studenti che tornano disciplinatamente in classe, e per Romiti che riprende le vesti di amministratore delegato della Fiat. Flavia Amabile Considerava inutile l'ora di religione ed era riuscito a farsi esonerare L'amministratore delegato della Fiat Cesare Romiti con Agnelli
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