E' tornato il tempo degli eroi e la lezione viene dall'Est

E' tornato il tempo degli eroi e la lezione viene dall'Est «Ascesa e declino degli intellettuali in Europa»: Wolf Lepenies risponde a Barbara Spinelli E' tornato il tempo degli eroi e la lezione viene dall'Est Il sociologo tedesco Wolf Lepenies risponde a Barbara Spinelli per il suo articolo pubblicato su La Stampa il 28 aprile scorso. La Spinelli aveva dedicato una lunga analisi al saggio di Lepenies, Ascesa e declino degli intellettuali europei (appena uscito da Laterza), manife• stando fra l'altro perplessità sulla funzione degli intellettuali nelle situazioni create a Est dalle «rivoluzioni di velluto». E' ovvio, diceva, che si siano posti alla testa del cambiamento: perché nei Paesi comunisti l'unica élite esistente è sempre stata quella degli intellettuali: ma per questo motivo non vedeva in essi gli «eroi» che Lepenies propone a modello. «La politicizzazione dell'intellettuale nell'Europa centrale costituisce oggi un ostacolo più che un vantaggio», perché «residuo, tragicamente grottesco, dell'ancien regime». DUE sono le gioie di un autore: l'esser lodato e l'esser criticato. Ciò che lo irrita è l'indifferenza. 1 Ringrazio quindi Barbara Spinelli per la critica puntuale da lei dedicata al mio libro Ascesa e declino degli intellettuali in Europa (ed. Laterza). Naturalmente devo ammettere che di rado ho ricevuto una lezione così severa senza trarne anche grande profitto. Non so se Barbara Spinelli abbia letto il mio libro con ponderazione e non piuttosto con una certa «leggerezza», ma questo lo decideranno i lettori. Colgo l'occasione che così gentilmente La Stampa mi offre, per precisare il mio punto di vista riguardo a tre temi: 1 ) il rapporto tra morale e letteratura; 2) l'impegno politico, ovvero il coinvolgimento politico di letterati e scienziati; 3) la posizione degli intellettuali tedeschi. Letteratura e morale Il rapporto tra morale e cultura, tra morale e letteratura è problematico. Che una frase ben costruita fosse già di per sé una buona azione, era il sogno di Zola. Di fatto né il bello stile né la correttezza grammaticale impediscono le cattive azioni. Noi tedeschi in particolare sappiamo benissimo quanto corretto possa essere il male e come il culto della bellezza non protegga dal delitto. . L'affermazione di Barbara Spinelli, secondo cui l'ex dittatore georgiano Gamsakhurdia - cito, non so nulla della Georgia non sarebbe migliore se si mettesse a tradurre Baudelaire, è una banalità. Chi mai potrebbe sostenere il contrario? Crede davvero Barbara Spinelli che io reputi Goebbels un galantuomo solo perché ha scritto un romanzo, crede forse che assolverei Hitler per via dei suoi acque¬ relli o che sia in attesa di vedere affiorare dagli archivi le sonate di Stalin, per consegnare all'oblio Katyn e lo sterminio dei Kulaki? Dobbiamo proprio discutere su quel che è ovvio? Nel XX secolo l'intellighenzia precipita in basso. Le esigenze elevate, certo troppo elevate, che nel secolo scorso i clercs avevano posto a se stessi, si atrofizzano e si corrompono. L'affare Dreyfus dimostra un'ultima volta, in positivo e in negativo, di che cosa sono capaci gli intellettuali. Poi, i totalitarismi assassini del nostro secolo infuriano e, più intimamente di quanto sapessimo ancora pochi anni fa, più impudentemente di quanto potessimo temere, coinvolgono gli intellettuali in crimini inauditi. Fra i lavoratori della mente vi sono anche delle vittime, ma vi sono soprattutto e ovunque dei corresponsabili da scrivania, dei complici degli sbirri, e oggi perfino Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e André Malraux ci appaiono come docili collaborazionisti (mi riferisco al libro di Gilbert Joseph, Une si douce occupation, Paris, Albin Michel, 1991 ). Su uno sfondo tanto squallido non si possono non apprezzare le rivoluzioni europee di questo nostro fine secolo. Di fronte alle gravi colpe degli intellettuali europei che provocarono il fascismo e il comunismo, bisogna evidenziare il ruolo svolto dalla cultura e dalla letteratura negli straordinari rivolgimenti ancora in atto. Mi permetto di citare - come già ho fatto nel mio libro - Amos Elon, lo scrittore israeliano nato a Vienna, il quale sull'autunno di Praga ha scritto: «Quando tutti gli altri punti di riferimento morali sono venuti meno, è rimasta solo la cultura, sono rimasti i romanzieri, i drammaturghi, gli attori, i filosofi, i poeti, i registi, gli artisti e i musici- sti che hanno conservato dignità e credibilità morale, nonché la capacità di ispirare i più giovani». Naturalmente ci sono delle differenze - della Germania parlerò fra poco - e, per quanto riguarda ad esempio la posizione degli intellettuali in Ungheria, in Polonia e in Cecoslovacchia, tali differenze devono esser messe in chiaro. Ma le osservazioni di Amos Elon restano vere: e non possono smentirle né le letture di Adam Michnik o i suoi abbracci, né un signor Gamsakhurdia che magari proprio adesso, nel suo esilio, sta traducendo Spleen et Idéal. Non è che alla fine del XX secolo la letteratura sia tutto d'un tratto diventata morale: sono i letterati che, sorprendendo tutti, hanno dimostrato quale impegno politicamente efficace e moralmente motivato sanno assumersi oggi in questo scorcio di secolo. Voglio sottolineare in particolare - là dove Barbara Spinelli ha scritto qualcosa di analogo, ho pensato per un istante che