«Così smonteremo la Torre»

«Così smonteremo la Torre» a Pisa si affaccia questa ipotesi, ma gli esperti si dividono «Così smonteremo la Torre» 7/ coro dei contrari: sarebbe una follia, i muri si sbriciolano Le fondamenta saranno rinforzate con 700 tonnellate di piombo UNA CITTA' AGGRAPPATA AL MONUMENTO PISA DAL NOSTRO INVIATO La Torre è crollata alle 13,50 di ieri. Rasa al suolo in un silenzio assoluto, sotto gli occhi indifferenti della gente che affollava piazza dei Miracoli. Un terremoto, un turbine di vento, chissà qual è stata la causa del disastro. Un disastro, per fortuna, simulato, e di cui si troverà traccia soltanto nei dati dell'inclinometro. «Eh sì, con questi tre millimetri di spostamento improvviso, per il campanile sarebbe stata la rovina», sospira il geometra Sauro Gaddi. Nel cuore della Torre, nella stanza all'altezza del primo colonnato, ogni sospiro del monumento viene registrato, vagliato, analizzato. Quando Gaddi ha toccato lo strumento, sul monitor è apparso l'allarme rosso. All'esterno hanno già posto sei tiranti, sei funi d'acciaio molto visibili, ma che non sembrano sfregiare il monumento: a operazione terminata saranno 18 e avranno il compito di impedire lo «spanciamento», cioè che la Torre s'inginocchi come avvenne al campanile di San Marco a Venezia. C'è polemica su tutto, anche su questi cavi che sembrano preziosi più dell'oro e anche se il costo è un mezzo segreto, pare oscillare fra i 6 e gli 800 milioni. «I cavi saranno tesi mercoledì 10 giugno», informa il professor Michele Jamiolkowski, del Politecnico di Torino, presidente del Comitato per la salvaguardia della Torre. Poi, una seconda notizia: nel catino alla base del campanile, sul lato Nord, ha detto il professore, saranno poste 700 tonnellate di piombo in lingottoni. Visibili e orrendi. Faranno da contrappeso per ral- lentare, se non bloccare, l'inclinazione ora di 5 gradi e mezzo. Ma si teme che non saranno cure definitive. Il male è più grave e c'è già chi pensa a interventi radicali. Per esempio, smontare il monumento pezzo per pezzo, come se fosse un «lego». L'idea è caldeggiata anche da Federico Zeri e non è stata respinta neppure da qualcuno dei «saggi»: Roberto Di Stefano, ordinario di restauro architettonico all'Università di Napoli, ha ammesso che, se tutto il resto si rivelerà inutile, si potrà provare anche quello. Smontare ogni pietra, ogni colonna, ogni scalino: scavare nuove fondamenta, profonde, finalmente resistenti, «immobili». E rimontare il tutto. Come nel secolo scorso fu fatto per quel gioiello che è la chiesa di S. Maria della Spina, in Lungarno. E come è accaduto per i templi di Abu Simbel, Egitto, tagliati, smontati e ricostruiti a monte per sottrarli alle acque che avrebbero invaso la zona con la costruzione della diga di Assuan. Un'idea che tiene impegnati i «saggi» in lunghe e accalorate discussioni: certo questo appare il più conclusivo degli 11 nula progetti di intervento, l'ultimo dei quali è stato presentato ieri da Novelli e Paccaloni, di Cesena, e che ricorda una famosa scena del film «Amici miei atto II» con i turisti impegnati a trattener la Torre con le funi. Tagliare la Torre agli occhi di qualcuno appare anche però l'ipotesi più rischiosa. «Pensare di smontarla? Neppure come un incubo la notte, ci penso», taglia corto il professor Carlo Viggiani, ordinario di tecnica delle fondazioni a Napoli. «E' una pazzia», Sii fa eco il geometra Franco Alertazzi, di Milano, responsabile !,del,jcaniiere. «Lo è perchg in Egitto si trattava di tagliare pietra arenaria in grandi blocchi precisi e, del resto, l'operazione venne fatta da cavatori di Carrara. E anche se si presentava degradata, la pietra aveva assunto un aspetto monolitico. Sulla Torre tutto diverso: c'è un muro esterno, un altro interno e fra i due una sorta di cuscinetto composto di detriti e calce, insomma, un calcestruzzo ante litteram. E quel calcestruzzo finirebbe per sbriciolarsi». Da un anno Albertazzi lavora sul monumento e ammette che l'incubo è il campanile del Duomo di Pavia, crollato il 17 marzo '89. «Però questo non cade, soltanto che le opere erano necessarie». E conclude: «Anche questo campanile "vive", si muove, reagisce al caldo e al freddo, alla luce». E forse anche ai jet che passano bassi e rumorosi. Aggrappati alle colonne dell'ultimo loggiato, due rocciatori accarezzano le pietre alla ricerca di eventuali punti deboli. Son venuti da Bormio, maestri del gruppo «Guide alpine». Fabio Meraldi, 27 anni, è il più giovane. Dice: «Non è la prima volta che facciamo questo lavoro, già siamo stati chiamati per il campanile di San Marco a Venezia». Un lavoro impegnativo, ma non difficile e Adriano Greco, 35 anni, assicura: «In montagna il problema è salire e non scendere, qui dobbiamo solo scendere. Pericoli? Limitati». E allora? Allora, i cavi e il contrappeso, per il momento. «Ma la Torre sta bene, se non la toccano troppo non crolla», assicura Ernesto Tamagnini, muratore che da 30 anni cura il monumento. «Dicono che corra rischi? E' vero, ne corre, se seguitano a frugarlo. Han detto anche che sia pieno di crepe: io non ne ho viste». Ma le crepe ci sono, dove non arriva l'occhio dell'uomo si insinuano i «polpastrelli» sensibili delle macchine che si trova- no all'interno del «cuore». 11 fessure preoccupano e sono sotto controllo costante. Qualsiasi cambiamente può esser rischioso e con malcelato orgoglio si fa notare che quando hanno posto i primi quattro cavi, fra le 10,42 e le 10,49 di lunedì, nessuno strumento ha registrato il fatto. Sarebbe un successo se anche al momento di stringere i tiranti gli strumenti rimanessero indifferenti, ma in pochi ci credono. - , Finché era aperte», la Torre era una specie di numera d'oro. Nelle casse dell'Opera della Primaziale, che ha in cura i monumenti della piazza, portava 4 miliardi all'anno. Da quando l'hanno chiusa, 7 gennaio '90, è intervenuto, lo Stato con 3 miliardi di sussidi. Per integrare, ora si pensa di far versare un contributo a chi voglia usare i «miracoli» della piazza come sfondo agli spot pubblicitari. Vincenzo lessandoli I lavóri per sistemare gli anelli attorno alla Torre, in alto Federico Zeri no re» La veduta prospettica, con pendenza alterata, a dimostrazione delle correzioni apportate durante la costruzione. A fianco il sindaco Cortopassi