Gli Usa: Belgrado come Baghdad di Fabio Galvano

Gli Usa: Belgrado come Baghdad ^America alza la voce, la Cee coinvolge la Russia nella schieramento anti-serbo Gli Usa: Belgrado come Baghdad Baker: potremmo ricorrere alla Risoluzione del Golfo Per la Bosnia i Dodici accusano apertamente la Serbia LISBONA DAL NOSTRO INVIATO Il mondo si unisce contro la Serbia. Gli Stati Uniti, di fronte all'dncubo umanitario» della Bosnia, non escludono più un intervento dell'Orni simile a quello in Iraq. Ma anche la Russia e le altre Repubbliche ex sovietiche sono state ora coinvolte dalla Cee nella ricerca di una soluzione alla crisi jugoslava. Al segretario di Stato americano James Baker, secondo cui è impensabile un'azione unilaterale statunitense ma occorrerebbe semmai «pensare a un ricorso al capitolo 7 della carta Onu», quello che prevede la possibilità di un intervento militare se la pace e la sicurezza internazionali sono minacciate, il ministro degli Esteri russo Andrej Kozyrev ha replicato ieri che «è necessaria l'urgente adozione di chiare misure, di passi rigorosi e coraggiosi». Ha aggiunto Baker: «L'uso della forza, a questo punto, è una questione ipotetica, così come è stato a lungo nella crisi del Golfo». Ai ministri dei Dodici, che dopo le perplessità di sabato attribuiscono esplicitamente alla Serbia e all'esercito federale la «principale responsabilità» della situazione in Bosnia e indicano come «altamente desiderabile» un coordinamento della pressione su Belgrado con le Repubbliche ex sovietiche, l'uomo del Cremlino ha risposto con i fatti: già ieri sera è partito per Belgrado, da dove spera di poter successivamente raggiungere Sarajevo per «cercare di sbloccare l'aeroporto e ottenere il cessate-il-fuoco su un più ampio territorio». Sull'invio di truppe Onu, che Baker ha indicato come «ultimissima risorsa, se falliranno tutti i mezzi politici, diplomatici ed economici», Kozyrev non si è pronunciato, ma ha indicato che «sarebbe un grave errore» se l'Onu ritirasse le forze già schierate: «Chi altri - ha domandato - sosterrebbe un minimo di stabilità?». Anche la seconda giornata della Conferenza di Lisbona per gli aiuti all'ex Urss, che si è pronunciata fuori programma sulla crisi jugoslava esprimendo «sconcerto» per l'escalation della forza e denunciando «l'immensa sofferenza umana che potrebbe avere un effetto destabilizzante nella regione e compromettere anche altrove in Europa gli sforzi di riforma», ha così fatto da sfondo a un dibattito sulla situazione balcanica. Da Lisbona emerge una «piena sintonia fra la Cee e la comunità intemazionale» - nelle parole della presidenza portoghese nella volontà di intensificare la pressione internazionale su Belgrado. Si riparla delle sanzioni che un comitato di esperti dovrà identificare martedì a Bruxelles. Lo stesso ministro portoghese De Deus Pinheiro ha indicato quali potrebbero essere le misure contro Belgrado, che devono essere «progressive» e quindi condizionate dalle reazioni. Blocco ai commerci, ai crediti, alla cooperazione scientifica, agli accordi bilaterali, ai collegamenti aerei, persino alla partecipazione ad avvenimenti sportivi, infine un blocco petrolrferio. «Vogliamo inviare un chiaro segnale - ha detto Pinheiro - che non siamo disposti ad assistere passivamente a quanto accade». E' la stessa linea della fermezza seguita da Baker. «La comunità mondiale è esterrefat¬ ta», ha detto il segretario di Stato: «E' evidente che non esistono motivi tali da impedire una condanna o l'adozione di misure per porre fine a quest'incubo umanitario». Ma ancor più energica è parsa la posizione del ministro tedesco Klaus Kinkel. «E' urgente trovare una soluzione perché la gente ha l'impressione che siamo impotenti mentre le uccisioni continuano». Fabio Galvano

Persone citate: Andrej Kozyrev, Baker, James Baker, Klaus Kinkel, Kozyrev, Pinheiro