mi avesse citato - che è stata l'onestà dell'artista e dello scienziato, è stato il comune senso morale di questi «letterati» che ne ha favorito l'efficacia politica. Non è stata la loro attività letteraria a renderli morali; e tuttavia il fatto che, in quanto intellettuali letterari, abbiano potuto sviluppare un'influenza politico-morale così determinante ci induce alla riflessione e alla speranza di fronte alla corruzione morale in cui sono caduti gli intellettuali nel nostro secolo: «Few shapes of heroism can be more unexpected» (Carlyle). Questo carattere «letterario» o «intellettuale» delle rivoluzioni europee nasconde dei pericoli: non lo nego e nel mio libro ne parlo. Intendo ribadire inoltre che le frizioni dell'attuale politica europea sono in parte riconducibili al fatto che moralisti dell'Est ed esperti dell'Ovest devono comunicare fra loro nelle istituzioni europee e hanno difficoltà a capirsi. Nel mio libro parlo della «banalizzazione del carisma», cui non sfuggiranno nemmeno gli «eroi» delle rivoluzioni dell'Europa centrale e orientale - questi effimeri eroi di transizione. Barbara Spinelli si sente urtata dal termine «eroe», e questo è un suo diritto. Ma non credo che abbia capito Carlyle, e mi fermo qui, osservando, che, da un lato, non è onesto mettere Thomas Carlyle a confronto con i genocidi del XX secolo, mentre dall'altro la contrapposizione fra Linneo e Milan Kundera è piuttosto buffa. Scienziati e letterati Barbara Spinelli può benissimo rifiutare la distinzione fra letterati e scienziati da me proposta nelle Lezioni italiane: questo non cambia la realtà dei fatti. Il falsificazionismo di Karl Popper possiamo discuterlo sul piano epistemologico (dove sono stati comunque avanzati seri dubbi sulla sua correttezza), ma non è applicabile come descrizione del comportamento effettivo degli scienziati. Incorrerebbe in un grave errore chi ritenesse che gli scienziati si comportino da buoni popperiani. Nella prima delle mie Lezioni italiane ho cercato di dimostrare come la morale provvisoria di un Descartes si converta nella morale definitiva delle scienze europee e conduca alla formazione di quella «coscienza tranquilla» che bandisce dalle scienze le considerazioni normative. Oggi, nella Germania unita, torniamo ad assistere allo spettacolo di scienziati che operano nello spirito di quella «coscienza tranquilla» tentando di negare, come semplicemente impensabili, i propri coinvolgimenti politici, mentre i «letterati» devono giustificarsi in quanto tali - non diversamente da quel che era accaduto dopo il 1945. Questa pretesa «indifferenza» della scienza di fronte alle sollecitazioni della politica è uno scandalo, sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista politico, e Barbara Spinelli giustifica più di quel che crede quando, intendendo erroneamente i precetti di Popper come un rispecchiamento della realtà, concede agli scienziati una sorta di assoluzione generale. Il caso Germania La morale è il campo del relativismo. Si può essere morali in tutto e per tutto? Si è buoni o cattivi in assoluto? Non lo so. Ma credo di sapere che si può essere più morali, migliori o peggiori di altri. Confidando in questo prudente relativismo è giusto, secondo me, mettere in risalto il comune senso morale proprio degli intellettuali che, alla fine del XX secolo, hanno contribuito a fare dell'Europa un nuovo continente. Che questo continente sia, a quanto sembra, in procinto di ripiombare nello «stupido Ottocento» è un'altra questione. Nella moralità di questi intellettuali nessuno vedrà l'automatica conseguenza di un impegno letterario o artistico, ma è giusto sottolinearla o addirittura rallegrarsene, se si pensa alla vicenda degli intellettuali europei in questo secolo, e quando ci si trova a Berlino, si è autorizzati a scorgere eroi (nel senso di un Carlyle correttamente inteso) a Praga, a Budapest e a Varsavia. Il duro giudizio da me pronunciato sugli intellettuali tedescoorientali - lo dico nel mio libro non nasce da una prospettiva tedesco-occidentale, bensì dal confronto con gli altri Paesi dell'ex blocco orientale. E resto fermo in questa mia opinione. Quel che Barbara Spinelli dice di noi tedesco-occidentali mi commuove, ma non mi convince. La democrazia tedesco-occidentale è stata fino ad oggi una «democrazia del bel tempo». Solo ora, quale conseguenza di quel dono che è stata l'unificazione tedesca - ma non sarà stato un dono di Danae? - viene realmente messa alla prova. Non mi pare che l'intellighenzia del nostro Paese stia offrendo contributi decisivi alla soluzione della crisi nella quale stiamo sprofondando. Naturalmente mi auguro che, nel corso di quella riunificazione interna dei tedeschi nella cui riuscita voglio sperare, trovi conferma il giudizio di Barbara Spinelli, secondo il quale noi avremmo meritato la nostra fortuna. Wolf Lepenies Un nuovo ruolo per la cultura e la letteratura dopo le complicità dei nostri «chierici» con il fascismo e il comunismo «Agli scienziati non si chiede nulla, i letterati devono sempre giustificarsi» Il filosofo Cari Popper e a destra John Carlyle. Nell'immagine grande, Wolf Lepenies, autore dello studio sugli intellettuali in Europa Jean-Paul Sartre e, sopra, Adolf Hitler: «Crede forse che io lo assolverei per via dei suoi acquerelli?» Gamsakhurdia, da dissidente a dittatore: «E' banale dire . che non sarebbe migliore anche se traducesse Baudelaire»