«Non è mafia, questo è terrorismo» di Francesco Grignetti

«Non è mafia, questo è terrorismo» Commemorazione in Parlamento di Oscar Luigi Scalfaro: tragico richiamo alla realtà «Non è mafia, questo è terrorismo» «Chi c'è dietro questo atto di guerra che è finalizzato a creare sgomento?» ROMA. Scattano tutti in piedi, i mille grandi elettori, quando entra in aula il presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro. E' il momento di commemorare un onesto giudice, assassinato con sua moglie e tre agenti di scorta. E per un momento nel Parlamento si accantona il problema dei problemi, l'elezione del Quirinale. «E' come un tragico richiamo a una allucinante realtà», esordisce Scalfaro con voce ferma. Pausa. Poi dice tutto d'un fiato: «Qui un'assemblea che cerca ormai da dodici giorni con grande impegno ma anche, riconosciamolo, anche con incomprensioni e incertezze, di dare alla Repubblica il suo Presidente; fuori di qui l'aggressione violenta e sanguinaria allo Stato democratico». Molti tra i mille, a questo punto, crollano il capo. Annuiscono. Ma il discorso di Scalfaro - il cui nome, nelle ultime trattative per il Quirinale, torna sempre più di frequente - non concede troppo alla retorica. Legge con commozione trattenuta le dodici cartelle del suo discorso. E calca sulla voce soltanto quando arriva a certi passaggi cruciali: «sconcerto, rabbia, desolazione... un'intelligenza viva e ricca... una rara capacità di lavoro... inflessibile nella sua determinazione..». Tra le righe, si coglie la matrice dello Scalfaro cattolicissimo: «In questi tremendi episodi - dice pare sconfitto, dolorosamente sconfitto, lo Stato democratico e sconfitta la democrazia, perché è sconfitto l'uomo nei suoi diritti, nella sua dignità, nei suoi valori. E' pensiero di verità che dobbiamo con umiltà cogliere e meditare». Ma la commemorazione inevitabilmente scivola sul terreno politico. Tre i punti fondamentali: la natura intimamente terroristica di questa strage mafiosa, un richiamo ai partiti perché escano dall'impasse degli ultimi giorni; la difesa a oltranza del Parlamento, prerogative e tempi lunghi compresi. «Troppe volte - echeggia solenne la voce di Scalfaro nell'aula - gli interessi di parte e di partito sopravanzano il respiro della Repubblica. Si aprono alla nostra intelligenza e al nostro animo in¬ terrogativi: è solo mafia questa? Ma non ha anche il marchio atroce e inumano del terrorismo? Chi ci può essere dietro un atto di guerra così spietato, così clamoroso, così evidentemente finalizzato a creare sgomento?». E incalza, il presidente della Camera, bacchettando l'andamento degli ultimi giorni, la carneficina di candidati che finora ha impedito l'elezione di un Presidente della Repubblica. «Tutto ciò avviene mentre il mondo politico appare debole, sconcertato, quasi ferito nella fiducia; non subito capace di raccogliere la voce del popolo che si è espressa nel voto; non subito capace di liberarsi dalle miserie di una politica più idonea ai "no" imbelli e orgogliosi che ai "sì" fatti di sacrifici per la gente, per la patria». E ancora, sempre più accigliato: «Troppe volte il senso dello Stato che è amore alla comunità, alla gente, al bene comune, sembra entrare in ombra di fronte a piccole visioni degne di piccoli uomini». Ecco come s'è ridotta la politica, secondo le parole di Oscar Luigi Scalfaro, già magistrato e costituente, uomo politico che ha vissuto ogni stagione della Repubblica. Ma non tutto è perduto. C'è pur sempre un Parlamento da difendere: «Che l'elezione del Capo dello Stato comporti discussioni, intrecci di dialoghi, esperimenti, preoccupazioni nel mondo politico parlamentare non è patologia. Non è degenerazione di un Parlamento che solo lo scrollone di un delitto può riportare sulla retta via. Questa valutazione è ingiusta e non vera». No, c'è speranza. E le parole di Scalfaro propongono ai parlamentari la via della riscossa: «Reagiamo allo scoramento e alla desolazione. La democrazia può essere ferita, ma se ognuno crede nel proprio dovere, nessuna, dico nessuna aggressione potrà mai avere ragione. La democrazia vincerà la tremenda battaglia della prepotenza e del delitto. Sta a ciascuno di noi poterne dare certezza». Termina qui il discorso di un Presidente. I mille applaudono silenziosamente. La seduta è sospesa in segno di lutto. Francesco Grignetti «Troppe volte il senso dello Stato è messo in ombra da piccoli giochi» Da sinistra a destra i tre agenti uccisi: Antonio Montìnaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifano Nella foto grande il presidente della Camera Scalfaro durante la commemorazione di Falcone

Luoghi citati: Falcone, Roma