FORTE PERCHE' SOLO di Sergio Romano

FORTE PERCHE' SOLO FORTE PERCHE' SOLO CON i modi cortesi e garbati di un vecchio gentiluomo piemontese il Presidente della Repubblica ha ringraziato i deputati a cui deve la sua elezione. Ci permettiamo di sperare che quel ringraziamento sia soltanto un indice dello stile presidenziale e che Scalfaro, in cuor suo, non si senta obbligato da debiti di gratitudine. Il nuovo Capo dello Stato non è stato eletto dai partiti, ma contro la loro volontà. A molti osservatori era parso, sin dai primi giorni, che egli fosse, insieme con Spadolini, l'uomo più adatto a presiedere il Paese nella fase difficile che ci attende. E' stato eletto soltanto ora, dopo la morte di Falcone, perché i partiti hanno tenacemente tentato, per dieci giorni, di mandare al Quirinale un uomo funzionale, alle loro combinazioni e si sono arresi soltanto quando hanno compreso che stavano dando al Paese la prova estrema della loro crisi. Scalfaro non è il risultato dei loro disegni, ma della loro impotenza. Non ha debiti, non ha padri putativi, non è una casella sullo scacchiere delle strategie che hanno spesso condizionato la scelta dei candidati presidenziali. Grazie alle circostanze della sua elezione Scalfaro non è condannato ad essere l'ultimo Presidente di un regime morente, ma può essere il primo presidente di un'Italia rinnovata. Sappiamo che la sua carriera appartiene alla storia della Repubblica e che egli stesso ha fortemente difeso negli ultimi mesi il ruolo del Parlamento. Ma non può ignorare che la Costituzione, di cui diventa il garante, è stata adattata, talora arbitrariamente, alle esigenze della partitocrazia italiana. Egli sa che i poteri costituzionali del Presidente sono stati sistematicamente ignorati o attenuati; che la formazione dei governi avviene ormai secondo una prassi che non ha al¬ cun rapporto con quella disegnata dai costituenti; che i ministeri si fanno e si disfano nelle segreterie dei partiti: che le riforme regolamentari degli Anni Settanta, introdotte per compiacere i comunisti, hanno ampliato le competenze delle assemblee a scapito dei poteri dell'esecutivo: che il Consiglio superiore della magistratura (lo conferma il chiasso indecoroso che ha accolto il discorso di Martelli in memoria di Falcone) non è più un consiglio dello Stato, ma un altro parlamento, non meno riottoso e emotivo di quello a cui lo stesso Scalfaro, negli scorsi giorni, ha cercato di impartire lezioni di buona educazione. Scalfaro può, se lo vuole, «tornare allo Statuto». Non sarà ancora la grande riforma che il Paese attende dalla classe politica italiana, ma sarà pur sempre un primo passo per uscire dalla palude partitocratica in cui stiamo affondando. Crediamo che vi sarà spinto dalle circostanze. I partiti che non sono riusciti a eleggere il «loro» Presidente della Repubblica ci daranno ancora una volta nei prossimi giorni, quando cominceranno le trattative per la formazione del governo, lo spettacolo delle loro piccole, indecorose «guerre civili». Toccherà al Capo dello Stato allora utilizzare pienamente tutte le norme della Costituzione per evitare che il Paese assista ancora una volta alle manovre disdicevoli di una partitocrazia sfiatata. Sarà spesso solo con la propria coscienza, ma si accorgerà rapidamente che il Paese è con lui. La riluttanza con cui egli è stato eletto gli conferisce paradossalmente un forte mandato. La distanza dai partiti e la solitudine, che in altre circostanze sarebbero state un fattore di debolezza, sono la sua forza. Sergio Romano

Persone citate: Scalfaro, Spadolini

Luoghi citati: Falcone, Italia