Mio marito, signora Coriandoli

Mio marito, signora Coriandoli Parlano le mogli dei comici: come sono, in casa, gli uomini che fanno ridere? Mio marito, signora Coriandoli Tra le unum domestiche, cupi o frenetici ROMA. Com'è il comico nel segreto delle pareti domestiche, quando la moglie lo vede e il pubblico no? Lugubre, secondo tradizione? Oppure scatenato, giocherellone, tutto uno scherzo, un frizzo, un lazzo? O ancora tragico, ripiegato su se stesso, come Amleto sul teschio di Yorich? Insomma è divertente, palloso, imprevedibile vivere con la signora Coriandoli o Johnny Stecchino? Dipende. Dipende da lui. Ma anche da lei, ovvio. Ci vuole un grande umorismo, per sopportare l'umorismo a getto continuo. Ma è poi così vero che nell'intimità il comico è diverso dall'uomo comune? Dice Carla Urban, compagna da sette anni di Maurizio Ferrini: «Io credo che sia diverso anche se non posso far paragoni avendo convissuto solo con Maurizio. E mi sono innamorata dell'uomo, non del comico, proprio perché l'uomo era assolutamente in antitesi col comico. Giovane, pulito, intelligente, sobrio. Ci siamo conosciuti una mattina, per caso, nei corridoi della Rai. Io ero lì per intervistare le donne di "Quelli della domenica", ma volli fare anche un'unica domanda a tutti i maschi presenti: come dev'essere la vostra donna ideale? Ferrini rispose: fine, con un abito che cada bene e di poco appetito». Lei, è così? «Non lo so, può darsi. Certo, una cosa di cui sono fermamente convinta è che è stato proprio questo suo straordinario senso dell'umorismo a cementare la nostra unione. Anche se a volte la sua grande esuberanza mi mette in crisi, perché sono più vecchia di lui e comincio ad essere un po' stanca». Significa che lui, in casa, si sente continuamente in dovere di fare il comico? «E' nella sua natura. Anche se in casa è di una comicità paradossale, molto diversa da quella della scena. Inoltre, improvvisa sempre, sia in casa sia sulla scena: cosa che, all'inizio, mi riduceva i nervi a filacce. Perché io sono un'ansiosa che ha sempre paura di tutto, del treno, della macchina, dell'aereo: immaginiamoci dell'improvvisazione». Anche Gianfranco D'Angelo è uno che se ne sta sempre sopra il rigo, con molti alti e pochissimi bassi. I bassi coincidono di solito coi momenti della creazione, quando diventa teso, addirittura irascibile: «Allora, io scompaio silenziosamente dalla scena», dice Annamaria D'Angelo, che lo ha sposato, 33 anni fa. «Ci siamo incontrati per strada, lui allora era impiegato della Teti, ma già con velleità artistiche: d'altronde la sua è una comicità innata. Anche in casa è divertente, sempre con la battuta pronta, allegrissimo. Quando si è sposata nostra figlia Simona, padre e figlia sono arrivati sino alla porta della chiesa ballando, come due cosacchi del Don. Poi, entrati, si sono messi a cantare a squarciagola la marcia nuziale». Renzo Arbore eterno goliarda in gilet e clarinetto, si è vietato di crescere: e porta questa sua lieve fanciullezza non solo sul piccolo schermo, ma nella vita di tutti i giorni. Basta vedere la casa giocattolo: piccina piccina, con vista sui tetti, pareti gialle, due juke-boxes, le torte in plastica sulla tavola sempre apparecchiata, un campanello che suona facendo di volta in volta il verso al grillo o al canarino, un terrazzo in cui i fiori veri si mescolano a quelli fìnti in un incredibile pout-pourri: «La casa che ho sempre desiderato: piccola, piena di fiori, popolata dai miei giocattoli di scapolo fantasista. Perché la casa è il posto dove si ride e si piange, non un'inutile vetrina per gli altri. Anche se io cerco di sorridere il più possibile: sono un ottimista nato, sempre teso al positive thinking». C'è poi chi è preda della propria comicità come di una malattia che lo divora e non lo abbandona mai: è il caso di Roberto Benigni sempre agghiacciante, delirante, lunare e un po' folle nella vita come nei film. Cosa che gli è facilitata dal fatto che la sua compagna di vita, Nicoletta Braschi è anche sua compagna di film, e quindi ormai abituata a questa sorta di becero con l'animo del Pierrot che non rinuncia mai a fare lo scemo del villaggio, anche se solo in apparenza. Uno che, racconta, si è accorto un giorno, all'improvviso, di poter fare ridere. Ma un giorno, quando? «E' stato il 14 luglio del '69, alle quattro del pomeriggio. Improvvisamente mi