Davanti alla Bersagliera sull'attenti Paternostro & Soci

Davanti alla Bersagliera sull'attenti Paternostro & Soci TIVÙ'& TIVÙ' Davanti alla Bersagliera sull'attenti Paternostro & Soci PAOLO Beldì, il regista di «Diritto di replica» (Raitre) è sicuramente uno dei più sadici uomini di televisione. Lo è a ragion veduta. «Diritto di replica» è quella bella trasmissione di Sandro Paternostro nella quale appunto si concede agli ospiti, quattro per serata, tre minuti per replicare alle cattiverie o inesattezze scritte e dette sul loro conto. Un rito intelligente e civile, tra i pochi della televisione. Ma che pone alcuni problemi di forma e sostanza. Il principale è questo: chi va in televisione, oggi, ha comunque ragione. Per il solo fatto di essere là, davanti all'occhio della telecamera, è protetto. Se poi ha anche successo, come alla lunga capita a tutti, allora diventa inattaccabile. Qualsiasi eventuale critica al personaggio perde di significato. Viene subito bollata con il marchio infamante dell'invidia. Insomma, per usare un linguaggio sportivo, tra i giornali e la tv non c'è match. Come ha ben spiegato una volta Maurizio Costanzo, «è come sparare con un cannone contro un fucilino». Questo, prima di bombardare Aldo Grasso, che aveva osato criticarlo dalle colonne «pur gloriose» del Corriere della Sera (dicono così: pur gloriose, per non giocarsi la testata). Così, fa benissimo Paolo Beldì a essere crudele con i risentiti ospiti di «Diritto di replica». Quelli parlano, espongono le loro ragioni. Tutte giu- stissime, almeno fin tanto che stanno lì, in tv. E lui, Beldì, inquadra vuoi le scarpe bicolore, vuoi il gioiello pacchiano, la bocca aperta, la faccina scettica di Paternostro. E suggerisce: guarda quanto parlano questi, vedi come si prendono sul serio, quanto si sentono feriti. Con quello che succede in giro. Ma capita a volte che anche Beldì abbassi la guardia. E' successo nella puntata di sabato scorso. Ospite d'onore, Gina Lollobrigida, la bersagliera bersagliata dalla critica per aver osato esporre una sua scultura (un bambino a cavallo di un'aquila: «Vivere insieme») all'Expo di Siviglia. Dove, na¬ turalmente, l'opera della Lollo ha finito per attrarre l'attenzione della stampa straniera più delle nostre mirabolanti tecnologie, frutto di puro genio italico. La stampa straniera, si sa, è una nostra fissazione: come ci vedono all'estero? Perché continuano a parlare di Cicciolina e Alessandra Mussolini invece che dei nostri raffinati giochi d'alleanze in Parlamento? Perché la Lollo fa più notizia del Cnr? All'estero potrebbero rispondere: e voi, perché vi interessate più di Gullit e degli amorazzi di Lady Diana che degli accordi di Maastricht? Ma se ne fregano. Non usano il diritto di replica. Breve. Mentre la Lollo esponeva le sue giuste ragioni contro la stampa e i sette invidiosi parlamentari che hanno proposto sul caso (?) un'interrogazione a Montecitorio, ci si aspetta il solito trattamento. Primo piano dell'orecchino tempestato di diamanti, particolare delle scarpe turchese-rosa, zoomata sul lifting. Invece, niente. Il Mito era inquadrato di fronte, a camera fissa. Come Cossiga nei messaggi al Paese. C'è stata perfino una carrellata fotografica con i potenti della storia, dallo Scià a Tito, da Fidei a Reagan, alla regina d'Inghilterra. Con tanto di medaglie, riconoscimenti, nomine. Una noia. Pazienza, sarà per la prossima volta. Curzio (Maltese Gina Lollobrigida

Luoghi citati: Inghilterra, Siviglia