Bosnia: soldi si, profughi no di Foto Epa

Bosnia: soldi si, profughi no Roma ribadisce la sua linea e stanzia 125 miliardi, ma «la frontiera è aperta» Bosnia: soldi si, profughi no Dopo l'appello-minaccia croato ad accogliere rifugiati Da tutta la Penisola singole famiglie offrono ospitalità ROMA. Aiuti sì, profughi no, almeno non in massa. Il Consiglio dei ministri ieri mattina ha ribadito la sua linea verso i disperati della Bosnia. Aggiungendo di nuovo un cospicuo stanziamento di 125 miliardi da spendere in loco, tratti dai fondi del ministero degli Esteri. Ma al governo croato che aveva lanciato all'Italia una sorta di ultimatum, minacciando di spedire alla frontiera 2000 fuggiaschi se l'Italia si fosse rifiutata di accoglierne ordinatamente 10.000, non risponde né sì né no. «Il governo non se ne è occupato»: risponde evasivo il sottosegretario Nino Cristofori. «Non abbiamo mai respinto nessuno», fa sapere il ministro per l'Immigrazione, Margherita Boniver, lasciata sola con la patata bollente dei profughi in questo difficile frangente politico. In sostanza, il governo italiano dimostra ancora una volta la sua sensibilità al problema, ma fa orecchie da mercante davanti alle sempre più pressanti richieste croate e slovene. E' vero che 125 miliardi sono un'enormità, se paragonati agli 8 e mezzo sbloccati la scorsa settimana, ai 7 e mezzo già spesi l'anno scorso. E se confrontati al nulla stanziato o speso, fino ad oggi, dagli altri partners europei. La stessa Germania, che ha autorizzato, come misura umanitaria, a costo zero, i ricongiungimenti familiari con gli jugoslavi già immigrati. E tuttavia i fondi serviranno essenzialmente per finanziare campi e altre forme di assistenza nella stessa Jugoslavia. I miliardi - ha ribadito Cristofori - saranno spesi «nel territorio delle nazioni sorte con la fine della federazione jugoslava», vale a dire in Croazia, Slovenia e Bosnia Erzegovina. Quanto ai profughi, mentre da tutta Italia alla sala operativa di Trieste arrivano in gran quantità offerte di ospitalità da parte di singole famiglie, il governo al momento non sembra avere piani né per accettarli né per respingerli. Al ministero dell'Immigrazione si limitano a considerare i «casi umanitari», vale a dire le eccezioni, aggiungendo tuttavia, non senza ambiguità, che «il decreto approvato autorizza il ministro dell'Interno a concedere permessi provvisori di ingresso nel territorio italiano, validi 60 giorni». E se arriva la nave da Spalato con i minacciati 2000 esuli, in gran parte donne e bambini? Nessuna risposta. Solo l'iniziativa di ieri di vedere insieme le principali associazioni di volontariato, per un coordinamento, anche in vista di una possibile emergenza. Accadrà come con gli albanesi? Sicuramente si prende tempo. Contando intanto sulla capacità dissuasiva del danaro. E poi sui. risultati dell'offensiva diploma-, tica congiunta delle Nazioni Unite e della Cee contro la Ser-i bia. Ieri a Bruxelles i tecnici del-', la Comunità Europea hanno cominciato ad esaminare il ventaglio di possibili sanzioni, a parti re da un embargo economico. Nessuna obiezione di principio. Le osservazioni di Grecia e Francia - la prima per i suoi in-; teressi nella regione, la seconda: perché chiedeva che si colpisse' anche la Croazia se avesse con-i tinuato a combattere in Bosnia sono state superate. Si discute' sull'estensione dell'embargo, se] deve colpire solo le esportazioni Cee verso la Jugoslavia o anche le importazioni. Le decisioni dovrebbero essere prese dal Consiglio dei ministri degli Esteri comunitari che si terrà la prossima settimana a Oslo nel quadro del Consiglio Atlantico. Maria Grazia Bruzzone Madre e figlio al sicuro In una delle strutture di accoglienza predisposte a Trieste per i profughi fuggiti dalla Bosnia Erzegovina [FOTO EPA]

Persone citate: Cristofori, Margherita Boniver, Maria Grazia Bruzzone Madre, Nino Cristofori