«Hanno ucciso mio figlio»

«Hanno ucciso mio figlio» Al Salone, diario d'un padre «Hanno ucciso mio figlio» Tullio Pironti, l'editore, dice che ci sono volute riimioni-fiume in redazione per scegliere la copertina. Poi ha vinto una deposizione di Rubens, «messaggio forte di dolore, amore, pietà». Il titolo, «Effetti mortali», è scavato in basso, bianco sul fondo scuro della riproduzione del quadro. E' un libro di 204 pagine, presentato ieri sera allo Spazio Incontri del Lingotto. Racconta di Francesco Badano, arrestato a 25 anni dalla polizia a Padova il 16 maggio 1988, morto impiccato il giorno successivo in una cella al reparto bunker dell'Ospedale Civile. L'autore non è un romanziere: Paolo Badano, 55 anni, dottore in legge e in scienze politiche, funzionario Fiat, è il padre di Francesco. Opera prima, la sua. Difficile ne seguano altre. Allo stand Pironti del Salone, il dottor Badano guarda la foto del figlio sul risvolto di copertina e spiega di aver scritto «Effetti mortali» per tre motivi: «Per ricordare Francesco e dialogare con lui e non diventare matto, poi perché nessuno ha risposto alle mie domande sulla sua fine, poi ancora perché mia moglie sarà processata il 27 maggio prossimo a Trieste: avrebbe offeso il prestigio di un procuratore con un telegramma in cui citava un versetto di San Luca». Che cosa si aspetta, adesso, dalla pubblicazione del libro? «Che tragedie simili non si ripetano, che nessuno in Italia subisca più quanto ha subito mio figlio. Non so ancora oggi come Francesco sia morto. So soltanto, perché è agli atti, che prima di morire è stato seviziato. E nessuno ha potuto dimostrare che fosse colpevole dei fatti imputati: rapina e omicidio di un poliziotto». In quel maggio 1988 la vicenda aveva occupato pagine sui giornali, interrogazioni parlamentari avevano chiesto ragione degli abusi delle forze dell'ordine. Su La Stampa, Ernesto Galli della Loggia aveva attaccato l'allora ministro dell'Interno: «Ga- Francesco Ba ano, 25 anni va, se ci sei batti un colpo». Oggi, il padre di Francesco ripercorre col libro il suo incubo, in una scrittura che di certi incubi ha le immagini e il ritmo incalzanti. Dottor Badano, quando ha incominciato a scrivere? «Quasi subito. Avevo bisogno di capire, e ho incominciato a riflettere per scritto tra me e me. Lo facevo il mattino verso le 5, e smettevo per andare in ufficio. Poi gli avvocati mi hanno dato gli atti dei procedimenti. Solo allora ho deciso che mi sarei rivolto a un editore». Gli atti, molti in calce al volume, certificano le torture subite dal ragazzo in camera di sicurezza, mettono in dubbio l'ipotesi del suicidio, non escludono l'errore di chi ha ritenuto Francesco Badano colpevole. Il racconto del padre denuncia violenze morali subite come genitore, violenze materiali subite come cittadino. Il corridoio della procura è «porte in fila, una fila di porte chiuse», la giustizia qualcosa. di astratto, perché «fornire risposte è un compito ingrato per lo Stato, un compito fastidioso»: «Tutto è accaduto a mio figlio, e non si trova un colpevole». Ma allo stand Pironti, Paolo Badano dice che nello Stato vuole continuare a credere: «La fede nelle istituzioni è nei miei cromosomi, lo è in quelli della mia famiglia da 300 anni». Con la stessa «fede» ora aspetta il 27 maggio e il processo alla moglie, Henna Sturze, fino alla morte di Francesco responsabile del consolato italiano e dell'Istituto di cultura di Amburgo. Badano ricorda il telegramma incriminato - «San Luca 18/2-8 persino un iniquo giudice dopo tante molestie si arrende. Stop. Sono peggiori di costui i cattolici giudici italiani?» era il testo - e si domanda se l'essere accusati per aver chiesto giustizia non sia un «sillogismo pazzesco». Tra tre giorni avrà la risposta. Eva Ferrerò Paolo Badano è autore di un libro sulla tragica fine del figlio Francesco, seviziato in questura a Padova e poi morto impiccato Francesco Badano, 25 anni

Luoghi citati: Amburgo, Italia, Padova, Trieste