«Architetti, rovinate il Castello del Valentino» di Maurizio Lupo
«Architetti, rovinate il Castello del Valentino» Dopo i restauri la sovrintendente accusa «Architetti, rovinate il Castello del Valentino» «Non capisco come Torino possa ignorare così un bene come il Castello del Valentino. E' l'unico esempio di reggia secentesca alla francese che esiste in Italia, ma soprattutto è la più significativa residenza sabauda, perché ci è giunta quasi intatta, senza rimaneggiamenti che ne abbiano compromesso lo stile originario». Se lo chiede la dottoressa Sandra Pinto, Sovrintendente per i beni artistici e storici del Piemonte, che ieri ha annunciato l'avvenuto «restauro campione» degli appartamenti «aulici» del castello. L'opera è stata disposta dal Politecnico, proprietario dell'immobile dal 1859, da quando venne istituita la «Regia scuola di applicazione per gli ingegne¬ ri», nei locali oggi utilizzati dalla Facoltà di Architettura. «L'autorità accademica - nota Sandra Pinto - ha dovuto rendersi conto che l'uso universitario intensivo della reggia non favorisce la sua conservazione. I danni patiti sono rilevanti: sale monumentali sono state trasformate in aule e uffici. Manifesti degli studenti sono stati infissi anche su parti storiche o vicino a antichi affreschi. Il degrado è gravissimo ed impedisce la piena valorizzazione dello stabile». Lo stesso prorettore, la professoressa Vera Comoli ha sorvegliato di persona gli interventi di recupero, di concerto con le tre sovrintendenze, insieme a Michela Di Macco, di- rettrice dei lavori. Dice la prof. Comoli: «Sono problemi che il Politecnico conosce e fin dal 1986 ci siamo mossi con un ampio programma di restauri e di ristrutturazione funzionale del castello. Noi abbiamo messo a disposizione 3 miliardi. Ne abbiamo ricevuti altri 14 dal Fio. La Cassa di Risparmio di Torino ne ha stanziati 4 e mezzo. Dal ministero dei Beni culturali sono giunti invece 400 milioni. Ci rendiamo però conto che questo sforzo non può essere disgiunto da un alleggerimento delle presenze studentesche. Il castello è frequentato da 6500 persone. Cinquemila sono di troppo. Dovremo ricollocarle altrove, ma potremo farlo solo quando sarà avvenuto il raddoppio del Politecnico in corso Duca degli Abruzzi. Sia chiaro però che non intendiamo cedere il castello. E' il suo uso continuo che lo ha salvato dall'abbandono, al contrario di esempi come Villa della Regina». Sono stati rifatti i tetti, gli impianti di sicurezza ed è stata realizzata una manica nuova, a ridosso della Palazzina della Promotrice delle belle Arti. «Un edificio - commenta la Soprintendente - che avrebbe dovuto essere una presenza a termine. Invece è diventato un'installazione fissa, che si rivela molto intrusiva rispetto al complesso monumentale e ambientale, che andrebbe tutto restituito all'uso museale, secondo una vocazione già rivelatasi nell'Ottocento. Già ai tempi di Carlo Alberto questa reggia era sede delle esposizioni nazionali e universali d'arte e industria». Il recupero degli affreschi e degli stucchi al piano nobile ha comunque incominciato ad ovviare ai danni del passato e a restituire alla collettività la visita degli appartamenti che conobbero le feste e le passioni di Madama Reale e del suo amante Filippo d'Agliè. «L'ingresso è libero - assicura Vera Comoli basta chiedere in portineria». Ma alla Soprintendenza «questa visita in punta di piedi» non suscita entusiasmi. «E' ben diversa da un organico impegno museale che rilanci il circuito delle residenze sabaude». Maurizio Lupo Uno dei soffitti affrescati e ripuliti del Castello al Valentino frequentato da oltre seimila studenti di Architettura Il prorettore Comoli: «E' l'uso che l'ha salvato dall'incuria»
Persone citate: Carlo Alberto, Comoli, Michela Di Macco, Sandra Pinto, Vera Comoli
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