«Il Duce era mio padre» di Renato Rizzo
«Il Duce era mio padre» Una donna racconta: «Rischiai di essere fucilata con lui, ero a Dongo con Garetta Petacci» «Il Duce era mio padre» Nuove rivelazioni dalla Spagna MILANO. Il «padre» le ha lasciato solo un ritratto da cui la guarda con il suo occhio rigorosamente penetrante, opportunamente tenebroso e vagamente basedoviano. Sotto, una dedica stringata, da «capo» che non ha tempo per svolazzi sentimentali impegnato com'è a rincorrere i destini dèlia patria: «A Elena Curti. Roma, 13 aprile XIX. Mussolini». Questa fotografia dell'Uomo della Provvidenza che sporge la fatale mascella da un doppiopetto grigio chiaro è, da 52 anni, reliquia e orgoglio d'una signora quasi settantenne residente a Barcellona: «Sono la figlia del Duce - ha dichiarato in un'intervista al settimanale "Gente" che l'ha raggiunta nel suo "esilio" e che pubblicherà dal prossimo numero il racconto della sua vita -. Ho rischiato d'essere fucilata con mio padre. Eravamo insieme nella disperata fuga in Valtellina su quella camionetta blindata quando i partigiani ci sorpresero». Lascia correre i ricordi: «Ed ero io quella ragazza esile e bionda che qualcuno, ancora, a Dongo ricorderà d'aver visto in compagnia di Claretta Petacci». Già alcuni decenni fa la signora Elena aveva puntigliosamente corretto, in interviste a giornali é rotocalchi, l'anagrafe ufficiale che le attribuiva come padre un certo Bruno Curti, «ardito» decorato con medaglia al valore proprio da Sua Eccellenza: oggi il suo racconto entra nei particolari e ripercorre i segreti d'un uomo che la storia con la «s» minuscola ci ha consegnato come infaticabile latin lover (a quei tempi il Minculpop avrebbe corretto in «amante latino»). Ed ecco la rapinosa vicenda d'amore della madre,-gli-incontri a Palazzo Venezia. Ecco il collegio esclusivo pagato dal Duce perché la «figlia» potesse avere un'educazione aristocratica. Ma ecco anche i giorni della Repubblica Sociale, il tracollo, la paura. Elena Curti confessa d'aver «conosciuto la verità» a 18 anni: «Sapevo che mia madre era amica di Mussolini, la vedevo quando, ormai separata dal marito, partiva da Milano per andare a Roma dal Duce dopo aver scelto i vestiti più belli. Ma non sospettavo nulla». Poi, un giorno, come nella miglior tradizione dei romanzi per signorine, la verità venne a galla. E tra un tailleur ripiegato in valigia ed un sospiro ricacciato in gola, Angela Cucciati in Curti domandò a Elena: «Che diresti se tu fossi la figlia di •Mussolini?»,-Proprio come-nei romanzi per signorine, Elena rispose con un filo di voce: «Ma che dici, mamma». Attimo di ovvia suspense: «E se fosse vero?». «Lo saprai tu se è vero...». Altro silenzio, poi la liberatoria confessione seguita dal torrentizio racconto della storia d'amore «con Benito». Oggi la signora Curti ricorda che, in quel momento, si «sentì persa, precipitata, senza radici». Ma aggiunge che, pochi giorni dopo, con una foto di Mussolini in mano, già si guardava allo specchio per cercare sul proprio volto un segno di quella mascella, un tratto di quella bocca. Mascella e bocca che, aveva, comunque, già visto poco tempo prima, al naturale, a Roma. La madre, che non le aveva ancora parlato dell'affettuosa amicizia con l'inquilino di Palazzo Vene- zia, le spiegò solo che Mussolini voleva vederla: «A me piaceva essere a tu per tu con un personaggio così importante. Certamente sapeva che ero sua figlia e si sentiva orgoglioso di me». Quel giorno lui la osservò con meraviglia e le regalò una frase che neppure il più partigiano dei cantori potrebbe definire originale: «Ma tu sei una donna». Ancora il racconto a «Gente» di Elena Curti: «Mia madre gb aveva spiegato che a me sarebbe piaciuto fare l'attrice, ma lui le aveva risposto che non era d'accordo perché il mondo dello spettacolo era vizioso e Nazzari e Alida Valli erano due ubriaconi». E, così, in quell'appuntamento a quattr'occhi la giovane Elena preferì sussurrare che le sarebbe tanto piaciuto studiare filosofia. «Ecco, ecco brava» si tranquillizzò il maestro di Predappio. La figlia segreta del Duce sfogba le pagine del suo diario che alterna i colori del feuilleton a quelli del dramma. E rimanda i lettori alla prossima puntata. Ma uno dei figli noti di Mussolini, Vittorio, confessa che non leggerà una sola delle pagine scritte dalla sedicente sorella: «Ciò che dice non mi interessa minimamente. Non voglio sostenere che siano bugie, perché la responsabilità di queste affermazioni è soltanto sua. Mi stupisce, però, notare che, da un po' di tempo a questa parte, c'è un grande interesse per. tutto quan¬ to riguarda mio padre. E credo proprio che sia un interesse sospetto». Sospetto? E perché? Vittorio Mussolini non chiarisce. Si limita a scandire: «Siamo una famiglia abituata a sopportare tutto». Qual è il suo sentimento nei confronti della signora Curti? «Diciamo rispetto. Ed è già fin troppo». ..... Renato Rizzo Benito Mussolini attorniato da bimbi. In alto: Claretta Petacci e sotto uno dei figli del duce, Vittorio Mussolini che della presunta sorella dice: «Ciò che afferma a me non interessa»
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