L'Europa ferma l'esodo con un assegno di Tito Sansa

L'Europa ferma l'esodo con un assegno A Vienna vertice tra la Comunità e i vicini dell'ex Jugoslavia: vi aiutiamo, ma state a casa L'Europa ferma l'esodo con un assegno II ministro degli Esteri austriaco «Parigi mandi un'armata in Bosnia» VIENNA DAL NOSTRO INVIATO Non li vuole proprio nessuno i poveri bosniaci - quasi tutti donne con bambini, vecchi e malati - fuggiti dalla guerra che sconvolge la loro patria. Non li gradiscono i Paesi confinanti dell'ex Jugoslavia - Italia, Austria e Ungheria - né la Germania che qualcuno di loro sogna, ne farebbero volentieri a meno anche le repubbliche slave di Croazia e Slovenia, dove la maggioranza dei profughi vorrebbe rimanere per sentirsi un po' come a casa, senza problemi di lingua, pronti a ritornare ai loro focolari non appena sarà tornata la pace. Che fare dunque di questa massa errante di infelici? Finora, secondo calcoli dei croati e degli sloveni, un milione e duecentomila persone hanno abbandonato le loro terre, si prevede che altre centinaia di migliaia seguiranno. A Vienna, durante una conferenza internazionale sui profughi organizzata dal ministro degli Esteri austriaco Alois Mock la domanda è stata posta. Ed è stato deciso - tenuto conto dei desideri manifestati dalla maggioranza degli stessi sfollati di guerra - che è preferibile far rimanere gli infelici nel territorio della ex Jugoslavia (cioè in Croazia e in Slovenia) anziché sradicarli con l'espatrio. Naturalmente occorre creare in Croazia e in Slovenia le strutture necessarie per accogliere i profughi. E, siccome le due neonate repubbliche slave non sono in grado di farlo da sole, è indispensabile dare loro una mano, come suggerito da un secondo appello dell'Alto commissariato per i profughi delle Nazioni Unite, che prevede uno stanziamento globale di 140 milioni di dollari (circa 170 miliardi di lire). La prima tranche di questa somma è già stata stanziata (e una parte è stata destinata anche a profughi in Serbia), la seconda è stata in discussione ieri in una sala della Hofburg, l'ex palazzo imperiale di Vienna dove erano convenuti delegati di Austria, Italia, Germania, Francia, Portogallo, Svizzera, Cecoslovacchia, Ungheria, Croazia e Slovenia, della Comunità Europea e della Croce Rossa Internazionale. Assente, pare per protesta, il rappresentante dell'Alto commissariato per i profughi dell'Orni, che era a Vienna. Fissata in comune, senza che croati e sloveni protestassero, la politica da adottare, cioè che i profughi rimangano dove si trovano (anche se nessuno lo ha detto esplicitamente) il capo della delegazione italiana, il direttore generale dell'immigrazione e degli affari sociali della Farnesina, ambasciatore Pietro Calamia, ha annunciato lo stanziamento immediato da parte dell'Italia della quota Cee spettante al nostro Paese, 7 milioni di dollari (circa 8 miliardi e mezzo). Ci si aspettava che altri lo imitassero. Ma i tedeschi hanno chiesto una pausa, i francesi che avevano inviato soltanto un secondo segretario di ambasciata, sono stati vaghi, gli svizzeri si sono detti disponibili. E gli austriaci, che hanno chiuso le frontiere ai profughi della Bosnia, respingendone un migliaio verso l'Italia, cosa hanno deciso durante la conferenza da loro organizzata? Il ministro degli Interni Lóschnak ha detto che la conferenza «non è impegnativa», ma che proporrà al suo governo di inviare in Croazia diecimila tende e di stanziare una certa somma. Ha poi annunciato che 15 mila bambini bosniaci trascorreranno le vacanze estive in Austria e in Svizzera nell'ambito di una azione «ferie in pace». Verrà poi lanciata in tutti i Paesi dell'Europa occidentale ha annunciato Lóschnak - una grande azione di raccolta di offerte da destinare all'acquisto di tende, viveri e medicinali per i profughi. Naturalmente se rimarranno in Croazia e Slovenia. Dopo tre ore la conferenza internazionale era terminata, la prossima si terrà a Zagabria. A margine della conferenza si è parlato anche della guerra in Bosnia e di una curiosa proposta del ministro degli Esteri austriaco Mock di inviare laggiù.un contingente militare francese che crei una zona di sicurezza intorno alla città di Sarajevo. «La Francia ha i mezzi per farlo» ha detto al quotidiano Die Presse il ministro. «Ma la Francia è disposta a farlo?» ha domandato l'intervistatore. «No» ha risposto il ministro «ma è l'unica speranza». Commenta il giornalista austriaco: «Sembra che nella crisi jugoslava l'Austria suggerisca agli altri dove devono appoggiare la testa». Tito Sansa I tedeschi tra i più restii nell'impegnarsi a favore di sloveni e croati La Svizzera offre «vacanze di pace» ai bambini bosniaci Un ferry boat trasporta profughi sul fiume che fa da confine tra Bosnia e Croazia [foto ansa]

Persone citate: Alois Mock, Mock, Pietro Calamia