Indianapolis, seduzione e follia

Indianapolis, seduzione e follia AUTOMOBILISMO Si corre domani negli Stati Uniti la corsa più famosa e pericolosa del mondo Indianapolis, seduzione e follia A 400 km l'ora per diventare subito miliardari «Forse è una pazzia, ma è una seducente pazzia». Così ieri Eddie Cheever - che partirà in prima fila insieme al colombiano Roberto Guerrero, che si è guadagnato la pole position, e al veterano Mario Andretti - spiegava il fascino della «500 Miglia» di Indianapolis, in programma domani. La gara automobilistica più famosa del mondo. In effetti è una corsa folle : 200 giri del circuito fatto a catino, a velocità sempre largamente superiori ai 300 chilometri orari, senza quasi mai usare il freno, dosando solo l'acceleratore nelle 4 curve d'alta velocità. Pericolo allo stato puro. Nelle 78 edizioni della «500 Miglia» ci sono stati 40 morti e centinaia di feriti gravi. La scorsa settimana si è schiantato contro uno dei muretti che delimitano l'esterno di tutta la pista il filippino Jovy Marcello, deceduto sul colpo. Pochi giorni prima un terribile incidente ha posto forse fine alla carriera di Nelson Piquet. C'è poi un dato che dice tutto della grande prova americana: questo è indubbiamente il più grande spettacolo sportivo del mondo. Non ci sono Olimpiadi o Mondiali di calcio che tengano. Nessuno riesce a radunare 400 mila spettatori in un solo luogo e in un solo giorno come succede a Indianapolis. La kermesse dura 24 ore (anche se in verità la corsa fra qualificazioni e prove impegna squadre e piloti per circa un mese), durante la quale capita di tutto. Milioni di lattine di birra e di hamburger consumati, spettacoli di arte varia, visite ai musei (dell'automobile naturalmente), caccia selvaggia a maghette, distintivi e ricordi di ogni tipo. E purtroppo, a volte, anche episodi di violenza, risse e stupri che avvengono nella notte, quando la folla è ubriaca di alcol e di rumori, ecccitatissima. L'impianto, privato (siamo in America) è di proprietà della famiglia Hulman ed è gestito da Tony George, nipote acquisito del fondatore, che è anche presidente della Formula Indy. Lo chiamano naturalmente «the boss», il capo, e l'affare vale una cinquantina di miliardi, dei quali otto circa sono distruibuiti in premi. Il vincitore intasca - dipende anche dal numero di giri che riesce a fare in testa - cifre da capogiro che lo rendono miliardario di colpo. Ci si chiede se è difficile guidare a questa velocità. Quest'anno Roberto Guerrero con una Lola Buick ha battuto il record facendo segnare il miglior tempo (che viene stabilito sul passaggio di quattro giri, premio 100.000 dollari, 120 milioni di lire circa) alla media di 374,950 chilometri orari. Qualcuno sostiene che entro breve tempo, visti i progressi fatti da motori e telai, si arriverà a 400 km all'ora. «Ci vuole stomaco - dice ancora Cheever - per guidare una macchina da corsa a quella velocità. Pazzesco». Ma c'è l'impressione che sia soprattutto una questione di allenamento e di abitudine. Perché questi super piloti americani (Foyt, Sneva, Al Unser, Scott Pruett, Mears) vengono spesso strabattuti dagli stranieri. Non per nulla Guerrero, Cheever (statunitense di nascita ma italiano d'adozione) e lo stesso Andretti vengono dalla Formula 1, così come dalle gare intemazionali arrivano anche Emerson Fittipaldi, vincitore nel 1989, e persino Danny Sullivan, uno degli idoli locali, primo nel 1985. Quest'anno la debuttante Lynn St. James si è qualificata con il 29° tempo su 33 posti a disposizione, terza donna ad entrare nella gara da quando si disputa, cioè dal 1911. La formula tecnica delle vetture di Indianapolis e il regolamento della corsa sono molto americani e anche protezionistici. Le norme per la costruzione delle monoposto sono severe e permettono l'adozione di motori turbo e l'uso del metanolo, arrivando a potenze superiori agli 800 cavalli. Ma tutto è fatto soprattutto con l'intento di equilibrare i valori in pista, per lo show (ad esempio l'uso della pace-car che entra nel circuito in caso di incidente e permette il riallineamento di tutti i corridori) e per evitare intrusioni di teams e vetture stranieri. Malgrado ciò, specie nel lontano passato, qualcuno riuscì a inserirsi nel made in Usa. Il primo record sul giro, nel 1912 fu della Fiat di Teddy Tetziaf. Nel 1915 vinse l'italiano Ralph De Palma, poi seguito dal milanese Dario Resta (1916) e dall'oriundo Pete De Paolo (1925). Nel 1969 vinse Mario Andretti, da Montana, Istria. Nel '65 e '66 ci furono i successi di Jim Clark con la Lotus e di Graham Hill. E domani (alle 17 italiane) il rito si compirà ancora: «Signori, accendete i vostri motori», dirà lo starter. E la follia si compirà un'altra volta. Cristiano Chiavegato L'ovale di Indianapolis è costituito in pratica da quattro rettifili raccordati da altrettante curve sopraelevate. Nel disegno qui sopra si possono rilevare i distacchi in metri inflitti quest'anno dal colombiano Roberto Guerrero (che ha fatto segnare il record sulla somma di quattro giri a 374,950 chilometri orari) ad alcuni fra i più noti primatisti precedenti degli ultimi vent'anni. 1986 R. MEARS 34Bpkm/h 1083,447 nv 1978 SNEVA 325,269 km/h 2098,86 m f INDIANAPOLIS METRI 4022 1971 P. REVS0N 287,522 km/h 3752,52 m 1990 E. FITTIPALDI 362,95 km/h 477,985 m $992 R.GUERRERO 374,95 km/h