Anche una tenuta di Coppi nei malaffari

Anche una tenuta di Coppi nei malaffari I magistrati stanno indagando sulle operazioni immobiliari sospette dei dirigenti Ipab Anche una tenuta di Coppi nei malaffari Svenduta come gran parte del patrimonio dell'ente MILANO. Venti casse di documenti, un archivio intero, e i giudici Di Pietro e Colombo aprono l'ennesimo capitolo dell'inchiesta sulle tangenti a Milano: i terreni dell'Ipab, l'ente comunale che gestisce gli ospizi. Sono terre sparse per tutta la Lombardia, vendute per un pugno di soldi e acquistate da amici, personali e di partito in una «gestione famigliare». Da giorni ne sta parlando agli inquirenti Matteo Carriera, il presidente socialista dell'Ipab finito a San Vittore per avere intascato una tangente da 6 miliardi sulla costruzione di un centro per anziani. «Carriera sta collaborando ampiamente, sin dall'inizio, aiutando i magistrati a completare il quadro di tutta la gestione dell'ente» dice l'avvocato Guido Viola davanti al carcere milanese. Carriera è stato sentito dal giudice Gherardo Colombo al mattino, e poi ancora al pomeriggio. In mezzo un lungo interrogatorio anche per il suo vice, Francesco Scuderi, da settimane a San Vittore con le stesse accuse. Una cosa l'avvocato Viola tiene a precisarla: «Qui la logica di spartizione tra i partiti c'entra poco, si tratta più di una gestione familiare. Avevano perso il senso della misura, prendevano soldi su tutto, e ogni volta era un reato. Le indagini ora le stanno conducendo magistrati di primissimo ordine». E così, prima di rituffarsi nel vecchio carcere, da ex giudice, una battuta Guido Viola la dedica ai suoi colleghi di un tempo che stanno mettendo a nudo la Milano del malaffare. Il lavoro da compiere è ancora tanto. «Materiale sequestrato a Carriera Matteo. Cascina Cornaresca. Abbiategrasso». Il Fiat Ducato blu dei carabinieri è stipato di scatoloni. Ce ne sono almeno venti. Grandi, come quelli usati per i traslochi. Quello che entra al comando dell'Arma, in Via Moscova, è un piccolo corteo. Ci sono le auto con gli ufficiali dell'operazione «Mani Pulite» e dietro la moglie di Carriera. Deve solo firmare il verbale di sequestro. Qualche tonnellata di carta in cui i giudici milanesi devono trovare le prove che dietro alla vendita dei terreni c'era un accordo, un imbroglio, una mazzetta. Sono terreni di valore, sparsi nella campagna tra Milano e Pavia. Una tenuta agricola, a Campalestro di Velezzo Lomellina, un tempo era appartenuta a Fausto Coppi. Il campionissimo ci andava a caccia. Su un altro appezzamento di terreno, a Bastida Pancarana, più recentemente è stata costruita una cascina. Dopo vari passaggi adesso è di proprietà di una società, gestita dal fratello di Carlo Radice Fossati, il consigliere comunale de che ha fatto cadere l'ultima giunta di Paolo Pillitteri. Altre carte riempiono già l'ufficio del giudice Di Pietro. Ci sono quelle sugli appalti per la costruzione del nuovo Palasport, sequestrate in Comune. Non è mai stato costruito ma la tangente, due miliardi, è già stata pagata. Nel '90 fu un grosso imprenditore a fare il giro tra i partiti. Parte dei soldi finirono a Sergio Radaelli del psi e parte al de Maurizio Prada. Adesso sono tutti e due in carcere e collaborano con i giudici. Di quei duemila milioni molto più degli spiccioli è finito nelle tasche del pds, un altro partito nella tempesta. Sommerso di carte anche l'ufficio del giudice Romeo Simi De Burgis, il presidente del Tribunale della Libertà che ha tempo fino a lunedì per decidere della richiesta di Enzo Papi, il dirigente di Cogefar Fiat finito a San Vittore per una mazzetta miliardaria alla Metropolitana Milanese. Secondo il legale di Papi non c'è corruzione perché non si tratta di un ente pubblico. «E' la prima volta che sono chiamato a decidere sul titolo del reato» dice il giudice Simi mostrando la montagna di incartamenti presentati da Di Pietro. Dentro c'è tutto. Anche le accuse di altri imprenditori secondo cui la Cogefar nell'affare c'era dentro al 33 per cento: il 33% di mazzette per il 33% dell'appalto. Due imprenditori, Fabrizio Garampelli e Paolo Pizzarotti, avrebbero raccontato ai giudici anche il meccanismo di gestione delle tangenti, divise per quote tra gli imprenditori. Sarebbero stati loro a fornire agli inquirenti una carta, con le regole della spartizione degli appalti. Carta aggiornata di volta in volta, in una riunione che secondo questi imprenditori si teneva nella sede dell'Assimpredil, l'associazione dei costruttori. «E' di almeno duecento miliardi la cifra intascata dai pubblici ufficiali inquisiti in questa storia», dice l'avvocato Jacopo Pensa che difende gli interessi del Comune di Milano. Il legale ha chiesto alla Procura il sequestro, in quanto corpo del reato, di tutti i beni degli inquisiti, perché frutto di tangenti. Della questione il difensore parlerà lunedì anche con il giudice Carla Del Ponte, il magistrato di Lugano che ha aperto una inchiesta autonoma per riciclaggio contro gli imputati dello scandalo delle tangenti titolari di un conto in Svizzera. Fabio Potetti Milano, il Comune parte civile vuole 200 miliardi dagli inquisiti Matteo Carriera, psi (a destra) sulla cui attività le indagini si ampliano; l'ex giudice Guido Viola (in alto) e Fausto Coppi (in basso)