Dc inizia il processo ai vecchi notabili di Augusto Minzolini

Dc, inizia il processo ai vecchi notabili Grandi manovre per la segreteria: i ribelli puntano su Martinazzoli, il Grande Centro su Gava Dc, inizia il processo ai vecchi notabili Più simpatia perForlani dopo il «bel gesto» di dimettersi Gerardo Bianco minaccia Segni di espulsione dal partito ROMA. Forse Calogero Marmino deve aver avuto un sogno profetico quando quasi due mesi fa previde nella de la decapitazione dei grandi capi: «Vedrete che Andreotti se li porterà tutti appresso come faceva il pifferaio magico con i topolini, compreso Ciriaco De Mita». Adesso quel sogno premonitore si sta avverando: divorati dalle singole ambizioni per il Quirinale i capi de hanno portato il partito alla disfatta e ora, dopo le dimissioni di Arnaldo Forlani, c'è chi punta, o per vendetta o per convinzione, all'emarginazione di personaggi come Andreotti e De Mita. Nel primo giorno del «dopo Forlani» si respira proprio l'aria della grande sommossa. A Montecitorio i superstiti della delegazione hanno continuato a sbrigare le trattative con gli altri partiti per arrivare al più presto al Quirinale. Forse De Mita e soci riusciranno a garantire l'elezione del nuovo Presidente per oggi, complici l'ondata emotiva provocata dall'attentato al giù- dice Falcone e la voglia matta dei grandi elettori del partito di porre fine a questa «via Crucis». Ma nella de a nessuno interessa ormai quella partita. Solo Gerardo Bianco, capogruppo dei deputati de, anche se in ritardo, ha mandato a Mario Segni una lettera in cui si ventila la minaccia dell'espulsione dal partito se il capo dei «referendari» continuerà a votare in modo difforme dalle indicazioni del gruppo. Gli altri de hanno pensato ad altro. «Con la delegazione si sono tagliati i ponti», ha ironizzato Pierluigi Castagnetti, uno dei colonnelli della sinistra, ieri alla Camera. «Finiamola al più presto ha detto per tutti ieri nel Transatlantico di Montecitorio prima delle drammatiche di notizie di Palermo, il ministro del Lavoro Franco Marini - visto che ormai nessun de andrà al Quirinale e occupiamoci del partito azzerando il gruppo dirigente». Già, presto presto sia pure con Spadolini al Quirinale, perché quello che più muove ora la de è la voglia di processare i vecchi dirigenti. E tra questi, probabilmente, l'unico che si salverà sarà proprio Forlani per il «beau geste» dell'altro ieri. Ieri l'ex segretario ha mitigato i toni, ha dato freno alla sua rabbia, ma ha difeso fino in fondo la sua decisione: «Quando non si riescono a fare le cose che si ritengono giuste è meglio mettersi da parte... Eppoi quello che ho fatto serve a richiamare al senso di responsabilità un po' tutti, altrimenti non si va avanti». Con gli amici più intimi, invece, Forlani è stato meno attento e spesso ha usato per spiegare quello che è avvenuto la parola «tradimento». Ma alla fine non sono neanche il «tradimento» sul voto a Vassalli o le congiure di Andreotti, la parte centrale del «j'accuse» dei ribelli. In realtà, i vecchi capi sono sotto processo per non aver capito la crisi de fino in fondo ed aver dimostrato anche in questa occasione di essere in preda alla «sindrome quirinalizia», come gli capita sempre ogni sette an¬ ni. E' questa febbre che ha dato vita ad una serie di comportamenti irrazionali che hanno reso il partito ingovernabile: come spiegare, ad esempio, la voglia matta di Andreotti di fare la sua corsa, visto che ancora ieri i suoi uomini sono andati in giro a proporne la candidatura; e il gioco condotto da Ciriaco De Mita tutto ispirato a far fuori il presidente del Consiglio dalla gara, magari favorendo - come è avvenuto - l'elezione di un Presidente non de come Spadolini; né trova una ragione il puntiglio preso da Antonio Gava, cioè dall'uomo più potente del partito, di non voler assolutamente partecipare alle riunioni di vertice, dopo che a causa di un'altra ostinazione, quella di Nicola Mancino, aveva dovuto rinunciare alla carica di capogruppo dei senatori per salvaguardare l'unità de. Tutti comportamenti da «ultima spiaggia» che hanno contagiato i vecchi capi avviati al tramonto. E qualche volta tutto questo è divenato anche comico: Emilio Colombo ha tentato a tutti i costi di avere almeno 20 voti nelle votazioni dei giorni scorsi, mentre Amintore Fanfani, contagiato da un'ambizione senza speranza, ha mandato in giro il fedele Cesare Cursi per dire che questa poteva essere l'occasione buona per l'ottuagenario cavallo di razza de. Comportamenti «irrazionali» che come ha riconosciuto lo stesso Forlani «si sono sempre avuti in passato». Solo che la de di adesso somiglia sempre più agli «ultimi giorni di Bisanzio»: il suo peso elettorale è arrivato al minimo storico, ma il gioco dei veleni e delle congiure è rimasto quello dei tempi d'oro. «E' proprio questa sensazione che sta facendo venire il coraggio agli eredi dei vecchi capi - spiega convinto Marini -, anche perché o ci muoviamo adesso o c'è il rischio che quando diventeremo eredi avremo la brutta sorpresa di scoprire che i vecchi l'eredità già se l'erano mangiata». Forse proprio 1 istinto di sopravvivenza ha fatto cominciare le grandi manovre: ieri i ribelli che nell'ultimo consiglio nazionale avevano chiesto le dimissioni di Forlani si sono riuniti per preparare la candidatura di Martinazzoli alla segreteria; su Martinazzoli potrebbero convergere anche le truppe di Marini o di esponenti andreottiani come Cirino Pomicino; desideri di vendetta hanno, invece, animato la riunione dei dorotei dove Antonio Gava sembra candidarsi a garante del rinnovamento: i dorotei, a quanto pare, vogliono l'azzeramento di tutti gli incarichi di partito nel prossimo consiglio nazionale e puntano, almeno per ora, a portare in segreteria Vincenzo Scotti. E De Mita e Andreotti? Sarà un caso ma loro hanno tentato fino all'ultimo di far tornare Forlani sulle sue decisioni. Forse immaginano che con l'uscita del segretario anche la loro sorte è segnata. Ma Forlani ha risposto a modo suo: «Non drammatizziamo». Augusto Minzolini Il leader del pds Achille Occhietto (a fianco) e Arnaldo Forlani (a sin.) che si è dimesso da segretario de

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