scattò questa cosa che saranno state le quattro, le quattro e dieci. Io non avevo l'orologio ma lì vicino c'era uno che si chiamava Mario e gli dissi, per piacere, che ore sono? E lui mi rispose: non lo so, le quattro, le quattro e dieci». Ci sono anche i comici tristi, secondo le migliori tradizioni. E i comici che non sanno ridere su se stessi, ma solo sugli altri: come Nino Manfredi. Dice la moglie, Erminia: «Anzitutto vorrei precisare che Nino non è un comico, bensì un attore brillante, che quando deve affrontare il tragico, diventa comico. Nella realtà di tutti i giorni, è una persona profondamente malinconica portato a prendere le cose in modo drammatico: riesce a riderci su soltanto se non lo toccano direttamente. Diciamo che quando fa dello spirito, è sempre a spese degli altri». Oddio, non sembrerebbe poi tanto facile, vivere con un tipo così. «Io non mi sono mai chiesta se vivere con lui sia facile o diffìcile: sono una siciliana di educazione tradizionale e quando ho deciso di fondare la mia famiglia non mi è passato neppure per la testa che potesse trattarsi di una cosa facile». E in questi 37 anni di vita coniugale, facili o difficili, Manfredi che cosa le ha insegnato? «A ridere. Potrà sembrare strano ma è come se il suo humour si fosse trasferito in me: io oggi sono una che riesce a prendere la vita con la massima ironia. Anche per quanto riguarda la mia professione, la moda: ho imparato a scomporre, ricomporre, filtrare e i questo modo annacquare le cose che potrebbero apparire drammatiche. Che altro? Con Nino non ho mai avuto modo di annoiarmi». Bello: e come si è formata questa straordinaria coppia di spiriti ameni? «Tipo agenzia matrimo- niale: attraverso la moglie di Bonagura che sponsorizzava Nino con me. E viceversa. Ci siamo sposati 38 anni fa. E già le nostre nozze sono state una lunghissima risata. Il prete era inglese e non capiva niente, i parenti avevano sbagliato chiesa e noi lì, davanti all'altare per tutta la mattina, a ridere come matti. Da allora, si può dire, non abbiamo più smesso». «Mamma mia che tristezza, dover ridere in continuazione» dice Lucia Banfi: a lei non succede; per fortuna, perché Lino è un tipo tristissimo. Ed è sempre stato così? Sempre: sin da quando, ragazzi, si sono incontrati e lui già voleva fare il comico, che idea. E poi nei primi tempi di matrimonio, quando lui era nell'avanspettacolo e lei lo seguiva, portando con sé la figlia Rosanna, ancora piccola. «E ogni tanto gli prendevano le crisi, voleva piantar lì tutto; mentre io lo incoraggiavo, perché sapevo che questa era la sua vera vocazione e credevo in lui». E ora che è finalmente arrivato, le crisi sono finite? «Per carità, no. Lino in casa non è certo allegro, ma uno che si macera dentro in continuazióne. Diciamo che ha un carattere molto serio tendente alla malinconia e si sfoga scrivendo poesie: tristissime. D'altronde a me piace così, posato e responsabile, non potrei mai sopportarlo com'è sulla scena». Carlo Verdone è gentile, timidissimo e parla sottovoce descrivendo se stesso tra le mura domestiche. La moglie Gianna, biologa, non accetterebbe mai di farlo: rifiuta ogni domanda sul marito che fa il comico, ma, per lei: «E' come se facesse il bancario o l'elettricista, non ci vedo nessuna differenza». «Gran donna, Gianna, così assolutamente sicura di sé, logica, razionale, ordinalissima, tanto io sono insicuro e pieno di dubbi. Così, su mia moglie riverso gran parte delle mie paure e delle mie angosce e, da mammone quale sono, mi sento un po' suo figlio. Ho sempre avuto bisogno di una spalla, su cui appoggiarmi. E quando sono solo e mi sento depresso, mi guardo nello specchio e mi dico: "A Carle, ma chi te l'ha fatto fa' di diventa Verdone?"». Donata Già neri Lino Banfi poeta tristissimo Arbore: la dimora giocattolo D'Angelo sempre sopra il rigo L'allegria di Nino Manfredi comico nel seeti domestiche, ie lo vede e il gubre, secondo pure scatenato, utto uno scherlazzo? O ancora o su se stesso, l teschio di Yo è divertente, vedibile vivere Coriandoli o o? nde da lui. Ma vio. Ci vuole un o, per sopporta getto continuo. ro che nell'intiLino BanArbore: laD'AngeloL'allegria A fianco, Carlo VIn basso: il single A fianco, Carlo Verdone, sposato con Gianna,- biologa In basso: il single Renzo Arbore e Gianfranco D'Angelo

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