Londra, sì all'Europa La Thatcher sconfìtta di Paolo Patruno

Londra, sì all'Europa La Thatcher sconfìtta I Comuni ratificano i patti di Maastricht Londra, sì all'Europa La Thatcher sconfìtta Solo pochi fedelissimi raccolgono il duro attacco di Maggie a Major LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Con una netta maggioranza (336 sì, 92 no, 200 astenuti) il governo Major ha vinto la sfida sulla ratifica del trattato di Maastricht, nonostante un clamoroso attacco dell'ultima ora proveniente dall'ex premier Margareth Thatcher. Indomita, malagrado abbia rinunciato al seggio in Parlamento e in attesa di un onorifico ingresso nella Camera dei Lord, la Thatcher ha pubblicato proprio ieri un attacco al vetriolo contro l'integrazione europea per ridar coraggio alle superstiti schiere dei suoi «fedelissimi» ai Comuni. Ma, com'era scontato, non è riuscita a sobillare un'aperta ribellione contro il governo del suo successore per mettere i bastoni nelle ruote dell'unione europea. Anche perché Major ha potuto contare su una sorprendente «maggioranza trasversale». Hanno infatti appoggiato il governo anche una ventina di deputati liberal-democratici, fieramente europeisti, e qualche laborista come Tom Dalyell, che ha disubbidito alla consegna ufficiale del gruppo che era di astenersi. In verità, anche l'astensione del partito di Kinnock è risultato un regalo decisivo dell'opposizione al governo. Perché se i laboristi avessero votato contro il governo, perché insoddisfatti della mancata adesione inglese al capitolo sociale di Maastricht, Major avrebbe potuto rischiare dei guai. Invece la «fronda» antieuropeista tra i conservatori ha aggregato solo una trentina di parlamentari, ai quali si sono aggiunti una sessantina di laboristi che non si sono astenuti ma hanno votato no. La Thatcher ha giocato su que¬ sto stato di difficoltà per sventolare ancora la bandiera del suo antieuropeismo. Ha scritto un articolo-requisitoria contro Maastricht che sanzionerebbe «un massiccio trasferimento di poteri a Bruxelles» a discapito dei singoli Stati, «sottovalutando i sentimenti della gente», con il risultato finale di «indebolire la democrazia». Oltre a quello di far rischiare, con l'accresciuto ruolo della Ueo e il nuovo nucleo militare franco-tedesco, un'indesiderata partenza dei soldati americani dall'Europa. Giocando d'anticipo, Major ha confutato in Parlamento i timori degli «euroscettici» sottolineando proprio quello che il Trattato di Maastricht non contiene: nessuna spinta verso l'Europa federale e semmai un'asserita inversione di tendenza in senso antiburocratico; nessun indebolimento della Nato e la possibilità per Londra di continuare a difendere i suoi interessi nazionali. Come Major ha già fatto con le clausole sospensive sull'Unione monetaria e il rigetto della politica sociale. E come continuerà a fare, insistendo per il controllo dei passaporti alle frontiere inglesi anche dopo il '93 per difendersi da «immigrati illegali, trafficanti d'armi, contrabbandieri di droga», come ha ribadito ai Comuni. Alla fine è passata la linea di Major, suggellata dal recente discorso della regina a Strasburgo. Ma nonostante il voto di ieri, questa «resta un'isola scettica», come ha scritto il Guardian. Lo conferma l'opposizione dei «cuccioli della Thatcher», che come franchi tiratori hanno sfidato ieri il governo in difesa della «Union Jack», contro «lo spettro del bonapartismo» continentale. Paolo Patruno

Persone citate: Kinnock, Margareth Thatcher, Thatcher, Tom Dalyell

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Londra, Strasburgo