L'eroe venuto dal silenzio di Sergio Trombetta

L'eroe venuto dal silenzio L'eroe venuto dal silenzio Metter egli anni bui dello stalinismo ~w] TORINO I ZRAIL Metter infila la I mano nella tasca interna I della giacca di velluto *lmarrone. Porge alla moglie Ksenija un po' di dollari. Lo fa con la parsimonia tipica di tutti i russi quando hanno a che fare con la valuta pregiata: «Attenzione - le dice - sono "krupnye dienghi", soldi grossi». C'è bisogno di una cravatta, di una camicia e altro ancora. La valigia di Metter si è perduta nei cieli fra Pietroburgo e Torino l'altra sera, e chissà quando arriverà. Ma intanto bisogna presentarsi ben vestiti al pranzo con Giulio Einaudi. Così la moglie va a comprare il necessario mentre lui affronta le interviste. C'è molto interesse per questo scrittore ebreo alto, magro, con i capelli ancora scuri, nato in Ucraina nel 1909, cresciuto a Leningrado, diventato famoso ad 80 anni, ed ora entrato in finale, insieme a Kadaré e Bioy Casares, al Premio Grinzane Cavour. Il suo romanzo Il quinto angolo è il caso editoriale dell'anno. Tradotto in tante lingue, da molti considerato fra i libri più belli del '900, è un racconto dolente degli anni bui dello stalinismo: sulle purghe, le torture, le eliminazioni di massa e l'ipocrisia di chi sopravvive. Ma anche sulla memoria, sull'amore, sulla rassegnazione. Una storia raccontata da chi assiste perdente, ma non scende a compromessi. Un libro scritto nel '67, rimasto per vent'anni in un cassetto prima di poter vedere la luce. C'è un momento del «Quinto angolo» in cui agenti del Kgb e l'eroe del romanzo vittima del Kgb, ormai tutti in pensione, si ritrovano sulla riva di un lago a pescare. C'è un senso di perdono in questo ritrovarsi insieme alla fine della vita? Non sono vendicativo, ma non perdono. Tutti devono sapere. Da noi molti scrittori hanno fatto carriera denunciando altri scrittori. Nella casa dove abito uno ha messo nei guai un grande poeta, una persona straordinaria, accusandolo di avere una biblioteca antisovietica. Adesso mi dicono: cosa avresti fatto al mio posto? Io non sarei mai stato al loro posto. Tempo fa hanno fatto vedere in tv un documentario su Pasternak. Avevano filmato una riunione di scrittori. Un segretario del Kgb diceva ogni sorta di insulti, che i maiali sono meglio di Pasternak perché non sporcano dove vivono come fa lui. E tutti applaudivano sorridenti. Con il medesimo terribile sorriso finto, cucito sul volto come i bambini de L'uomo che ride di Hugo. Che cosa fare perché tutto questo non venga dimenticato? Ho raccolto in un libro i miei ricordi sugli scrittori. C'è Achmatova, Zoshenko, Brodskij. Spero che in italiano esca da Einaudi. Sono stato uno dei pochi testimoni al primo processo di Brodskij. Con Efim Etkind siamo gli unici due rimasti in vita. Lo sa che Brodskij ha una nuova moglie, una giovane italiana di origine russa? L'ho conosciuta a Londra durante un recital di poesia di Brodskij: una donna di una bellezza accecante! Lei in gioventù ha aderito alla rivoluzione? Avevo un rapporto romantico con la rivoluzione all'inizio degli Anni 20. Sembrava che il nuovo potere combattesse l'antisemitismo degli zar. Prima non avevamo neppure diritto di vivere a Charkov dove sono nato. Per far- lo mio padre aveva dovuto pagare una bustarella ai poteri locali. Ma questo romanzo della rivoluzione è finito molto presto, già dopo la morte di Lenin. Lei si sente ebreo, russo o ucraino? E' difficile dire. Ho un rapporto complesso con tutte e tre le cose. I primi diciannove anni della mia vita li ho passati in Ucraina e ho avuto ottimi rapporti con gli ucraini. Vivo a Pietroburgo da più di 60 anni e mi piacciono i miei amici russi, ma mi sento anche ebreo e tutto insieme è una splendida insalata. Quale futuro per gli ebrei in Russia? U vero pericolo non è per gli ebrei, ma per la Russia. Tutta questa gente che emigra è una grande perdita per il nostro Paese. Gli ebrei hanno sempre arricchito la nostra arte e la nostra cultura. Sergio Trombetta Izrail Metter, autore ebreorusso: «Da noi molti scrittori hanno fatto carriera denunciando i colleghi»