Perpetue, rivolta contro Manzoni

Perpetue, rivolta contro Manzoni «Basta con quel nome, è offensivo» Perpetue, rivolta contro Manzoni VENEZIA. «Non chiamateci più perpetue». L'urlo di guerra ha seimila voci, tanta rabbia e un nemico: Alessandro Manzoni. «Grazie ai Promessi sposi la nostra attività ha acquistato un significato negativo, di donna intrigante e pettegola. Invece svolgiamo un ministero che ha un unico obiettivo: favorire la Chiesa». Le assistenti domestiche dei sacerdoti (seimila in tutta Italia) dicono dunque basta ad un passato ed a una etichetta e si dichiarano pronte a cambattere. La parola «rivolta» è rimbalzata ieri mattina a Chioggia, durante l'annuale convegno organizzato dai «familiari del clero», che ha chiamato ha raccolta 350 donne, tutte «autenticamente» perpetue, arrivate dagli angoli più lontani del Veneto. Erano presenti anche delegazioni dal resto d'Italia, piccoli gruppi che hanno scandito i temi del loro antico malessere. «Colpa di questo nome hanno detto - colpa di un marchio che ci portiamo appresso da troppo tempo e che non accettiamo più. La perpetua dei Promessi Sposi non appartiene alla nostra storia, alle nostre tradizioni, alla nostra attività giornaliera. Quindi, per piacere non chiamateci più con questo nome». Il «meeting» di Chioggia è servito per fare l'identikit di una professione esercitata all'ombra di un campanile e di un sacerdote. «Abbiamo un'attività molto varia - sottolineano - la più importante è di accudire la casa e la persona del sacerdote». Ma come? La risposta arriva dal loro inno ufficiale. Eccolo: «Che ognuna di noi abbia per il sacerdote le vigili cure di una madre, le delicate attenzioni di una sorella, il prudente riserbo e il deferente ossequio di un'ancella». I tre comandamenti della «perpetua» (pardon, collaboratrice del sacerdote) non esauriscono però tutta l'attività. «Molte di noi - è stato spiegato a Chioggia - fanno parte del consiglio parrocchiale, si occupano della catechesi. E si impegnano nei programmi di assistenza e di carità. Quindi usciamo dall'ambito strettamente domestico, ci occupiamo di cose importanti per la vita di tutti. Altre che pettegolezzi e intrighi». La figura della collaboratrice è passata anche attraverso varie e piccole rivoluzioni. Decaduto il precetto dell'«età sinodale» che dal Concilio di Trento stabiliva «un'età non inferiore ai quarant'anni per le domestiche degli ecclesiastici»; la prossima tappa è quella di un riconoscimento giuridico. «Vogliamo essere ri¬ conosciute - dicono - come persone che svolgono un ruolo all'interno della Chiesa. E quindi vogliamo uscire dall'ambigua figura del volontariato. I sacerdoti contribuiscono come possono, quindi l'aiuto varia secondo le disponibilità delle parrocchie. Ma nulla di più. Soltanto le più fortunate godono della pensione di domestica. O hanno una pensione sociale». Le «collaboratrici» hanno anche un periodico (settemila copie di tiratura, cadenza mensile, il titolo significativo «familiare del clero») e tanti progetti in cantiere. Il primo? «Poter cancellare quel nome che ci perseguita», rispondono. Magari mettendo all'indice Manzoni, i Promessi Sposi e don Abbondio. Luigi Sugliano 1>*\ La perpetua di Don Abbondio si affaccia alla finestra, illustrazione di F. Gonin

Persone citate: Alessandro Manzoni, Gonin, Luigi Sugliano, Manzoni

Luoghi citati: Chioggia, Italia, Trento, Veneto, Venezia